L’a. dell’uomo varia e assume forme diverse in relazione alle condizioni climatiche, ai mezzi tecnici messi in atto per la costruzione, ma anche all’organizzazione sociale e alla cultura di un determinato gruppo. Nelle varie società ritroviamo a. di forma semplice quali ripari di frasche, tettoie, paraventi (tipici un tempo dei Boscimani Kung del Kalahari e di alcuni Aborigeni australiani): si tratta di a. appena sufficienti a riparare dalle intemperie ma idonee, per la facile costruzione e trasportabilità, allo stile di vita di cacciatori e raccoglitori nomadi. All’opposto, vi sono a. di grande complessità quali torri e grattacieli, che possono contenere migliaia di persone e svilupparsi verticalmente per centinaia di metri: sono al contempo a. e simboli del potere della società che le costruisce. Vi sono a. aperte all’esterno, come le capanne di molte società polinesiane (i fale), del tutto prive di pareti. Al contrario, vi sono a. rigorosamente chiuse, il cui interno è protetto da porte, chiavistelli, inferriate. A seconda degli ambienti e delle esigenze, le a. possono essere costruite con materiali facilmente degradabili (foglie, paglia) o con materiali estremamente duraturi (vetro, pietra, acciaio).
Alcuni tipi di a., originariamente propri di società di interesse etnologico (per es., le tende coniche teepee dei nativi americani o gli igloo di ghiaccio degli Inuit), sono divenute molto celebri e popolano l’immaginario collettivo. Gli Irochesi dell’area dei Grandi Laghi nel Nord America definivano sé stessi il ‘popolo delle case lunghe’, a dimostrazione di quanto possa essere stretto il rapporto tra una società e il tipo di a. che essa costruisce. La comune radice etimologica di termini quali a. e abitudini mostra in effetti la relazione tra l’abitare un certo luogo e il possedere culture e usanze particolari.
La varietà assunta dalle a. nelle diverse società umane ha senza dubbio a che fare con il clima (umido o secco, caldo o freddo), la latitudine, la disponibilità di materiali da costruzione, il livello tecnologico, le risorse economiche: tutti questi fattori concorrono alla forma dell’a., ma non possono essere intesi in senso deterministico. I fattori sociali sono altrettanto importanti: la forma assunta dalla famiglia o dal gruppo domestico, per es., condiziona la forma dell’abitazione. Le grandi cascine coloniali o il maso sono esempi di a. particolarmente grandi, destinate ad accogliere famiglie numerose. Lo stesso ciclo di sviluppo del gruppo domestico (dalla coppia iniziale, alla coppia con figli, al formarsi di famiglie estese che comprendono, per es., i genitori anziani e coppie di figli e nipoti a loro volta sposati) può condizionare la forma dell’a., trasformandola nel tempo. Costruire un’a. è spesso un’impresa lunga e costosa: per questo le forme di solidarietà sociale (su base familiare, parentale, di villaggio ecc.) sono importanti soprattutto in relazione alle dimensioni che l’a. può assumere.
Anche i fattori di ordine culturale hanno rilievo: le credenze di un gruppo possono spingere gli individui a scegliere un determinato sito (per es., nelle vicinanze di un luogo di culto), un orientamento particolare, colori, decorazioni specifiche. In molte società indonesiane la casa è una sorta di microcosmo e riproduce nella sua forma l’ordine naturale e sociale. Alcuni edifici pubblici dei Maori della Nuova Zelanda riproducono il corpo dell’antenato: il palo centrale rappresenta la sua colonna vertebrale, ovvero la sua discendenza principale, le travi sono le sue costole e rappresentano le linee di discendenza cadette. Ugualmente importante nel dare forma all’a. è il gusto estetico di una popolazione o di un’epoca (si pensi ai mutamenti di stile che, continuamente, hanno luogo nella nostra stessa società). Criteri di status e ricchezza, e questioni legate al potere influenzano allo stesso modo la forma delle abitazioni. Avviene spesso che solo ai leader politici venga concesso il diritto di risiedere nelle a. di maggiori dimensioni e prestigio. Nella nostra società la differenza tra i grandi palazzi delle periferie metropolitane e le villette monofamiliari delle campagne segnalano differenze di status e disuguaglianze economiche. L’a. per altro non è soltanto un luogo di residenza bensì luogo di produzione, riproduzione e consumo. A questo proposito, si ritrova spesso nell’a. la distinzione tra aree destinate alle donne e aree maschili. L’organizzazione interna dell’a. è spesso la rappresentazione dei rapporti di genere. Non è raro ritrovare a. riservate esclusivamente all’uno o all’altro sesso: le ‘case degli uomini’, per es., sono tipiche di molte società della Nuova Guinea.
In ogni epoca e area geografica, l’a. esprime l’intenzione umana di trasformare l’ambiente naturale con soluzioni artificiali realizzate a scopo di difesa o come rifugio dalle intemperie ma, in special modo, per delimitare e personalizzare un luogo rendendolo adatto a soddisfare i propri bisogni privati. Da esigenza primaria temporanea (l’uso occasionale di una caverna, di una tenda smontabile o di una fragile capanna), l’a. si è evoluta nel tempo in forme permanenti e stabili, planimetricamente e funzionalmente sempre più articolate.
La conformazione dell’a. primitiva, in genere a carattere individuale o monofamiliare e solo raramente collettivo (come la cosiddetta a. lunga, con nuclei collegati da un corridoio, prodromo morfologico del villaggio con strada centrale), risulta sostanzialmente unicellulare e solo in fasi più evolute presenta un’articolata divisione interna o sovrapposizione di piani (➔ nuraghe). L’evoluzione demografica, sociale ed economica, unitamente allo sviluppo della tecnica, hanno contribuito alla configurazione di sistemi insediativi (città-stato) caratterizzati da a. aggregate ma rigidamente separate da un reticolo di strade ortogonali.
L’architettura mesopotamica presenta una tipologia domestica piuttosto elaborata: costruita in terra battuta, poi in mattoni crudi, la casa assiro-babilonese è generalmente a un solo piano, con ambienti rettangolari disposti intorno a un cortile. Questo tipo di casa è diffuso anche nell’antica Persia, in Fenicia, in Palestina. Costruita in materiale leggero (mattone crudo e legno), l’architettura civile egizia è scarsamente documentata.
Fino a tutto il 5° sec. a.C. si hanno in Grecia case molto modeste, spesso a un unico vano. In seguito gli ambienti si dispongono intorno a un cortile centrale (peristilio); le stanze delle donne sono sul retro o al piano superiore. Dal 4° sec. la casa a peristilio si sviluppa insieme al complesso urbanistico delle città in isolati tra strade rettilinee. In Etruria si hanno pochi e modesti esempi conservati di case, ma le tombe a camera ipogee riproducono spesso l’abitazione signorile in una tipologia già fissata nel 6° e 7° sec. che si sviluppa fino al 2° sec. a.C.: atrio con tablino (ambiente di rappresentanza, dove in origine si dormiva anche) sul lato di fondo, affiancato da alae (ambienti minori laterali). I primi esempi di casa italica ad atrio con impluvio e tablino si hanno a Pompei, dov’è documentata la successiva evoluzione della casa.
Con l’influenza dell’architettura ellenistica si giunge alla tipica domus che presenta ambienti dalle proporzioni e destinazioni canoniche: fauces (corridoio di accesso), atrium (corte), cubicula (stanze di alloggio intorno all’atrio), alae (ambienti destinati al culto degli antenati), triclinium (stanza da pranzo), tablinum (stanza di rappresentanza), peristylium. I ceti meno agiati spesso vivono nelle tabernae, botteghe o officine situate accanto o incorporate nelle case signorili: l’a. consiste in qualche vano nel retrobottega oppure unicamente in un soppalco (pergula). Alla tipologia della casa unifamiliare, caratterizzata da una disposizione orizzontale con aperture verso gli spazi interni, si contrappone a Roma e nelle città più importanti, in relazione alla sempre crescente popolazione, un tipo di casa plurifamiliare a sviluppo verticale, favorito anche dal diffondersi dell’uso del mattone, l’insula, caseggiato a più piani, con appartamenti in affitto (cenacula), isolato fra strade e con facciate finestrate. Generalmente il piano terreno è occupato da tabernae, ma può anche ospitare una vera e propria domus. Nel tardo impero le domus si arricchiscono di sale absidate e logge.
Attraverso una sensibile e progressiva varietà di tipologie, anche in funzione della sempre maggiore separazione tra campagna e centri abitati, l’a. urbana comincia a perdere il carattere introverso della tradizione orientale o greco-romana e si struttura in edifici estroversi, monofamiliari e contigui, di due o tre piani con una o due stanze per piano, ripide scale e annesse botteghe. L’elaborazione parallela di a. in forma di torre, alte quattro o cinque piani, emerge tra i vari aspetti dell’abitare occidentale contribuendo a delineare la varietà dell’immagine urbana postclassica. Nel corso dei sec. 15°-18° l’a. conserva sostanzialmente lo sviluppo su più piani, con sale per le relazioni sociali (primo piano), stanze da letto (secondo piano), camere per la servitù (sottotetto). Agli edifici mono o plurifamiliari comprensivi di botteghe si associano, per sottolineare l’elevato ceto sociale del proprietario, immobili che ne sono privi, con facciate corredate da portali, finestre o balconi, impreziositi da logge o porticati disposti intorno ad ampi cortili interni (➔ palazzo). All’a. per singole famiglie o a quella collettiva di città si affianca lo sviluppo dell’a. signorile suburbana (➔ villa) articolata in una sensibile varietà di funzioni, con conseguenti e relative soluzioni tipologiche. Tra i generi di a. collettive vanno contemplate anche quelle per speciali categorie (➔ monastero, caserma ecc.).
A partire dal 19° sec., la sempre maggiore concentrazione di abitanti nelle città determina una consistente produzione e articolazione di tipi di a. ad appartamenti, su più piani, a scapito di quelle unifamiliari. L’evoluzione tecnologica e la varietà dei sistemi costruttivi consente la messa a punto di tipologie e soluzioni formali che siano idonee a qualsiasi bisogno insediativo: l’a. moderna, sembra adattare le premesse funzionali dell’età classica (vita sociale, vita privata, servizi) alla ricercata separazione tra zona giorno e zona notte che caratterizza lo sviluppo distributivo dello spazio interno privato tipico dell’a. dei ceti medi o alto borghesi del sec. 20°. Categorie di a. economiche, popolari e operaie (➔ edilizia) concorrono a dare testimonianza della inevitabile coesistenza delle diverse tipologie prodotte dalla congestione economica e sociale della metropoli.
L’a. è un diritto reale di godimento su una casa di altrui proprietà, dal contenuto più limitato rispetto all'usufrutto. Il titolare può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia (art. 1022 c.c.).
Il coniuge del proprietario della casa adibita a residenza familiare ha su di essa il diritto di abitazione, che grava sulla porzione di eredità disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli (art. 540 c.c.).