Ramo orientale dei Goti. La sua differenziazione da quello occidentale (Visigoti) si verificò alla fine del 3° sec. d.C. nella Russia meridionale. Da lì gli O. seguirono gli Unni di Attila in Gallia (451), poi, stretto un accordo con i Romani, si stanziarono in Pannonia e probabilmente anche nel Norico ripense inferiore (457), impegnati in continue lotte contro altre tribù germaniche e contro la persistente minaccia unna. Sotto Teodemiro, abbandonarono la Pannonia e penetrarono più profondamente nei Balcani; nel 474 il re, morendo, lasciò il trono al figlio Teodorico, che da ragazzo era cresciuto, come ostaggio, nel palazzo reale di Bisanzio, e che riuscì a fondare un dominio abbastanza stabile nella Mesia inferiore. L’imperatore Zenone lo riconobbe e concesse a Teodorico la dignità di patrizio e di magister militum praesentalis. Un successivo periodo di scontro aperto tra Zenone e Teodorico fu sanato da un nuovo accordo, in base al quale il re ostrogoto avrebbe riconquistato l’Italia per conto dell’impero, eliminando Odoacre che allora la dominava. Teodorico scese in Italia (498) e sconfisse l’esercito di Odoacre. Questi fu ucciso e Teodorico rimase signore d’Italia, assumendo la porpora imperiale, evidentemente per sottolineare il doppio significato del suo potere, sugli O. e sui Romani.
Gli O. si stanziarono prevalentemente nel Centro-Nord dell’Italia e presidiarono i forti dell’arco alpino, per prevenire nuove invasioni. Ravenna, Pavia e Verona furono le tre città fondamentali del regno dal punto di vista politico; le prime due furono vere e proprie capitali, la terza ebbe un rilievo militare. Dal punto di vista delle istituzioni, gli O., pur avendo assunto molti tratti tipici del costume e del diritto dei federati romani, erano una tipica cultura germanica orientale: una monarchia di stampo militare, rappresentata dalla famiglia degli Amali, che aveva la sua base di riferimento nel popolo inteso come exercitus; notevole era la forza dei maggiori clan aristocratici e così pure la struttura clientelare (il comitatus). In generale, Teodorico creò un sistema amministrativo e sociale duplice, nel quale gli O. costituivano le forze armate a difesa del regno e i Romani occupavano tutti i posti dell’amministrazione civile. La concordia fra le due componenti, gotica e romana, fu perseguita, con l’ausilio dell’ordine senatorio, anche con una politica edilizia e di feste (giochi nel circo) di continuità, pur nelle ovvie differenze, con il passato romano. Neanche il fatto che gli O. fossero cristiani ariani costituì motivo di attrito né con la popolazione romana né con le gerarchie ecclesiastiche o con lo stesso pontefice romano, giacché Teodorico rispettò la gerarchia e il culto cattolico in tutte le sue forme. Solo nell’ultimo periodo del suo regno l’equilibrio politico e religioso venne meno, in coincidenza con la ripresa di un atteggiamento più aggressivo da parte di Bisanzio.
Alla morte di Teodorico (526), sua figlia Amalasunta, reggente per il giovane Atalarico e fautrice di una politica conciliante verso Bisanzio, si trovò in difficoltà di fronte a un’opposizione che spingeva verso la rottura con l’impero. Morto Atalarico, l’assassinio di Amalasunta a opera del cugino Teodato, da lei fatto coreggente e re degli O., aprì la strada all’intervento bizantino. Quando Teodato (che aveva tentato in extremis un accordo con Giustiniano) fu eliminato e al trono fu eletto dall’esercito goto Vitige (536), i Bizantini diedero inizio a una ventennale guerra contro gli O., con alterna fortuna. Sconfitto Vitige da Belisario (540), dopo la breve parentesi del regno di Ildibado, il nuovo re Totila (541-52) si dimostrò abile comandante, capace di risollevare le sorti del suo popolo, rovesciando completamente la situazione. Destituito Belisario, il comando fu affidato a Narsete, che, con l’aiuto anche di numerosi contingenti germanici (fra cui alcune migliaia di guerrieri longobardi), riuscì a sconfiggere Totila nella battaglia di Tagina (552); il re, ferito, morì nella fuga. L’ulteriore resistenza degli O. fu vinta nella battaglia del Monte Lattaio, presso il Vesuvio, nell’ottobre del 552: Teia, ultimo re degli O., cadde sul campo. La guerra era finita, anche se solo nel 555 si arrese l’ultimo presidio gotico, quello di Conza. Dopo di allora gli O. rimasero stanziati in Italia, sostanzialmente indisturbati nei diritti di proprietà da loro acquisiti in sessant’anni: influenzarono probabilmente (e forse sostennero) i futuri invasori d’Italia, i Longobardi, e infine si fusero con la popolazione italiana.