Complesso di attività che si riferiscono alla costruzione di edifici d’ogni genere.
L’e. si definisce residenziale quando comprende lo studio e la realizzazione di edifici e complessi destinati all’abitazione, mentre assume diverse e varie aggettivazioni in relazione ai particolari scopi ai quali è rivolta l’attività edilizia: e. civile, e. rurale, e. per il culto, e. ospedaliera, e. industriale, e. alberghiera, e. scolastica, e. universitaria, e. sportiva ecc. Per quanto riguarda più propriamente l’attività di costruzione di edifici e case strettamente correlata all’uso e all’assetto del territorio, l’e. intreccia questo peculiare aspetto con le dinamiche dell’urbanistica (➔ pianificazione, piano, urbanistica).
Sebbene la grande industrializzazione edilizia sia un fenomeno tipico dell’età moderna, anche in epoche passate si riscontrano esempi di notevole organizzazione in questo campo. Nell’Egitto faraonico lo Stato accentrò in sé anche l’e., caratterizzata dall’impiego di numerosissima mano d’opera servile e da una tecnica evoluta per l’estrazione, la lavorazione e il trasporto dei materiali lapidei, compresi i blocchi di dimensioni imponenti. Nell’e. greca si delinea l’impresa di costruzioni: dalle iscrizioni si rileva come i lavori fossero affidati a veri e propri appaltatori che dovevano eseguirli secondo speciali prescrizioni, sotto l’osservanza di un complesso capitolato, con norme simili a quelle dei capitolati moderni (termine d’inizio e di ultimazione, determinazione di penalità ecc.). Nell’ambito romano, già nel periodo regio, la tradizione assegna a Numa Pompilio l’istituzione della corporazione degli structores; nel periodo di maggior splendore della repubblica sorgono grandi imprese appaltatrici di lavori pubblici. Le grandi masse di schiavi fornirono all’e. una mano d’opera illimitata che si addiceva alla ingente mole dei lavori intrapresi. Mirabile fu l’organizzazione del cantiere, assai simile, a esclusione dei mezzi meccanici, a quella odierna. I Romani praticarono anche l’industria del recupero e della riutilizzazione dei materiali di demolizione. Il diritto romano, poi, perfezionò l’istituto dell’appalto con norme affini alla legislazione moderna. Nell’alto Medioevo l’attività edilizia è ridotta al minimo. Solo isolatamente i signori fanno eseguire opere dai loro vassalli e i pochi monumenti insigni sorgono per lo più a opera di ordini religiosi e di gruppi di artefici che, in qualche luogo, hanno conservato il vincolo professionale (tra i più famosi i magistri comacini). Nell’età comunale l’e. ha un risveglio per il ricostituirsi delle corporazioni artigiane e per la generale ripresa delle attività economiche e politiche. Con il Rinascimento, le grandi tradizioni edilizie riprendono vita: torna a dominare l’istituto dell’appalto, e l’organizzazione del settore edilizio si avvia lentamente ad assumere forme e modalità pressoché definitive.
L’e. moderna, pur ricollegandosi a tradizioni e istituti del passato, assume una fisionomia propria conseguente alle diverse impostazioni economiche e alle variate esigenze sociali, ai mutati rapporti di valore tra materiali e mano d’opera, tra sito edificabile e ragioni dell’edificio. L’impiego di nuovi materiali (quali, per es., il cemento armato) e di nuove tecniche costruttive ha inoltre comportato modificazioni alle più tradizionali organizzazioni e conduzioni del cantiere edilizio generando, in questo specifico settore, figure professionali maggiormente articolate. Alle tradizionali figure dell’architetto, dell’ingegnere edile, del direttore di cantiere o del direttore dei lavori, si sono progressivamente aggiunte quelle dell’urbanista, dell’ingegnere del territorio, dell’ingegnere impiantista, del designer, del tecnologo della produzione, del normatore, dell’esperto della programmazione e dei costi, del sociologo, dell’ecologo, dell’igienista, dell’ingegnere manageriale, dell’informatico esperto in e., e così via, in relazione alla natura dell’impresa edilizia.
Per i procedimenti ripetitivi, a livello progettuale, tecnico e costruttivo ➔ prefabbricazione.
I procedimenti amministrativi in materia attengono al rilascio di un titolo edilizio e alla vigilanza e repressione degli abusi, nel quadro degli strumenti urbanistici comunali, generali e particolareggiati, di quelli sovracomunali e delle norme primarie, statali e regionali, che disciplinano l’attività edilizia.
Si è discusso sulla allocazione della materia alla luce del nuovo titolo V della Costituzione, poiché l’art. 117, nella versione introdotta dalla l. cost. 3/2001 non elenca, tra le materie di legislazione concorrente, né l’edilizia, né l’urbanistica, facendo invece riferimento al «governo del territorio», espressione che, secondo un’ interpretazione risalente all’entrata in vigore del d.p.r. 616/1977 sul completamento dell’ordinamento regionale, si ritiene comprenda l’urbanistica. Al riguardo, la Corte costituzionale, con sentenza 303/2003, ha tassativamente escluso che la materia dei titoli edilizi appartenga alle sole Regioni, poiché essa appartiene storicamente all’urbanistica e quest’ultima materia è a sua volta ricompresa nel «governo del territorio». Partendo da presupposti diversi (la ricomprensione dell’urbanistica nelle materie di competenza regionale esclusiva), vi è però chi ha sostenuto che l’e. sia in larga misura sottratta alla legislazione regionale, perché inscindibilmente connessa con l’ordinamento civile (il regime della proprietà), nonché con quello penale (i reati edilizi). La principale fonte normativa in materia è costituita dal d.p.r. 380/2001, successivamente modificato con il d. legisl. 301/2002, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. Il t.u. riprende tutta la normativa edilizia e la ricompone in maniera appropriata, peraltro sostanzialmente conservando molti aspetti delle l. 765/1967, 10/1977 e 47/1985. Sono rimaste comunque in vigore le disposizioni della l. 47/1985 dirette a disciplinare il procedimento di sanatoria edilizia. Da ultimo, il d. legisl. 269/2003, convertito, con modificazioni, nella l. 326/2003, ha riaperto di nuovo i termini del condono edilizio, consentendo di sanare alcuni abusi realizzati sino al 31 marzo 2003.
In forza del t.u., è attività e. libera quella cui è possibile dar corso in assenza di titoli abilitativi, consistente nella manutenzione ordinaria, nell’eliminazione delle barriere architettoniche e nelle opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato. Per interventi edilizi di maggiore consistenza è invece richiesto il previo perfezionamento di un idoneo titolo edilizio. In particolare, sono titoli edilizi il permesso di costruire e la denuncia di inizio attività.
Ha sostituito la concessione edilizia, anche se solo dal punto di vista meramente terminologico. Attraverso il ricorso a tale terminologia, nel t.u. si è voluto prendere atto della ritenuta inerenza dello ius aedificandi al diritto di proprietà e, quindi, della correlativa improprietà del riferimento all’istituto concessorio. L’art. 10 del t.u. individua gli interventi che richiedono il previo rilascio del permesso di costruire. Essi consistono negli interventi di nuova costruzione (art. 3), di ristrutturazione urbanistica, di ristrutturazione edilizia con sostanziale modifica dell’esistente (comportanti, cioè, aumento di unità immobiliare, modifiche del volume, della sagoma, mutamento della destinazione d’uso).
Caratteri propri del permesso sono: a) realità: presupponendo il suo rilascio la titolarità di una situazione soggettiva attiva (proprietà, diritto reale di godimento, possesso qualificato) relativa a un bene; b) irrevocabilità: principio inderogabile posto dall’art. 11 del testo unico; c) temporaneità: il permesso di costruire deve fissare i termini perentori di inizio e di fine lavori, il mancato rispetto dei quali comporta l’adozione obbligatoria del provvedimento di decadenza; d) rinnovabilità: nelle ipotesi di decadenza, può essere richiesto il rinnovo del permesso di costruire sulla base delle condizioni di fatto e di diritto esistenti. e) onerosità: il titolare del permesso di costruire deve corrispondere una parte degli oneri di urbanizzazione, commisurata all’incidenza dell’insediamento sulla globalità delle opere pubbliche, con alcune eccezioni (edificazioni in zona agricola, totalmente esenti dal contributo di costruzione; interventi di ristrutturazione e ampliamento in misura non superiore al 20% di edifici unifamiliari; realizzazione di impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale da parte degli enti istituzionalmente competenti; realizzazione di opere di urbanizzazione, anche da parte di privati, in attuazione di strumenti urbanistici; interventi in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità; realizzazione di nuovi impianti, lavori, opere, modifiche e installazioni relativi alle fonti rinnovabili di energia, nonché alla conservazione, al risparmio e all’uso razionale dell’energia).
È una delle tipologie di dichiarazione sostitutiva introdotte dall’art. 19 della l. 241/1990 (recentemente modificata nella Segnalazione certificata di inizio attività). Per effetto della l. 537/1993, l’ambito di applicazione della DIA ha subito un significativo ampliamento e, pertanto, l’iniziativa economica privata è divenuta suscettibile di incondizionata e immediata esplicazione nelle materie soggette in precedenza ad autorizzazione vincolante. Per accelerare le procedure di autorizzazione relative agli interventi edilizi di minor impatto, l’art. 4 del d. legisl. 398/1993, convertito in l. 493/1993 (così come modificato dalla l. 662/1996), aveva previsto la possibilità di realizzare le opere previa presentazione di semplice denuncia. La l. 443/2001 (art. 16) ha esteso la DIA agli interventi edilizi minori, alle ristrutturazioni edilizie (comprensive della demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma), agli interventi sottoposti a concessione (se sono specificamente disciplinati da piani attuativi contenenti specifiche disposizioni planovolumetriche), ai sopralzi, alle addizioni, agli ampliamenti delle nuove edificazioni in esecuzione di idonei strumenti urbanistici attuativi. Questi interventi erano assoggettati in alcuni casi anche al regime dell’autorizzazione edilizia e addirittura della concessione edilizia; è stato così instaurato un regime di alternatività tra DIA e autorizzazione o concessione, rimesso alla discrezionalità del privato. Tale innovazione è stata poi recepita dal testo unico. Ai sensi dell’art. 22 del t.u. sono assoggettati al regime della DIA tutti gli interventi non assoggettati a permesso di costruire, a esclusione ovviamente di tutti gli interventi ‘liberi’, non soggetti cioè ad alcun controllo della pubblica amministrazione. A norma dell’art. 23 del t.u., il proprietario dell’immobile deve presentare la DIA almeno 30 giorni dall’effettivo inizio dei lavori, accompagnata dagli opportuni elaborati progettuali e da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico sanitarie. Il progettista abilitato deve rilasciare, inoltre, un certificato di collaudo finale, che attesti la conformità dell’opera al progetto presentato. La procedura della DIA è peraltro finalizzata a consentire il controllo dell’amministrazione comunale. Spetta, infatti, al competente ufficio comunale, nei 30 giorni concessi prima dell’inizio dei lavori, verificare d’ufficio la sussistenza dei presupposti della procedura e il rispetto delle prescrizioni di legge. Qualora venga riscontrata l’inesistenza di tali presupposti, il Comune ordina agli interessati di non effettuare le previste trasformazioni.
Una volta ultimata l’edificazione dovrà essere richiesto il rilascio del certificato di agibilità, strumento attraverso cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati. In particolare, ai sensi dell’art. 24 del t.u., co. 2 e 3, il soggetto titolare del permesso di costruire o che ha presentato la denuncia di inizio attività, o i suoi successori o aventi causa, sono tenuti a chiedere il rilascio del certificato di agibilità in relazione ai seguenti interventi: a) nuove costruzioni; b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali; c) interventi sugli edifici esistenti che possono influire sulle condizioni di igiene, sicurezza ecc.
Le norme in tema di vigilanza e controllo sull’attività edilizia conferiscono agli organi comunali e alla magistratura la possibilità di ricorrere a sicuri, rapidi ed efficaci strumenti repressivi, anche di carattere penale. Il legislatore, però, dubitando della capacità dell’apparato amministrativo di arginare l’uso improprio del territorio e di impedire le altre violazioni alla disciplina edilizia, ha fatto ricorso a una rete di controlli che coinvolgono i notai, i funzionari del catasto, i conservatori dei registri immobiliari, le aziende erogatrici dei servizi pubblici e che hanno una diretta incidenza sulle contrattazioni private. Infatti, se il valore del fabbricato dipende dalla sua essenza fisica e dalle qualità costruttive, è anche legato a una dimensione ‘giuridica’ che a volte risulta perfino più importante di quella fisica e che consiste nella sua rispondenza alla complessa normativa urbanistica ed edilizia.
In particolare, l’art. 10, co. 5, della l. 765/1967, aveva già previsto che gli atti di compravendita di terreni abusivamente lottizzati a scopo residenziale fossero nulli, ove da essi non fosse risultato che l’acquirente era informato della mancanza di una lottizzazione autorizzata. Allo stesso modo, l’art. 15, co. 7, della l. 10/1997 disponeva che gli atti giuridici aventi per oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione fossero nulli, ove da essi non fosse risultato che l’acquirente era informato della mancanza della concessione. Non era, tuttavia, la mancanza della concessione o di una lottizzazione autorizzata a determinare l’invalidità dell’atto, quanto, piuttosto, la mancanza della dichiarazione dell’abuso da parte dell’acquirente, il che ha condotto la giurisprudenza ad affermare che dovesse riconoscersi carattere ‘relativo’ a tale nullità, essendo la medesima rilevabile soltanto dall’acquirente e non da chiunque vi avesse interesse, come invece prevede, in linea generale il c.c. all’art. 1421.
La limitatezza di tali previsioni, che rimettevano esclusivamente al privato l’accertamento di circostanze utili anche alla soddisfazione dell’interesse generale all’osservanza della disciplina urbanistica ed edilizia, ha determinato un nuovo, più organico, intervento del legislatore. Con la l. 47/1985 si è voluto così mutare il carattere dell’invalidità che colpisce gli atti di trasferimento di beni immobili. L’art. 17, co. 1, di tale legge (il cui contenuto è stato oggi trasfuso nell’art. 46 t.u.) prevedeva la nullità di alcuni atti tra vivi aventi a oggetto edifici o loro parti se dagli stessi non fossero risultati, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della concessione a edificare o della concessione in sanatoria. Allo stesso modo, l’art. 40, co. 2, ancora in vigore, prevede, che tali atti siano nulli se dagli stessi non risultino, sempre per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione a edificare o della concessione rilasciata in sanatoria (l. 47/1985, ex art. 31, ora abrogato), o, in luogo di detti estremi e con riferimento alle opere iniziate prima del 15 settembre 1967, non venga prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio con la quale il proprietario o altro avente titolo attesti che l’opera è iniziata anteriormente al 1° settembre 1967.
Disposizioni particolari riguardano, infine, sempre a pena di nullità dell’atto in caso di inosservanza, la circolazione provvisoria dei beni condonati. L’art. 18 della l. 47/1985, il cui contenuto è confluito quasi integralmente nell’art. 30 del t.u., ha poi stabilito che gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi a oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni, sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica, che contenga le prescrizioni urbanistiche concernenti l’area interessata.
Attività diretta all’acquisizione, alla costruzione o al recupero di fabbricati da destinare ad abitazioni per le persone meno abbienti o per quelle che, dotate di un reddito fisso da lavoro dipendente, non potrebbero reperire un’abitazione ai prezzi di mercato, il tutto a totale carico o con il concorso o contributo dello Stato, della Regione, degli enti pubblici territoriali, delle Aziende territoriali per l’e. residenziale pubblica (già Istituti autonomi per le case popolari, IACP).
In particolare, si parla di e. agevolata quando gli alloggi vengono realizzati mediante interventi creditizi vantaggiosi, con contributo pubblico e la presenza determinante del privato nella fase attuativa. Le disposizioni legislative in materia prevedono, di norma, mutui garantiti, da ipoteca sull’alloggio o sull’area e da garanzia sussidiaria pubblica, e un contributo pubblico per l’abbattimento degli interessi. L’e. agevolata si accompagna solitamente a divieti temporanei di alienazione degli alloggi; in caso decadono i vantaggi di natura finanziaria garantiti dalla pubblica amministrazione.
Si parla di e. convenzionata, invece, quando tra la pubblica amministrazione e i soggetti che realizzano gli alloggi esiste una convenzione, al fine di disciplinare il rapporto giuridico tra gli stessi soggetti; in essa è trasfusa la complessa serie di diritti e doveri che emergono dalla collaborazione tra ente pubblico e soggetto attuatore dei programmi edilizi.
Quando gli alloggi sono costruiti dagli enti pubblici preposti al settore edilizio e, in particolare, dalle Aziende territoriali per l’e. residenziale pubblica, e vengono destinati ai cittadini in precarie condizioni economiche, si parla di e. sovvenzionata. Gli alloggi possono essere concessi sia in locazione, sia in proprietà, oltre che in forme contrattuali di natura ibrida, come la locazione con patto di futura vendita, attribuendosi agli assegnatari in locazione il diritto di riscattare in qualsiasi momento l’alloggio locato.
Infine, si si definisce e. sociale l’intervento pubblico che non si sostanzia direttamente nella costruzione di alloggi, ma nella realizzazione di infrastrutture che consentono l’attuazione di programmi edilizi (come nel caso dell’edilizia scolastica, sanitaria e ospedaliera ecc.).