Il concetto di autotutela nel diritto amministrativo fa riferimento al potere della pubblica amministrazione di annullare e revocare i provvedimenti amministrativi già adottati. Si distingue l’autotutela esecutiva dall’autotutela decisoria.
Autotutela esecutiva. - In particolare, l’autotutela esecutiva è il potere di eseguire unilateralmente e coattivamente provvedimenti che impongono obblighi a carico dei destinatari (per es., l’obbligo di consegnare il bene espropriato o di installare un depuratore), e implicano l’indicazione del termine e delle modalità di esecuzione cui deve attenersi il soggetto obbligato. L’autotutela esecutiva è un potere con un fondamento normativo specifico, che va rinvenuto caso per caso e deve essere, dunque, espressamente prevista e regolata dalla legge.
Autotutela decisoria. - L’autotutela decisoria è il potere della pubblica amministrazione di riesaminare, senza l’intervento del giudice, i propri atti sul piano della legittimità, al fine di confermarli, modificarli o annullarli.
Il riesame amministrativo dà luogo a un procedimento di secondo grado, a iniziativa d’ufficio, che incide su un provvedimento (di primo grado) già adottato. In ogni caso, il provvedimento di secondo grado deve essere giustificato da un interesse pubblico concreto. La finalità dell’amministrazione non si esaurisce nell’accertamento in sé della legittimità o dell’illegittimità del provvedimento di primo grado, ma si concreta nel perseguimento di un interesse pubblico ad adottare il provvedimento di secondo grado (su tali profili si veda Revoca. Diritto amministrativo).
La conferma costituisce un nuovo provvedimento, che assorbe il precedente e si sostituisce a esso. Essa è adottata a seguito di una nuova valutazione degli interessi in gioco. Si distingue dall’atto meramente confermativo, con il quale l’amministrazione, su istanza di riesame presentata dal privato, si limita a confermare senza una nuova istruttoria e senza motivazioni. Diversamente dalla conferma, l’atto meramente confermativo non riapre i termini di impugnazione del provvedimento di primo grado.
La convalida elimina un vizio sanabile del provvedimento di primo grado, attinente alla competenza o alla procedura, e ne riafferma l’efficacia. La convalida può adottarsi «sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole» (l. n. 241/1990, art. 21 nonies, co. 2). Se il vizio rimosso è di incompetenza, la convalida si denomina ratifica. Se si rimuove una semplice irregolarità, che non integra un vizio di legittimità in senso proprio, si ha la rettifica (nel caso, per es., di correzione di meri errori materiali).
L’annullamento d’ufficio rimuove il provvedimento di primo grado. Il presupposto è che il procedimento di riesame abbia accertato la sussistenza di vizi non sanabili. E, in base a giurisprudenza consolidata, che vi sia un interesse concreto e attuale all’eliminazione del provvedimento illegittimo. Bisogna aggiungere che l’annullamento va adottato «entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati» (l. n. 241/1990, art. 21 nonies, co. 1). Ciò a garanzia della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento legittimo di coloro ai quali il provvedimento di primo grado da eliminare abbia recato vantaggio. Ne risulta che l’annullamento non si limita al ripristino della legalità, ma è provvedimento discrezionale, chiamato a ponderare l’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento invalido con gli altri interessi dei soggetti coinvolti.
I provvedimenti di secondo grado hanno effetti retroattivi: retroagiscono al momento in cui i provvedimenti di primo grado sono divenuti efficaci.
Esecutorietà. Diritto amministrativo
Revoca. Diritto amministrativo