(lat. Gallia) Denominazione latina della regione comprendente l’Italia settentrionale (G. Cisalpina) e in particolare la vasta area dell’Europa centrale delimitata dal Reno, i Pirenei, le coste atlantiche e mediterranee (G. Transalpina).
Tra il 700 circa e il 400 a.C. una serie di migrazioni portò nella G. i Celti, che fondarono, sulla base di una fondamentale unità etnica, una grande nazione da una parte e dall’altra del Reno e si espansero scontrandosi con l’elemento iberico nel sud-ovest e quello ligure nel sud-est. I Celti portarono l’uso del ferro; la loro prima civiltà prende il nome di Hallstatt, la seconda (dopo il 500 a.C.) quello di La Tène; la civiltà d’età preromana è designata gallica. Dall’opera di Cesare è noto un gran numero di popoli gallici. Al suo tempo, fuori della G. Narbonese già ridotta a provincia (dove erano Allobrogi, Salluvi, Elvi ecc.), la G. indipendente (detta Comata per le lunghe chiome degli abitanti) era divisa in tre parti: nel centro i Celti o Galli propriamente detti, fra Senna, Marna e Garonna; a nord i Belgi; a sud gli Aquitani. Nell’area centrale i popoli più potenti erano Arverni, Biturigi, Edui, Elvezi, Lingoni, Parisi, Pittoni, Sequani. Dei Belgi (i più bellicosi) facevano parte le tribù di Eburoni, Morini, Nervi, Remi, Treveri ecc. Gli Aquitani (più Iberi che Celti) erano divisi in Elusati, Tarbelli ecc.
Questi popoli si suddividevano in cantoni territoriali (pagi); il regime politico, originariamente monarchico, cedette il posto a un’oligarchia di nobili, e a un ordinamento di tipo feudale; accanto ai nobili, potente era la casta sacerdotale dei druidi. Il diritto gallico era un diritto misto, risultante dalla fusione delle consuetudini dei Celti con quelle dei popoli preesistenti. L’economia, essenzialmente agricola, si basava anche sulla caccia, la pesca e il commercio; oltre ai villaggi agricoli si formavano, sulle colline, raggruppamenti urbani.
I contatti fra Galli transalpini e Romani cominciarono alla metà del 2° sec. a.C., quando la colonia greca di Marsiglia, legata ai Romani da un trattato di alleanza, chiese aiuto contro la minaccia espansionistica celtica. I primi interventi romani furono contro gli Oxubi e i Deciati al Varo (154), i Salluvi (125), gli Arverni e gli Allobrogi, sconfitti alla confluenza dell’Isère con il Rodano (121 a.C.). Nel 118 fu fondata la colonia romana di Narbo Martius (Narbona), e fin da allora fu organizzata la provincia della G. Narbonese, o Transalpina.
La penetrazione romana s’appoggiò sull’alleanza con Marsiglia e con gli Edui, e fu consolidata dall’opera di negotiatores italici che si installarono nella provincia, pur dovendo far fronte a rivolte di Salluvi (grave l’ultima, del 77 a.C., incoraggiata dalla rivolta spagnola di Sertorio e domata da Pompeo) e Allobrogi (62). Dalla provincia Narbonese il dominio romano si estese su tutta la G. con la campagna condotta da Cesare, che, iniziata come una guerra di difesa della provincia minacciata dagli Elvezi, si estese sfruttando le rivalità tra i popoli gallici. La prima conquista fu compiuta in soli due anni (58-56), cui seguirono le repressioni contro le rivolte, particolarmente impegnative nel 52; la resistenza cessò con l’espugnazione di Alesia e la cattura di Vercingetorige. La G. Narbonese e la G. Comata (la parte conquistata da Cesare) furono, separatamente o unitamente, sotto il comando di governatori (proconsoli) che accelerarono il processo di romanizzazione della Narbonese fondandovi colonie.
A questo regime provvisorio, Augusto, nel 27 e 16 a.C., dette una sistemazione definitiva dividendo la Narbonese dalla Comata, in cui furono costituite tre province (tres Galliae): Aquitania (a sud), Lugdunensis (nel centro), Belgica (a nord-est). La popolazione, conservando tale divisione, era distinta in 64 civitates. Un’assemblea dei loro rappresentanti si riuniva il 1° agosto alla confluenza del Rodano con la Saona, presso l’altare consacrato a Roma e ad Augusto da Druso nel 12 o 10 a.C., nominava annualmente il proprio capo (sacerdos Romae et Augusti) e trattava gli affari comuni. Sotto Augusto e Tiberio il governo delle G. fu affidato, con il comando dell’esercito del Reno, a magistrati unici, come Druso, Tiberio, Germanico. Durante le guerre contro i Germani, i Romani furono agevolati dalla condotta leale dei Galli. La pace della provincia fu turbata alla fine del regno di Nerone (68) dalla ribellione del governatore della Lugdunensis, G. Giulio Vindice, che fu vinto, e nel 69 da quella delle popolazioni renane e batave e di tribù galliche che proclamarono l’impero delle G.: la rivolta fu domata da Q. Petilio Ceriale. La pace che seguì per un secolo apportò alla regione un notevole sviluppo. La G. fu, tra i paesi soggetti a Roma, il più aperto alla romanizzazione; l’economia, eminentemente agricola, fu incrementata nelle industrie (tessuti, ceramiche e vetro) e nei commerci, favorita da una fitta rete stradale che si estese per tutte le Gallie.
Nel corso del 3° sec. l’assetto della G. fu turbato dall’intentificarsi delle incursioni di popolazioni germaniche, respinte da Gallieno attraverso i generali Aureliano e Postumo. Con la ribellione di Postumo si creò l’impero delle Gallie (258-73), che ebbe per effetto un consolidamento della regione, e apparve originato da necessità di autonomia, tanto più impellente quanto più il governo centrale si mostrava debole. La riorganizzazione amministrativa e militare di Diocleziano assicurò ancora un periodo di prosperità ma la pressione e infiltrazione dei Barbari, specialmente dei Franchi, nel 4° sec. (particolarmente grave quella del 355, respinta da Giuliano l’Apostata) si fecero incontenibili dal 406. La grande invasione dei popoli germanici, portò, nel corso del 5° sec., alla costituzione dei regni autonomi dei Franchi, Burgundi e Visigoti. Il dominio romano si restrinse sempre più: l’ultimo territorio fedele a Roma fu il regno di Siagrio, fra la Senna e la Loira, sino a che non fu conquistato da Clodoveo re dei Sali, che fra il 486 e il 506 occupò tutta la zona a nord della Loira. Dal regno di Clodoveo e dei successori, che ricostituirono l’unità del paese, ha inizio la storia della nuova nazione, la Francia.
Nell’età del Bronzo e del Ferro compaiono figurine antropomorfe e zoomorfe incise, scolpite nella pietra o dipinte, di tendenza naturalistica, e statue-menhir intagliate con profilo umano, talvolta con pugnale triangolare o con un’ascia immanicata; nell’epoca di Hallstatt, quelle della necropoli di Mouriès, presso Arles, hanno incisa la figura geometrizzata del cavallo. Nel 2006 è stato ritrovato a Mathay (Doubs) un tesoro dell’età del Bronzo.
L’espansione territoriale dei Galli nella pianura padana, nella penisola iberica e in alcune regioni danubiane contribuì in notevole misura nel 4° sec. a.C. a estendere largamente gli aspetti culturali gallici, che si svolsero progressivamente in varie fasi, fino alla conquista romana. Ma già da secoli si erano andati introducendo influssi greci ed etrusco-italici. Le prime opere plastiche (a Marsiglia, colonia greca) sono edicolette con statua di Artemide seduta, di tipo ionico-asiatico. L’influsso di Marsiglia ellenizzata si irradiò soprattutto lungo la costa, creando una corrente artistica (dal 4° al 2° sec. a.C.) che ebbe rapporti con l’arte italica ed etrusca (Entremont, Glanum, Roquepertuse, Ollioules). Elementi architettonici in pietra, propilei a pilastri, ornati con maschere umane apotropaiche, davano accesso al tèmenos, o recinto sacro, dov’erano deposte le ceneri dei capi eroizzati delle tribù; in alcuni abitati si trovava il motivo della testa tagliata dagli occhi chiusi, alternata anche a cavalli e cavalieri, sopravvivenza del primitivo culto del cranio. Il defunto è rappresentato in statue di pietra, a cavallo o accoccolato, con le armi, corazza e pettorale di cuoio e, a Entremont, tiene la mano sinistra su una testa tagliata (qui è stato identificato con il dio Taranis); altre volte sulla testa tagliata poggia un animale infernale.
La monetazione gallica anteriore all’impero riflette le varie correnti di civiltà; le prime monete furono coniate da o per la colonia di Marsiglia. Alle monete d’argento delle città dell’Asia Minore, in corso a Marsiglia nel 5° sec. a.C., successero gli oboli (con testa di Apollo e ruota) e le dracme (con testa di Artemide e leone), imitanti tipi siracusani e di Velia. Le monete galliche, fuse o coniate, erano di bronzo, d’argento, d’oro di leghe varie. Come sistemi monetali, i Galli furono debitori dei Greci e dei Romani. I tipi imitavano: gli stateri d’oro di Filippo e quelli tarantini (Anfitrite e Dioscuri; Ercole e biga); la monetazione di Cales e di Suessa raffigurante il gallo (in una serie di bronzo); la dracma del tipo della rosa, degenerante in una croce e per questo detta della croce, in una serie con vari emblemi.
La ceramica di tradizione hallstattiana, rugosa, con ornamenti incisi geometrici, perdurò fino alla romanizzazione. Sul litorale mediterraneo venne importata la ceramica grigia d’Eolide e quella dipinta ionica, corinzia, attica, laconica; in seguito, dal 4° sec. a.C., quella a vernice nera etrusco-campana dalla Magna Grecia e dall’Etruria. Marsiglia esportò ceramica biancastra con fasce dipinte di tipo ionico o a vernice nera di imitazione campana. Si ebbe nel Sud anche una ceramica a ingubbiatura biancastra con linee rosse e disegni geometrici: alcuni esemplari hanno decorazioni spiraliformi e motivi zoomorfi.
Nel campo della toreutica, i Galli eccellevano in decorazioni policrome: i loro lavori prelusero agli smalti medievali (regioni del Reno e della Mosa). Notevole la produzione dei bronzi fusi e a sbalzo (imitazioni di statuette romane; statuette di divinità locali).
La fondazione di Aix e quella di Narbona (122-118 a.C.) segnarono già una trasformazione artistica dell’arte gallica e una romanizzazione che si sarebbe ampliata con la conquista di Cesare. Le città della G. Narbonese assunsero l’impianto urbanistico romano, con cardine e decumano; già al tempo di Augusto sorsero archi onorari, templi, teatri, anfiteatri, terme, basiliche, horrea (Arles, Narbona, Nîmes, Orange, Fréjus, Vaison, Vienne, Lione, Autun, Bordeaux). Carattere locale hanno alcuni templi circolari od ottagonali, circondati da portici, con pozzi funerari; peculiari dell’architettura gallo-romana sono ancora gli anfiteatri a scena e le gallerie sotterranee, illuminate da finestrelle e divise in senso longitudinale da una serie di colonne. Nella G. meridionale, con la piena età augustea, cominciò ad affermarsi il tipo di insediamento rurale della villa. Tra gli esempi più antichi (1° sec.): Saint-Julien a Martigues e Près-Bas a Loupian. Una regione ben studiata è quella del Var, dove sono state individuate e scavate numerose villae adibite alla produzione dell’olio e del vino. Tra le fattorie, edifici rurali di piccole-medie dimensioni, nella G. Narbonese un esempio particolarmente prezioso è fornito dallo scavo di l’Ormeau a Taradeau, dove sono state individuate due fattorie (1°-3° sec. a.C.), che insieme formano un minuscolo villaggio. La decorazione plastica degli archi trionfali, i rilievi storici, le copie di opere d’arte greca, i ritratti che ornavano le città del periodo imperiale furono profondamente influenzati da Roma. Tipica, invece, di tradizione spesso fortemente locale, è l’iconografia religiosa, con la frequente rappresentazione di divinità animali o semianimali.
La ceramica, all’inizio del 1° sec., imitava quella aretina nelle fabbriche della Graufesenque (Aveyron), di Montans (Tarn), Banassac (Lozère), poi di Lezoux, largamente esportate nel 2° sec. nelle regioni del Reno. Mentre le fabbriche del Sud cessarono nel 2° sec. di imitare la ceramica a rilievi aretina, realizzando quella rosata unita, la fabbrica di Lezoux nel 3° sec. produceva vasi incisi imitanti i vetri (à la barbotine, a rilievi applicati); le fabbriche della valle del Rodano (Vienne) diffusero vasi globulari con medaglioni a rilievo applicati, con teste di imperatori, di divinità, scene del circo, del teatro, erotiche. Nel 4° sec., nel Sud si ebbe la ceramica con vernice metallica, grandi piatti stampigliati con palmette e animali. Fabbriche di vetri si stabilirono dal 1° sec. nella G. Narbonese, nella valle del Reno e nel Nord, imitando i prodotti romani e della Siria, e, soprattutto dal 3° sec., mentre le fabbriche della Narbonese decadevano, quelle del Reno e della Mosella, impiegando operai della Siria, sviluppavano un’arte originale attraverso la produzione di vetri incisi (a cabochon e a reticolo), fabbricazione che persistette anche in periodo franco.
Ogni tentativo di ricostruzione della religione degli antichi Galli trova un limite nel fatto che i documenti risalgono per lo più all’età della G. in via di romanizzazione o romanizzata; essi testimoniano dunque un sincretismo religioso gallo-romano più che l’autentica religione del paese. Tuttavia, ricorrendo anche alla documentazione indiretta delle testimonianze classiche sui Celti, è possibile ricavare nozioni relativamente sicure intorno a idee religiose e figure divine della G. preromana.
Innanzitutto appare che i G. conservavano l’antica nozione indoeuropea del divino articolantesi in una pluralità di dei differenziati e soprattutto che disponevano di una classe sacerdotale, i druidi, i quali erano detentori delle dottrine religiose, sovrintendevano la vita religiosa delle comunità ed erano sovraordinati alla classe dei guerrieri. Dalla testimonianza di Lucano emergono le figure divine di Taranis, Teutates, Esus. Gli scoliasti di Lucano identificano in vario modo queste divinità con quelle descritte da Cesare nel suo excursus sulla religione dei Galli (De bello gallico VI), che non ne fornisce mai il nome gallico ma le interpreta come Mercurio, Apollo, Minerva ecc. A un insieme di divinità ben differenziate si accompagnavano divinità locali, minori e figure che non possono essere definite propriamente ‘dei’. In epoca gallo-romana alcune di queste figure (semplici demoni o spiriti locali) vennero interpretate come divinità da parte dei coloni romani.
Sulle origini del cristianesimo in G. (a parte le tarde leggende che le farebbero risalire agli Apostoli, con s. Paolo, o a loro discepoli, con Dionigi Areopagita o s. Trofimo), prima della 2ª metà del 2° sec. non si hanno sicure testimonianze di comunità cristiane, che si sarebbero diffuse dalla valle del Rodano attraversata da commercianti greci cristiani.
La lingua dei Galli, del gruppo celtico (➔ Celti), è documentata da iscrizioni, glosse di antichi autori, prestiti nel latino e residui sopravvissuti in lingue moderne; il gallico, che si sovrappose a parlate preindoeuropee e fu poi sopraffatto dal latino, ebbe un millennio di vita, dal 5° sec. a.C. al 5° d.C.