La provincia è l’ente territoriale intermedio tra Comune e Regione. Ai sensi dell’art. 114 Cost. le Province - così come i Comuni, le Città metropolitane e le Regioni – sono “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”(co. 2). A seguito della riforma del titolo V della Costituzione (l. cost. 3/2001) l’autonomia della Provincia è quindi direttamente sancita a livello costituzionale: essa è indicata, accanto ai Comuni, alle Città metropolitane, alle Regioni e allo Stato, quale ordinamento costituente la Repubblica (art. 114, co. 1 Cost.), secondo una logica non più di articolazione gerarchica ma, piuttosto, di tendenziale equiordinazione.
Attualmente le province italiane sono 110, includendo nel computo anche le province regionali siciliane (che hanno natura consortile), le province autonome di Trento e di Bolzano (che svolgono funzioni regionali e sono in grado di legiferare) e la Regione Valle d’Aosta, che svolge anche funzioni che nelle regioni a statuto ordinario sono svolte dalle province. Tre di queste (Barletta-Andria-Trani, Fermo e di Monza e Brianza), istituite nel 2004, sono diventate operative in seguito alle elezioni provinciali di giugno 2009.
L’evoluzione della disciplina delle province è stata contrassegnata da profonde incertezze, riferibili sia all’avvento della regionalizzazione (dagli anni 1970), che imponeva un ripensamento del relativo ruolo, sia alla perdurante attesa di una riforma dell’ordinamento locale, sia al dibattito, ancora vivo, sull’opportunità di superare o rivitalizzare l’istituto. Accantonata ogni ipotesi di soppressione delle province, gli orientamenti prevalenti ne hanno confermato il carattere di ente a rappresentatività di primo grado, con un consiglio eletto a suffragio diretto. Infatti, già la più lontana legge di riforma dell’ordinamento locale (l. 142/1990, art. 2 e 4) ne ha riconosciuto il ruolo tanto nella programmazione, quanto nella pianificazione del territorio, con piena autonomia statutaria e organizzativa.
Il processo di riforma è proseguito con la l. 81/1993, che ha previsto l’elezione diretta del presidente della provincia; con il d.lgs. n. 77/1995, relativo all’autonomia finanziaria degli enti locali; con la l. n. 127/1997, che ha introdotto maggiore autonomia organizzativa e operativa per gli enti locali e, infine, con la l. n. 265/1999. Questa copiosa produzione normativa ha reso indispensabile una riorganizzazione delle disposizioni degli enti locali attraverso il conferimento con l. n. 265/1999 di una delega al governo per l’approvazione di un testo unico sull’ordinamento degli enti locali (t.u.e.l.), cui è stata data attuazione con il d.lgs. n. 267/2000, che ha recepito l’impostazione di riforma confermando l’ampliamento dell’autonomia normativa di comuni e province.
L’art. 1 del t.u.e.l. ha individuato il limite all’esplicazione della potestà normativa statutaria nei soli principi della legislazione statale in materia di ordinamento degli enti locali e di disciplina dell’esercizio delle funzioni a essi conferite.
La riforma del titolo V della Costituzione (l. cost. 3/2001), oltre ad aver posto le province sullo stesso livello istituzionale degli altri soggetti della Repubblica, riconoscendone l’autonomia statutaria, regolamentare e finanziaria ha espressamente conferito alle Province la potestà regolamentare “in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”(art. 117, co. 6). Inoltre a tutela dell’autonomia delle stesse la disciplina della legislazione elettorale, degli organi di governo e delle funzioni fondamentali spetta in via esclusiva allo Stato, senza che le Regioni possano intervenire sul punto (art. 117, co. 2, lett. p).
Quanto alle funzioni attribuite, l’articolo 19 del t.u.e.l. conferisce alla provincia funzioni amministrative su vaste zone intercomunali o sull’intero territorio provinciale in determinati settori. Alla provincia sono inoltre delegati compiti di promozione, coordinamento di attività e realizzazione di opere di rilevante interesse provinciale.
Nell’ambito dell’attività di programmazione la provincia è chiamata a coordinare le proposte avanzate dai comuni; concorre alla determinazione dei programmi regionali e adotta programmi pluriennali generali e settoriali.
Inoltre essa predispone il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio (destinazioni d’uso, localizzazione delle infrastrutture e delle vie di comunicazione), oltre a curare, con riferimento agli interessi ambientali, la definizione degli obiettivi e degli interventi di sistemazione idrogeologica e forestale.
Tale disciplina contenuta nelle disposizioni del t.u.e.l. deve essere oggi letta alla luce del nuovo art. 118 Cost. che, oltre a prevedere l’allocazione delle funzioni amministrative agli enti territoriali locali sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, riconosce che le province sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge regionale o statale, secondo le rispettive competenze (su tali profili v. Principio di sussidiarietà. Diritto amministrativo).
Quanto all’organizzazione, sono organi di governo della provincia ai sensi dell’art. 36 del t.u.e.l. il Consiglio provinciale, il Presidente della Provincia, e la Giunta provinciale.
Il Consiglio provinciale è eletto a suffragio universale con sistema uninominale e composto da un numero di membri variabile da 45 a 24, a seconda della popolazione della provincia; il consiglio elegge tra i suoi componenti (a scrutinio segreto) la giunta provinciale, che è l’organo esecutivo con competenza autonoma ma residuale per ciò che non è espressamente attribuito dalla legge o dallo statuto agli altri organi, e il presidente, che è l’organo responsabile dell’amministrazione della provincia, rappresenta l’ente, convoca e presiede la giunta, sovrintende all’esecuzione degli atti e al funzionamento dei servizi e degli uffici ed esercita le funzioni delegate alla provincia da leggi e regolamenti.
Il presidente, eletto a suffragio universale e diretto contestualmente all’elezione del Consiglio, nomina, designa e revoca i rappresentanti della p. presso enti e istituzioni.
Tra gli altri organi (non di governo) assume un rilievo particolare il segretario provinciale che è il garante delle conformità dell’azione amministrativa alle leggi con funzioni consultive e referenti.
Nell’antica Roma, il termine provincia (lat. provincia) indicò dapprima la sfera di azione di un magistrato fornito di imperium ed era originariamente riferito a qualsiasi territorio, in Italia o fuori, nel quale l’autorità fosse esercitata da un rappresentante di Roma. Più tardi designò in particolare i possedimenti oltremare, che si distinguevano dall’Italia in quanto gli abitanti erano tributari di Roma. Con l’annessione di una provincia, il generale romano autore della conquista promulgava la lex provinciae, che esponeva i principi generali in base ai quali il territorio doveva essere governato, lo divideva in distretti, stabiliva le tassazioni, l’amministrazione della giustizia e i governi locali. Ogni nuovo governatore aggiungeva alla lex un proprio editto e godeva di una notevole libertà nei criteri di amministrazione.
Le province più antiche erano rette da magistrati eletti appositamente, per gli acquisti successivi si ricorse al sistema della prorogatio: accanto alle province governate da magistrati in carica, altre furono governate da magistrati cui si prorogava l’imperium. Il senato decideva annualmente quali dovevano essere i consoli e i pretori che alla conclusione del loro incarico sarebbero andati ad amministrare province, e queste venivano poi assegnate a sorte. Nell’ultimo secolo della Repubblica le province furono attribuite talvolta con plebiscito (a Gaio Mario, Pompeo, Cesare).
Sotto l’Impero, si distinse tra province senatorie (o proconsolari) e province imperiali: le prime governate da proconsoli in carica normalmente per un anno; le seconde da un legatus Augusti pro praetore, di rango senatorio, che durava in carica talvolta molto a lungo. Durante la Repubblica il governatore di una provincia godeva di suprema autorità civile e militare; con l’Impero, nelle province imperiali l’amministrazione finanziaria fu affidata a un procuratore di ordine equestre, indipendente dal legatus; nelle province senatorie, questa carica era svolta dal questore, accanto al quale, per gli interessi del fiscus e del patrimonium, era un procuratore imperiale. L’autorità nelle province veniva a essere molto frazionata e si richiedeva una stretta cooperazione dei singoli rappresentanti di Roma, sia tra di loro sia con i poteri autonomi locali che, con l’accentuato processo di burocratizzazione dell’Impero, persero via via d’importanza.
Le province romane furono acquisite durante la Repubblica senza un apparente disegno; con l’Impero la conquista di nuove province fu il risultato di una politica prestabilita. In conseguenza delle guerre puniche Roma acquistò la Sicilia (241 a.C.), la Sardegna e la Corsica (227), la Spagna citeriore e la Spagna ulteriore (197). La Macedonia fu ridotta a provincia nel 148, l’Africa nel 146, l’Asia nel 133, la Gallia Narbonese nel 120 circa, la Cilicia nel 102. Nel 1° sec. a.C., Bitinia e Cirenaica furono cedute a Roma dai loro re, Pompeo acquistò la Siria, l’Illirico divenne provincia nel 27 e nello stesso anno fu formata la provincia di Acaia. L’Egitto divenne provincia dopo la battaglia di Azio (31 a.C.), ma conservò un suo status particolare, che lo legava direttamente alla persona dell’imperatore. Sotto Augusto il Danubio fu fissato come frontiera settentrionale dell’Impero e furono annesse le quattro province danubiane (Rezia, Norico, Pannonia, Mesia). Da Claudio furono create le nuove province della Britannia e della Licia-Panfilia, da Traiano la Dacia. Cappadocia (17 d.C.), Mauretania (40), Tracia (46) furono trasformate da regni clienti in province.
Il processo di suddivisione delle province, iniziato con Domiziano e Traiano, proseguì sotto Diocleziano e Costantino. Con Diocleziano, l’Impero fu diviso in diocesi e a ogni antica provincia vennero a corrispondere 2 o 3 province più piccole, sicché il numero salì da 46 a 87; l’Italia stessa fu ridotta in provincia, eccettuata la città di Roma; la separazione tra autorità civile e militare divenne completa.
L’ordinamento provinciale dell’età romana subì una radicale trasformazione con le invasioni barbariche; con il dominio longobardo le province romane furono sostituite da altre divisioni territoriali (ducati), con estensione talora regionale, con ampiezza di poteri amministrativi (anzi governativi), giudiziari e militari e con rivendicazioni persino di autorità regia da parte dei duchi. Il dominio franco aggiunse e talora sovrappose ai ducati longobardi i comitati o contee, cui erano preposti ufficiali (conti e marchesi) pienamente soggetti al potere regio. Ufficiali minori erano alle dipendenze dei duchi e poi dei conti e in ogni circoscrizione funzionava l’assemblea locale con poteri deliberativi sui più importanti affari del luogo. Con il sopravvento del feudalesimo ogni ordinamento del genere scomparve, in quanto i feudi non erano più ritenuti parti o circoscrizioni di un unico organismo statale, bensì Stati o signorie essi stessi, con limitati poteri da parte del sovrano comune. Analoga situazione territoriale perdurò nel periodo comunale, benché ogni città attraesse nel suo governo autonomo anche parte del vicino territorio sul quale svolgeva la propria influenza politica ed economica.
Ricomparsa gradualmente, con le signorie e i principati e infine con le monarchie, l’autorità unitaria statale, riapparvero le p. quali divisioni territoriali e amministrative dello Stato, conservando però, almeno inizialmente, tracce notevoli della precedente autonomia locale, e quindi sensibili diversità tra luogo e luogo. Con l’età moderna l’ordinamento provinciale perde ogni residuo di autonomia e di diversità locale. Si instaura un uniforme regolamento amministrativo per tutte le parti del territorio dello Stato, salva soltanto la diversità meramente formale delle denominazioni (province, distretti, dipartimenti) variamente adottate. La provincia, specie per influenza dell’ordinamento francese e per opera dei governi della Restaurazione, costituisce una circoscrizione amministrativa intermedia tra i comuni e il governo centrale, al cui controllo anche repressivo è decisamente sottoposta sia direttamente, sia per mezzo degli ufficiali governativi preposti in ogni capoluogo.
Legioni create in Francia, in numero di 7, dal re Francesco I sul modello di quelle romane. Avevano la forza di 1000 uomini, divisi in sei bande, ed erano comandate da un colonnello. Truppe provinciali In Piemonte, dal 18° sec., denominazione delle truppe reclutate nelle p. e destinate a un servizio prevalentemente territoriale. Ripristinate dopo l’occupazione francese nel 1814 con il nome di reggimenti provincia, nel 1815 furono sciolte e incorporate nell’esercito regio.
Principio di sussidiarietà. Diritto amministrativo