(lat. Visigothi) Popolazione dei Germani orientali, appartenente alla gente dei Goti.
I V., secondo il loro antico mito, emigrarono dalle rive del Baltico nella Russia meridionale sullo Dnestr e sul Mar Nero; in realtà si formarono come popolo solo in queste regioni. La divisione fra Ostrogoti e V. ebbe luogo appunto (tra 3° e 4° sec.) nel Ponto, quando i V., allora noti come Tervingi, riconobbero l’autorità dei Balti, e gli Ostrogoti quella degli Amali. Nel 4° sec. si diffuse tra i V. il cristianesimo, accolto nella forma dell’arianesimo predicato dal vescovo Ulfila. Sotto la pressione degli Unni i V. abbandonarono le terre in cui si erano stabiliti e, ottenuta l’autorizzazione ad abitare in territorio romano, passarono il Danubio (376), con l’obbligo di difendere la Tracia. Inaspriti dagli abusi dei funzionari romani, si ribellarono, sconfissero le forze romane a Marcianopoli (377), e, saccheggiando e incendiando, superarono i Balcani fino a minacciare Costantinopoli. L’imperatore Valente li affrontò presso Adrianopoli (378), morendo in battaglia.
La notizia della disfatta convinse l’imperatore d’Occidente Graziano ad affidare il comando delle truppe al generale Teodosio, che, ristabilita la situazione, fu proclamato nel 379 imperatore d’Oriente. I V., sotto la guida del loro capo (giudice) Atanarico, accettarono allora di diventare federati dell’Impero e di prendere stabile dimora nella Mesia inferiore. Alla morte di Teodosio (395), quando Stilicone precluse ad Alarico, divenuto re dei V., ogni possibilità di ottenere un’alta dignità militare romana, pur avendo egli partecipato ai combattimenti contro l’usurpatore Eugenio e subito elevate perdite nella battaglia presso il fiume Frigido (394), il foedus con l’Impero fu rotto e Alarico con tutta la sua gente mise a sacco la Tracia, la Macedonia e la Tessaglia, quindi penetrò in Grecia, conquistò Atene, e, attraversato l’istmo di Corinto, dilagò nel Peloponneso. Nel 399, riappacificatosi con i Romani, Alarico si ritirò nell’Illirico, che governò a nome dell’imperatore Arcadio con il titolo di dux e di magister militum. Poi perseguendo una politica d’espansione ai danni dell’Italia, e approfittando dell’assenza di Stilicone impegnato contro Alani e Vandali penetrati nel Norico e nella Rezia, Alarico mosse su Milano (401) ma fu sconfitto da Stilicone, accorso nella Pianura Padana, a Pollenzo sul Tanaro (402). Cogliendo il pretesto di una strage compiuta da truppe romane tra i mercenari barbarici alla morte di Stilicone, Alarico ritornò nel 408, arrivando a saccheggiare per tre giorni Roma (410). In un’Italia ridotta alla carestia, l’aggravarsi della situazione alimentare dei V., dovuta alla chiusura dei porti africani rimasti in possesso dell’imperatore, spinse Alarico a tentare la conquista dell’Africa, ma l’impresa fu interrotta dalla sua morte improvvisa vicino Cosenza (410).
Il successore Ataulfo, portati i suoi in Gallia, si accordò con l’imperatore Onorio per combattere l’usurpatore Giovino, che sconfisse nel 413. Fautore di una politica di amicizia con l’Impero, Ataulfo sposò nel 414 Galla Placidia, sorella di Onorio, caduta prigioniera dei V. durante il sacco di Roma, ma per incomprensioni presso l’imperatore e i suoi consiglieri, sospinto dai Romani, dovette abbandonare con i suoi l’Aquitania, dove i V. si erano stabiliti, e passare nella Penisola Iberica. Il nuovo re Wallia (415-18) rinnovò il foedus con i Romani, impegnandosi a lottare contro i Vandali e gli Alani nella Penisola Iberica con l’assicurazione di venire regolarmente rifornito di viveri dall’Impero.
Nel 418 Onorio richiamò i V., come federati, in Gallia, fissando a loro residenza l’Aquitania secunda e le terre vicine fra il Rodano, la Loira e l’Oceano, dove i V. trovarono una sede stabile e crearono un vero Stato, il ‘regno di Tolosa’.
La politica dei V. oscillò, in un’incerta linea di condotta, tra l’alleanza con l’Impero e l’espansione ai suoi danni. Il successore di Wallia, Teodorico (418-51), rinnovò il foedus e, dinanzi alla minaccia degli Unni di Attila, concesse ogni suo appoggio a Ezio morendo nella battaglia dei Campi Catalaunici. Nettamente antiromana fu invece la politica di Eurico, uno dei figli di Teodorico, divenuto re dopo i fratelli Torismundo (451-53) e Teodorico II (453-66). Sotto Eurico (466-84), il fondatore del regno dei V. dal punto di vista giuridico in quanto le conquiste visigote furono formalmente riconosciute dall’imperatore Giulio Nepote (475), il regno tolosano raggiunse la massima estensione territoriale, con la conquista di tutta la regione tra il Rodano e la Loira, della Provenza, e di quasi tutta la Penisola Iberica. All’interno il regno era tuttavia minato da un insanabile contrasto confessionale tra i barbari ariani e i Romani cattolici, che costituivano la maggioranza della popolazione.
Il conflitto si acuì sotto Alarico II (481-507), che inutilmente tentò di sedare i Romani cattolici mediante la promulgazione di un codice regolatore della loro condizione giuridica, così come il padre Eurico aveva emanato norme sui rapporti giuridici tra i V. e tra questi e i Romani. La tardiva pubblicazione della Lex romana Wisigothorum (506), comunemente detta Breviarium Alaricianum, non poté capovolgere una situazione ormai compromessa e aggravata dalla vicinanza del regno dei Franchi, il cui sovrano Clodoveo aveva accolto la fede cattolica (496). Desideroso di impadronirsi delle terre visigote, Clodoveo, cui andavano le simpatie dei Romani cattolici del regno dei V., attaccò Alarico e lo uccise nella battaglia di Vouillé, presso Poitiers, nel 507. Fu la fine del regno tolosano. I Franchi lo conquistarono integralmente, a eccezione della Septimania (➔), la regione costiera fra i Pirenei e la foce del Rodano; ai V. rimasero solo i possedimenti spagnoli, dove si mantennero ancora fino all’8° secolo.
Morto Alarico II, solo l’intervento di Teodorico il grande, re degli Ostrogoti, conservò la corona al nipote Amalarico (507-31), ma questi, sebbene avesse sposato una principessa merovingia, Clotilde, entrò di nuovo in contrasto con i Franchi da cui fu battuto presso Narbona (531): con lui si estinse la dinastia reale dei Balti e il regno si restrinse alla sola Penisola Iberica. Da allora il trono fu conteso tra le famiglie aristocratiche e divenne impossibile l’insediamento di una nuova dinastia.
Delle contese interne approfittò l’imperatore Giustiniano per assoggettare parzialmente a Bisanzio la parte meridionale della Spagna, conquiste riconosciute dallo stesso re dei V. Atanagildo, che per primo fissò la residenza reale a Toledo. Il fratello Leovigildo (567-86) estese il dominio sul regno degli Svevi, in Galizia, e inflisse una sconfitta ai Franchi, ma il suo atteggiamento anticattolico sfociò in persecuzioni di cui cadde vittima anche il figlio Ermenegildo. Con Recaredo (586-606), convertitosi al cattolicesimo, ebbe inizio l’opera di romanizzazione dei V. e sporadici tentativi, come quello di Viterico (603-10), di ravvivare l’arianesimo ormai in declino non ritardarono la fusione tra V. e Romano-Ispanici, di cui fu notevole riconoscimento l’abbandono della vecchia legislazione separata per V. e Romani, dovuta a Eurico e ad Alarico II. L’unità di ordinamento giuridico per tutti i sudditi del regno, dopo l’abrogazione del Breviarium Alaricianum del 654, fu attuata da Recesvindo (649-72) con la pubblicazione del Liber iudiciorum (chiamato poi Forum iudicum, noto pure come Lex Wisigothorum), redatto in forma di codice e suddiviso in 12 libri per complessivi 525 articoli. Pur trattandosi di una compilazione redatta su sentenze pronunciate dai re, da Eurico a Recesvindo, lo spirito di questa codificazione è prettamente romano.
Il rafforzamento interno del regno non eliminò tuttavia l’inconveniente costituito dall’assenza di una regolare successione sul trono, per cui alla morte di ogni sovrano si accendevano lotte tra gli aristocratici per l’attribuzione della corona. Queste rivalità segnarono la fine del regno. Alla morte del re Vitiza (710), dalla contesa sorta per il riconoscimento del nuovo re Roderico trassero profitto gli Arabi, stabilitisi a Tangeri fin dall’epoca del re visigoto Vamba (672-80), per attraversare lo Stretto di Gibilterra e sbarcare nella Penisola Iberica. Il loro arrivo modificò il volto politico della regione. Battuto Roderico nei pressi di Cadice (711), gli Arabi dilagarono occupando la Spagna fino ai Pirenei: solo singoli gruppi di V., rifugiatisi nelle montagne delle Asturie, riuscirono a mantenere l’indipendenza.
Scrittura visigotica Usata nei manoscritti spagnoli dei sec. 8°-12°, è così detta perché i caratteri distintivi si vennero formando nell’ultimo periodo della dominazione visigotica in Spagna. Si distinguono due forme, derivate dalla corsiva nuova di origine romana: una corsiva, inclinata a sinistra, influenzata nei tratteggi sinistrorsi dalla scrittura araba in uso nei territori occupati; una minuscola di tipo librario dal tratteggio verticale, soggetta anch’essa all’influenza grafica araba nell’impiego di una capitale molto ornata e di un sistema abbreviativo con omissione delle vocali (comune alla corsiva). La visigotica fu soppiantata dalla gotica nel 13° secolo.