In diritto civile, l’a. delle parti è considerato (art. 1325, co. 1, c.c.) uno degli elementi essenziali del contratto e, più in generale, dei negozi giuridici bi- e plurilaterali, cui sono dedicati gli art. 1326-42 del Codice. È la congruenza tra due o più dichiarazioni o comportamenti in modo che il contratto sia la risultante unitaria di siffatta congruenza. Può essere formato simultaneamente ovvero progressivamente, a seconda che le manifestazioni di volontà necessarie avvengano nello stesso tempo ovvero in momenti successivi. L’a. può essere inoltre espresso, se risulta dalle dichiarazioni di volontà delle parti, ovvero tacito, quando da un certo comportamento delle parti si desume implicitamente ma inequivocabilmente una certa volontà.
In diritto amministrativo, gli a. amministrativi sono forme consensuali dell’esercizio della potestà amministrativa, istituzionalizzate dalla l. n. 241/1990 sul procedimento amministrativo e riformate dalla l. n. 80/2005. Sono espressione del nuovo principio generale contenuto nella l. n. 241/1990, secondo il quale la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente. Sono previsti due tipi di a.: fra pubblica amministrazione e privati e fra amministrazioni pubbliche.
Gli accordi fra privati e pubblica amministrazione. - Si tratta di strumenti che favoriscono la partecipazione dei privati interessati al procedimento e, più in generale, all’azione amministrativa. L’art. 11 della l. n. 241/1990, prevede che l’amministrazione procedente possa concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi e nel perseguimento del pubblico interesse, due tipi di a. con i privati interessati: l’a. sostitutivo che ha come fine l’emanazione di un atto in sostituzione del provvedimento finale ed è soggetto agli stessi controlli del provvedimento amministrativo, e l’a. preliminare o integrativo che comporta la determinazione del contenuto discrezionale del provvedimento finale. Gli a. in questione devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, salvo che la legge disponga altrimenti; si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili, salvo l’ipotesi di recesso unilaterale dall’a. da parte dell’amministrazione per sopravvenuti motivi di pubblico interesse e salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo per gli eventuali pregiudizi subiti dal privato; con questa deroga la legge vuole specificare che pur trattandosi di forme contrattuali, espressione di potestà non autoritativa, è, comunque, sempre presente il vincolo del perseguimento dell’interesse pubblico (tale particolare forma di recesso è stata in realtà accostata dalla dottrina alla potestà generale di autotutela e, in particolare, alla revoca del provvedimento da parte dell’amministrazione, su cui si vedano le voci: Autotutela. Diritto amministrativo e Revoca. Diritto amministrativo).
A garanzia del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), è previsto che la stipulazione dell’a. sia preceduta da una determinazione dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento.
Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli a. amministrativi sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L’art. 11 della legge citata prevede che gli a. si debbano concludere senza arrecare pregiudizio dei diritti dei terzi; questi ultimi, in caso di a. lesivi, hanno la possibilità di opporvisi, ma l’impugnazione potrà essere fatta solo nei confronti degli a. sostitutivi, in quanto idonei a produrre effetti diretti nella situazione giuridica soggettiva dei terzi, mentre per quanto riguarda gli a. integrativi, non essendo idonei di per sé a incidere all’esterno, saranno impugnabili esclusivamente insieme al provvedimento finale. La competenza a decidere sull’impugnazione segue i normali criteri di ripartizione della giurisdizione, essendo devoluta al giudice amministrativo relativamente alla lesione di un interesse legittimo e al giudice ordinario in caso di lesione di un diritto soggettivo (su cui si fa rinvio alla voce Giurisdizione amministrativa).
Gli accordi fra pubbliche amministrazioni. - Gli a. amministrativi fra amministrazioni pubbliche, rientranti nell’ambito degli a. organizzativi, sono strumenti di semplificazione dell’azione amministrativa e di coordinamento tra amministrazioni. Sottoposti a una disciplina generale contenuta nell’art. 15 della l. n. 241/1990 che prevede la facoltà per le pubbliche amministrazioni di concludere degli a. tra loro per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, questi a. sono dei veri e propri contratti aventi lo scopo di permettere la rapida e contestuale ponderazione di interessi pubblici concorrenti. Come previsto per gli a. tra pubblica amministrazione e privati, a essi si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e di contratti in quanto compatibili ma, diversamente dai primi, hanno soprattutto il fine di vincolare gli organi amministrativi nell’esercizio delle rispettive competenze, di predeterminare i tempi entro cui vanno esercitate, di quantificare i rispettivi impegni finanziari e di stabilire le conseguenze degli eventuali impedimenti. Per questi a. si osservano in quanto applicabili le norme relative alla forma, ai controlli e alla giurisdizione previsti per gli a. integrativi o sostitutivi.
Modello specifico di a. tra amministrazioni pubbliche è l’ a. di programma, espressione dell’esercizio consensuale della potestà amministrativa. Gli a. di programma hanno una disciplina propria, descritta in modo dettagliato nell’art 27 della l. 142/1990, ora confluito nell’art. 34 del d. legisl. 267/2000, cosiddetto Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali (TUEL); sono strumenti di semplificazione (e/o negoziazione) dell’azione amministrativa e di coordinamento tra amministrazioni appartenenti a diversi livelli di governo, e rientrano nell’ambito della categoria degli a. organizzativi tra le pubbliche amministrazioni. A essi è applicabile la disciplina generale degli artt. 15 e 11, co. 2, 3 e 5 della l. nr. 241/1990, ove non derogata dalla disciplina specifica; per es., non possono applicarsi le norme relative alla forma né quelle relative ai controlli degli a. sostitutivi del provvedimento finale, in quanto vi è una disciplina specifica e dettagliata; possono, invece, applicarsi la norma relativa alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e quella di rinvio ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e di contratti in quanto compatibili (con l’interesse pubblico che l’a. è sempre tenuto a perseguire). Gli a. di programma, ex art. 34, co. 1, TUEL, possono avere a oggetto «la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di comuni e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici». L’art. 34 del TUEL prevede altresì la disciplina e la procedura relativa alla conclusione dell’a. di programma. Il potere di iniziativa per la promozione della conclusione dell’a. spetta al presidente della Regione, al presidente della Provincia e al sindaco che abbia competenza primaria o prevalente sull’opera, sugli interventi o sui programmi di intervento; nell’ipotesi in cui essi comportino il concorso di due Regioni finitime, il potere di iniziativa spetta alla presidenza del Consiglio dei ministri (co. 8). L’organo che promuove la conclusione dell’a. di programma assicura il coordinamento delle azioni, determina i tempi, le modalità, il finanziamento e ogni altro adempimento connesso; inoltre, convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni coinvolte al fine di acquisire i diversi interessi e gli elementi necessari alla sua conclusione. L’a. si perfeziona con il consenso unanime dei presidenti della regione, della provincia, del sindaco e delle amministrazioni interessate, esso è approvato con un atto formale dell’autorità che lo ha promosso ed è pubblicato nel Bollettino ufficiale della regione. La vigilanza sull’esecuzione dell’a. e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal presidente della Regione o della Provincia e composto dai rappresentanti degli enti locali interessati, nonché dal commissario di governo nella Regione o dal prefetto della Provincia interessata, se all’a. partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali. Non è prevista la partecipazione dei privati e i destinatari dell’ a. di programma sono esclusivamente le pubbliche amministrazioni. Peculiari sono le ipotesi previste dai co. 5 e 6, nei quali è prevista la ratifica da parte del consiglio comunale, entro 30 giorni, l’adesione del sindaco nel caso di variazione degli strumenti urbanistici e la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza da parte dell’amministrazione competente in caso di approvazione di progetti di opere pubbliche. Sulla natura giuridica dell’ a. di programma la dottrina è divisa: in base alle disposizioni richiamate (art. 15, co. 2, e art. 11, co. 2, 3 e 5, della l. 241/1990) e soprattutto all’espressione «concordare l’accordo» (che figura nell’articolo 34, co. 3, del TUEL), si tende ad attribuire a tale forma di a. natura negoziale, al pari degli altri a. delle pubbliche amministrazioni, sia con i privati che con le altre pubbliche amministrazioni. Tuttavia, l’oggetto pubblico e il coordinamento degli interessi pubblici da parte delle amministrazioni coinvolte hanno portato parte della dottrina a sostenere la natura pubblicistica dell’a. di programma. Infine, una terza corrente attribuisce all’a. di programma una natura sui generis, diversa sia dal contratto di diritto privato che dal provvedimento amministrativo.
In diritto del lavoro, a. interconfederali: a. collettivi stipulati tra le confederazioni sindacali dei lavoratori, da un lato, e dei datori di lavoro, dall’altro, su temi di carattere generale o settoriale, prevalentemente relativi all’industria. In conformità con il dettato costituzionale (art. 39), la natura e i compiti degli a. sindacali scaturiscono dall’assetto delle relazioni sindacali definito in via negoziale dalle parti sociali. La funzione degli a. interconfederali è quindi mutata nel corso del tempo. Dopo l’abolizione del regime corporativo, e fino alla metà degli anni Cinquanta, gli a. interconfederali disciplinarono tutti gli aspetti più importanti dei rapporti di lavoro, compresi i minimi retributivi, poi delegati alla contrattazione collettiva di categoria. Intorno alla metà degli anni Settanta, anche a seguito della recessione economica, l’attenzione delle parti sociali si spostò su temi di carattere generale e si posero le basi di quella contrattazione cosiddetta triangolare, estesa cioè al governo, che trovò assetto compiuto con l’a. del luglio del 1993 avente per oggetto la politica dei redditi, la lotta all’inflazione e il costo del lavoro. Questo protocollo stabilì anche la distinzione tra due livelli di contrattazione, uno nazionale e uno decentrato (aziendale o territoriale), nonché la centralità del primo livello, deputato a definire il trattamento normativo e retributivo dei lavoratori in ciascun settore produttivo. Recentemente sono stati stipulati altri importanti a. interconfederali: l’a. interconfederale del 15 aprile 2009 per l’attuazione dell’a.-quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009, e l’a. interconfederale tra la CGIL, CISL, UIL e Confindustria del 28 giugno 2011.
Nel diritto internazionale, gli a. in forma semplificata sono a. internazionali nel cui procedimento di formazione il consenso degli Stati a obbligarsi è espresso mediante la sola sottoscrizione del testo, senza che intervenga successivamente la ratifica, come è invece previsto nella procedura solenne di formazione dei trattati.
Oltre alla firma apposta da un organo costituzionalmente competente ad assumere obblighi convenzionali con altri Stati (capo dello Stato, capo del governo o ministro degli Esteri), può avere valore di consenso la sottoscrizione dei plenipotenziari, qualora i pieni poteri conferiscano loro non soltanto la competenza di negoziare e firmare il progetto di accordo, ma anche il potere di manifestare la volontà di stipulare. Al riguardo, la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, all’art. 12, stabilisce che il consenso di uno Stato a essere vincolato da un trattato viene espresso: a) con la firma del rappresentante di tale Stato, quando il trattato prevede che la firma abbia tale effetto; b) quando sia stato accertato che gli Stati che hanno partecipato ai negoziati avevano convenuto che la firma avrebbe avuto tale effetto; c) quando l’intenzione dello Stato di dare tale effetto alla firma risulti dai pieni poteri del suo rappresentante o sia stata espressa nel corso dei negoziati. In base al principio della libertà delle forme, l’ordinamento internazionale rimette agli Stati la determinazione della procedura di stipulazione per loro più opportuna, anche in funzione del rispetto delle norme interne sulla competenza a stipulare.
Ordinamento italiano. - Secondo la dottrina più qualificata, in Italia la stipulazione di a. in forma semplificata è esclusa solo quando l’a. rientri in una delle categorie indicate dall’art. 80 della Costituzione, che prevede la procedura solenne (ratifica del capo dello Stato preceduta da autorizzazione delle Camere in forma di legge) per i trattati internazionali che abbiano natura politica, che prevedano arbitrati o regolamenti giudiziali, oppure che importino variazioni del territorio, oneri alle finanze o modificazioni di leggi.
In fisica, si ha a. di fase di due moti armonici di uguale centro e periodo, quando a ogni istante la differenza tra le fasi degli spostamenti dei due moti è nulla; una definizione analoga vale per qualsiasi altra grandezza periodica.
In musica, giustapposizione di due o più suoni. Gli a. sono classificati a seconda del numero di suoni che li compongono, degli intervalli intercorrenti fra i suoni, della funzione tonale (a. perfetto maggiore, a. perfetto minore), della consonanza o dissonanza. Le note di un a., per convenzione si leggono dal basso verso l’alto e si definiscono parti estreme la nota più acuta e quella più grave, mentre si dicono parti interne le altre. La nota che dà origine all’a. si dice fondamentale; le altre note sono definite a seconda dell’intervallo che le separa dalla fondamentale: 3ª, 5ª, 7ª, 11ª e 13ª. Un a. si dice allo stato fondamentale quando la nota assegnata alla parte estrema inferiore è la fondamentale dell’a. stesso; se al basso vengono invece utilizzate la 3ª, la 5ª, la 7ª ecc. si hanno corrispondentemente il 1°, il 2°, il 3° ecc. rivolto. Per quanto riguarda invece la parte estrema superiore, a seconda che essa abbia l'8a, la 3ª, la 5ª, la 7ª ecc. si avranno la I, la II, la III, la IV ecc. posizione melodica.