Imperatore romano (Costantinopoli 331 d. C. - Maranga, presso Ctesifonte, Persia, 363), figlio di Giulio Costanzo e di Basilina. Scampato insieme al fratellastro Costanzo Gallo alle stragi di Costantinopoli del 337, di cui furono vittime il padre e la maggior parte dei parenti, G. fu educato a Nicomedia sotto la guida del vescovo Eusebio, e poi, insieme al fratellastro Gallo, nella villa imperiale di Macellum in Cappadocia, dove passò sei anni sotto una severissima vigilanza: studiò filosofia e retorica e fu educato alla fede cristiana. Ritornato alla corte di Costantinopoli, subì l'influenza di Libanio e specialmente di Massimo, un neoplatonico taumaturgo; si allontanò quindi dal cristianesimo, maturando una concezione religiosa ispirata all'antico politeismo e al misticismo neoplatonico. Dopo la condanna a morte di Gallo (354) visse alla corte di Costanzo II a Milano; concessogli poi di andare ad Atene, si dedicò alla filosofia, ebbe relazioni con i due futuri vescovi Basilio di Cesarea e Gregorio di Nazianzo, visitò templi e santuarî di misteri. Infine, richiamato da Costanzo II, preoccupato delle sorti dell'Occidente e forse anche sollecitato dall'imperatrice Eusebia, G. ebbe il titolo di Cesare, sposò la sorella dell'imperatore, Elena, e fu inviato nella Gallia, minacciata dai Franchi e dagli Alamanni. Nel 358 vinse gli Alamanni presso Strasburgo e provvide alla riorganizzazione della Gallia. Cominciò quindi a manifestare i suoi principî di restaurazione pagana e, forte dei suoi successi, si contrappose a Costanzo. Nel 360 a Parigi fu acclamato Augusto dai soldati e marciò verso l'Oriente. Mentre si preparava a resistergli, Costanzo morì (361). La politica religiosa di G., mirante alla restaurazione del paganesimo, iniziò con atti di neutralità e finì con l'intolleranza anticristiana. Si occupò inoltre della riorganizzazione finanziaria e burocratica. Spinto da mistica fiducia nel proprio successo e dal desiderio di emulare Alessandro e Traiano, mosse guerra contro i Persiani che minacciavano i confini orientali dell'Impero: conquistò alcune fortezze e costrinse il nemico a chiudersi in Ctesifonte, ma disperando dell'assedio di questa città, risalì il Tigri e in uno scontro, colpito da un giavellotto, morì. n Di G. rimangono 8 Discorsi, tra i quali vanno ricordati gli elogi di Costanzo II e di Eusebia, il messaggio agli Ateniesi scritto al tempo della ribellione contro Costanzo, le lodi al Sole e alla Madre degli dei, nei quali manifesta con entusiasmo le sue convinzioni religiose; due operette satiriche: i Cesari o i Saturnali (Καίσαρες, Κρόνια), e l'Odiatore della barba (Μισοπώγων), libello contro gli Antiocheni che si erano mostrati freddi verso il rinato paganesimo e avevano deriso G. per la sua barba filosofica; le Lettere, l'opera migliore per il calore e la sincerità di espressione, prezioso documento per la conoscenza dell'anima di G. e della società del suo tempo.