A. (o appuramento) di un conto
Nella terminologia contabile e di borsa, è l’operazione per determinare il saldo del conto, dopo aver eseguito, se necessario, le opportune rettifiche dei valori in esso registrati.
A. del corso dei titoli
La funzione svolta dal Comitato direttivo degli agenti di cambio che rilevano, in base alle dichiarazioni degli agenti stessi, i prezzi dei titoli pubblici e privati (o dei cambi o delle merci) negoziati nella riunione di borsa, per procedere alla compilazione del listino giornaliero.
A. di attivo o di passivo
La determinazione della natura e del valore di elementi del patrimonio. L’a. del passivo è un aspetto rilevante della procedura di fallimento.
In diritto civile, si intende per negozio di a. un negozio giuridico con cui le parti attribuiscono certezza giuridica a situazioni e rapporti preesistenti, in modo da escludere ogni successiva contestazione al riguardo. Tale negozio è volto pertanto a rendere definitive e immutabili situazioni prima incerte, vincolando le parti ad attribuire al rapporto precedente gli effetti che risultano dall’accertamento. Secondo un diffuso orientamento giurisprudenziale, la situazione preesistente è regolata dalla fonte originaria nei limiti del contenuto e con l’area di efficacia delineata dalla fonte nuova, la quale si giustappone alla prima senza estinguerla. Parte della dottrina ritiene il negozio di a. inammissibile nel nostro ordinamento, in quanto la funzione di a. è tipica dell’autorità giudiziaria e non dei privati.
Nel diritto processuale civile, l’attività giudiziale volta a eliminare la controversia mediante l’a. incontrovertibile (con forza di giudicato) dell’esistenza o inesistenza del diritto soggettivo in base al quale è sorta (art. 2909 c.c.). Tutte le azioni di cognizione, anche quelle di condanna e costitutive, presuppongono l’a., essendo finalizzate alla produzione del giudicato sostanziale; tra di esse l’azione di a. mero assume un ruolo specifico, giacché si esaurisce con la dichiarazione dell’esistenza o dell’inesistenza del diritto fatto valere in giudizio.
Tale azione costituisce pertanto la tutela cognitiva minima, poiché con essa l’attore tende a risolvere una controversia, sorta in conseguenza della contestazione, da parte di un terzo, dell’esistenza o dell’ampiezza di un diritto soggettivo, oppure a seguito del vanto, sempre da parte di un terzo, di un diritto soggettivo incompatibile con quello dell’effettivo titolare. Nel primo caso si parla di a. dell’esistenza del proprio diritto (azione di mero a. positivo); nel secondo di a. dell’inesistenza del diritto vantato dal terzo (azione di mero a. negativo). Ne consegue che l’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) attraverso l’azione di mero a. non può consistere in uno stato di incertezza del proprio diritto meramente soggettivo. Occorre che l’incertezza presenti i caratteri dell’attualità e dell’obiettività, che sia cioè già in atto nel momento in cui si agisce in giudizio e si manifesti in fatti o atti concreti, che provengano da terzi e creino un’effettiva situazione di incertezza giuridica. Si parla, invece, di a. incidentale quando, ai sensi dell’art. 34 c.p.c., l’a. interessa una questione la cui risoluzione ha carattere pregiudiziale rispetto a quella principale dedotta in giudizio (Pregiudizialità. Diritto processuale civile). Tale a. non ha sempre l’efficacia propria del giudicato, ma solo quando ciò sia previsto dalla legge, o richiesto da una delle parti. Negli altri casi la decisione ha efficacia meramente incidentale, limitata alla risoluzione della controversia nell’ambito della quale è sorta, e dunque può ancora essere oggetto di un autonomo giudizio.
Nel diritto tributario, l’ a. tributario è il procedimento di controllo con cui l’amministrazione finanziaria, coadiuvata dalla Guardia di finanza, verifica la corretta applicazione delle norme tributarie da parte dei contribuenti, al fine di recuperare le somme che risultano oggetto di evasione. Si applica sulle imposte sul reddito e sull’IVA, ovvero sui tributi che si basano sull’autodichiarazione del presupposto e sull’autoliquidazione delle imposte da parte dei contribuenti. Le categorie sottoposte a controllo vengono individuate annualmente mediante provvedimenti normativi, in considerazione delle tipologie di contribuenti che denotano una maggiore propensione all’evasione fiscale nei periodi presi in esame. I poteri istruttori previsti dalla legge (art. 32 e 33 d.p.r. 600/1973 e art. 51 e 52 d.p.r. 633/1972) prevedono: la richiesta di informazioni al contribuente (invito a rispondere a interrogatorio formale e a fornire dati o notizie; invio di questionari da restituire entro termini stabiliti, compilati e firmati); la richiesta di informazioni presso terzi (organi o amministrazioni dello Stato; notai o pubblici ufficiali; amministratori di condominio; banche o istituti di credito, in presenza di determinate autorizzazioni); l’accesso, l’ispezione e la verifica presso il domicilio del contribuente o il luogo in cui svolge l’attività lavorativa (sempre in presenza di requisiti individuati dalla legge e di autorizzazioni specifiche). A seconda dei soggetti destinatari del controllo (persone fisiche non tenute alle scritture contabili o soggetti tenuti alla contabilità) e dei comportamenti tenuti da questi nei confronti dell’amministrazione finanziaria (mancata presentazione della dichiarazione, omessa tenuta delle scritture contabili, mancata collaborazione alle indagini), il procedimento di a. può essere effettuato con metodi diversi. A tale proposito si distingue l’ a. di tipo analitico, che tende a ricostruire il presupposto sulla base dei dati forniti o dichiarati dal contribuente (attraverso rettifiche delle singole voci), dall’ a. di tipo induttivo, che invece prescinde da quanto dichiarato dal contribuente, avvalendosi di presunzioni legali relative (quale l’a. sintetico ex art. 38, co. 2, d.p.r. 600/1973 ovvero l’a. induttivo ex art. 39, co. 2, d.p.r. 600/1973). Si parla di a. anche con riferimento all’atto conclusivo del procedimento, emanato a seguito dell’emersione di presupposti di imposta non dichiarati o non stimati correttamente dal contribuente. Poiché viene emesso dall’amministrazione finanziaria nell’esercizio della sua potestà impositiva, è un atto autoritativo destinato a consolidarsi laddove non venga impugnato nei termini e modi stabiliti dalla legge (60 giorni dalla notifica dell’atto) ovvero annullato nell’esercizio del potere di autotutela. Per essere valido l’atto di a. deve essere emesso dall’ufficio competente, entro i termini previsti dalla legge, sostenuto da una reale difformità tra quanto dichiarato (o non dichiarato) e quanto accertato e recare al suo interno la sottoscrizione, il dispositivo e la motivazione. Elemento centrale dell’a., la motivazione contiene la spiegazione dell’iter logico-giuridico che ha condotto all’emanazione dell’atto e garantisce, contestualmente, la trasparenza dell’attività amministrativa e il buon andamento dell’eventuale azione processuale, in quanto delimita la materia del contendere, laddove il contribuente dovesse contestare l’atto. Si parla di a. con adesione con riferimento a una particolare tipologia di a. tributario caratterizzata dalla determinazione consensuale del presupposto del tributo da parte della amministrazione finanziaria e del contribuente. Notevolmente ridimensionata negli anni Settanta del secolo scorso, e poi eliminata dal sistema, tale forma di a. è stata reintrodotta stabilmente con il d.legisl. 218/1997, per farvorire la collaborazione del contribuente all’attività amministrativa. Tale procedura può essere attivata sia dall’amministrazione, sia dal contribuente; dopo una fase di contraddittorio, laddove si raggiunga un accordo, viene stilato un atto di a. con adesione. Laddove, invece, non si raggiunga l’accordo, l’a. prosegue secondo l’iter previsto dalle procedure tradizionali. Alla determinazione consensuale del presupposto conseguono effetti premiali sul piano sanzionatorio per il contribuente.