(gr. Μεγάλη ῾Ελλάς) Denominazione attestata forse dalla seconda metà del 4° sec. a.C., e con più sicurezza dal 2° sec., per designare il complesso delle colonie greche dell’Italia meridionale peninsulare; più antico è il termine Italioti, riferito ai Greci trasferitisi stabilmente in quelle colonie. Varie le ipotesi sull’origine del nome M.: il termine si spiegherebbe con la prosperità della regione al tempo dei pitagorici (6°-5° sec. a.C.); o sarebbe stato dato dai coloni achei alla regione d’insediamento in contrapposizione all’angusta madrepatria; o sarebbe sorto nelle metropoli dell’Oriente ellenico legate da vivaci rapporti con le città dell’Italia meridionale.
Le popolazioni greche più attive nella colonizzazione furono i Calcidesi (fondatori di Cuma, Reggio ecc.) e gli Achei del Peloponneso (Sibari, Crotone, Metaponto); altri popoli e città concorsero in quest’opera: gli Spartani fondando Taranto, i Locresi occidentali Locri Epizefiri, gli Ioni di Colofone Siri; gli Ateniesi in età più recente Turi (444 a.C.). Nei luoghi in cui si stanziarono, i Greci trovarono popolazioni diverse per stirpe e lingua (Ausoni, Opici, Enotri, Iapigi, Itali ecc.). La più antica colonia, secondo la tradizione, sarebbe stata Metaponto (773), seguita (verso il 770) dalla fondazione dell’emporio di Pithecusa (Ischia) e a distanza di qualche decennio di Cuma. La colonizzazione greca portò alla costituzione di pòleis sul modello delle città-Stato della madrepatria, governate da sistemi oligarchici sviluppatisi spesso in tirannie, dedite all’agricoltura e al commercio, in alcuni casi all’industria, e dalla metà del 6° sec. dotate di una monetazione propria. Alcune di esse esercitarono per qualche tempo un’egemonia politica ed economica sulle altre (Sibari verso il 550 a.C.; Crotone nel 500 circa; Taranto nel 5° e 4° sec. a.C.); spesso si formarono confederazioni di città in funzione economica o difensiva. Dalla fine del 5° sec. in poi, mentre Taranto si affermava come massima potenza nelle frequenti contese tra le città italiote, si profilava il pericolo delle popolazioni indigene (Sanniti, Lucani, Bruzi) che dall’interno premevano verso il mare entrando in lotta con le colonie greche. Gli scontri con gli indigeni dell’entroterra, unitamente alla minaccia rappresentata dalla politica espansionistica di Dionisio I di Siracusa in M., favorì il sorgere tra le colonie di una lega (Lega italiota) che si rivelò presto impotente a contenere la spinta offensiva degli Italici. Taranto fu più volte costretta a chiedere l’aiuto della madrepatria, ma vane furono le spedizioni in suo soccorso di Archidamo, Alessandro il Molosso, Cleonimo. E quando Roma si spinse a S, l’aiuto portato da Pirro non impedì l’assoggettamento ai Romani della roccaforte dell’ellenismo in M. (272).
In conseguenza della conquista romana si delineò una crisi economica, politica e demografica, sia nelle pòleis italiote sia nei centri indigeni dell’entroterra. L’intera M. fu coinvolta in un processo di decadenza, a partire dalla guerra annibalica; dopo le devastazioni della seconda guerra punica, e gli interventi repressivi da parte romana, per sussulti antiromani manifestatisi nella regione, una causa sociale ed economica (il diffondersi del latifondo) e una di ordine naturale e ambientale (il progredire della malaria) provocarono o accentuarono il declino. Segni di prosperità si colgono in età imperiale in alcuni centri, ma dovuti alla politica assistenzialistica imperiale o alla munificenza privata più che a una reale capacità di ripresa autonoma. A fronte dell’incertezza del quadro economico della M. per il periodo repubblicano e quello imperiale, la civiltà greco-ellenistica ebbe invece importanza nella storia della civilizzazione per aver esercitato una profonda influenza culturale sulle vicine popolazioni italiche e soprattutto su Roma; centro di questa diffusione fu Taranto.
Gli Italioti elaborarono una grande civiltà con sue peculiarità per la lontananza dai centri della cultura ellenica e per gli influssi indigeni: tracce di tradizioni indigene sono state individuate in taluni aspetti dei culti, delle istituzioni, della filosofia, dell’arte. Caratteristico della M. fu anche il movimento politico-religioso che sviluppò da un lato le codificazioni di Zaleuco e di Caronda e dall’altro l’orfismo e altre credenze misteriosofiche popolari: reazione a questi movimenti fu il pitagorismo, dottrina filosofica e politica di carattere aristocratico. Notevole la fama conseguita nella speculazione filosofica dalla scuola eleatica di Velia (colonia focese sulla costa tirrenica) con Parmenide, e nello sviluppo di dottrine fisiche, matematiche e mediche.
La ricerca storico-artistica sull’arte della M. si è focalizzata sullo studio dei modi e delle ragioni di certa diversificazione dai modelli greci. Questa originalità è verificabile sia nell’architettura, nella quale è prevalente l’influsso dell’ordine dorico, ma s’intravedono elementi di voluta irregolarità (santuario alla foce del Sele, Paestum), e spicca il grande uso di terrecotte decorative, sia (e soprattutto) nella scultura. Un problema preliminare, per quanto riguarda la definizione dei caratteri della scultura magnogreca in marmo, è quello della distinzione tra prodotti locali e oggetti d’importazione. Forse i prodotti in serie giunsero già lavorati dalla Grecia propria, dalle cui isole proviene la materia prima, il marmo, mentre per prodotti non in serie e di grandi pretese artistiche è possibile postulare una elaborazione magnogreca. Una fiorente produzione locale è da riconoscere nell’ambito della scultura in calcare (metope del santuario alla foce del Sele e la produzione di Taranto) e in terracotta (Metaponto, Taranto, Locri, Caulonia, Medma). Caratteristica dell’arte della M. è anche la ricca produzione in bronzo: vasi di probabile origine tarentina, specchi locresi, Zeus (scoperto a Ugento; sono invece probabilmente di provenienza greca le due statue bronzee del 5° sec. a.C. rinvenute al largo di Riace, tra Locri e Punta Stilo). Accanto alle officine dei bronzisti, a Taranto fiorirono anche quelle degli orefici e degli argentieri. La ceramica produsse forme alquanto autonome da quelle della madrepatria, cui succedettero prodotti della ceramica apula, lucana, pestana e campana, come risposta di notevole originalità dell’ambiente indigeno. Per la pittura, offrono importanti elementi di giudizio le pitture funerarie di Paestum e di altri centri della Campania.
Molte colonie e subcolonie elleniche della M. (Caulonia, Crotone, Eraclea, Lao, Locri, Metaponto, Napoli, Pandosia, Pixunte, Posidonia, Reggio, Sibari, Siri, Taranto, Terina, Turi, Velia) ebbero proprie serie monetali (6°-3° sec. a.C.); le prime zecche attive furono quelle di Sibari, Metaponto e Crotone. Caratteristica di queste serie monetali, sino agli inizi del 5° sec., è il tipo del rovescio incuso.