Materiale ceramico ottenuto da argille comuni contenenti ossidi di ferro, che nella cottura nella fornace danno al prodotto il caratteristico colore giallo-rossiccio. Opportunamente modellata, è usata come materiale edilizio (mattoni, tegole, tubi ecc.), come vasellame, o in forme e con intenti più espressamente artistici. Le modalità di formatura e di cottura dei manufatti di t. sono analoghe e quelle adottate per ottenere i laterizi (➔), rispetto ai quali le t. si differenziano per una più accurata depurazione delle argille.
L’uso della t. nasce con le prime industrie umane; dapprima era lavorata a mano con la stecca di legno, poi con matrici negative da cui si ricavavano innumerevoli repliche di rilievi, di figurine a tutto tondo, di singole parti di statue maggiori da saldarsi insieme. Generalmente con la matrice si otteneva la parte anteriore della figura e si modellava a mano quella posteriore; i particolari si completavano con la stecca, o si modellavano a parte, aggiungendoli prima della cottura. Le statuette più antiche erano piene, ma già nello scorcio dell’arcaismo greco sono vuote, con fori posteriori per facilitare la cottura; le grandi statue sono fin dall’origine vuote. La policromia ravvivava statuette e rilievi con colori applicati dopo la cottura su ingubbiatura di latte di calce.
In Mesopotamia si adoperò la t. per mobili, sarcofagi, statuette, rilievi. La Siria ha restituito t. da tombe, di stile eclettico fenicio, oltre a sarcofagi antropoidi fittili e maschere. La plastica fittile ebbe un grande sviluppo a Cipro, dove confluirono varie correnti artistiche e dove si produssero statue anche di grandi dimensioni. In Grecia l’invenzione della plastica è attribuita sia a Butade sicionio sia a Teodoro e Reco di Samo, e una posizione preminente hanno nell’arcaismo le fabbriche di Corinto e dell’Argolide. La t. dipinta fu largamente adoperata per la decorazione dei templi con antefisse, acroteri, lastre di rivestimento, cornici. Una particolare fioritura ebbe in Etruria, dove secondo la tradizione sarebbero giunti plasticatori greci, e dove a Veio si sviluppò la scuola di Vulca, che operò anche a Roma nei primi anni del 5° sec. a.C. Oltre che nella decorazione dei templi, la t. fu impiegata per urnette, sarcofagi, statue, ritratti. Anche in Sicilia e Magna Grecia si usò largamente la t. nell’architettura in rivestimenti, antefisse, statue acroteriali e votive, per busti di divinità, per pìnakes figurati come quelli di Locri Epizefiri, per piccole are e statuette. Il periodo ellenistico segna una grande produzione di statuette specialmente a Tanagra, Mirina, Alessandria d’Egitto, Locri, Taranto, Paestum, Capua, Centuripe ecc.
Anche in Roma repubblicana si usò la t. per l’architettura, statue frontonali, votive, ritratti e anche rilievi figurati, come le lastre dette campane.
Il vasellame di t. assume nel Medioevo forme definite, spesso dovute a influenze orientali. Sotto l’influsso islamico e della metallurgia compaiono nel tardo Medioevo forme zoomorfe o antropomorfe di recipienti, fischietti ecc. Come decorazione architettonica la t. fu usata raramente nell’antichità cristiana (basiliche della Tunisia, 5°-7° sec.); l’uso si diffuse nel periodo romanico, specie in Italia dove, nel 15° sec., raggiunse, in Lombardia e in Emilia, netto predominio sugli altri materiali. L’uso di stampi consentì la ripetizione del disegno e la composizione architettonica di elementi uniformi. L’arte musulmana adottò la decorazione architettonica in t., di carattere sia geometrico sia pittorico, per gli esterni degli edifici. Il gusto della decorazione in t. si affermò in Germania settentrionale (dove già era stata usata nell’architettura gotica) verso il 1500, culminando nella produzione di Lubecca (Statius van Düren). Nell’architettura moderna l’uso della t. si è limitato alla pavimentazione e ai rivestimenti parietali, solo raramente a scopo decorativo.
La t. come mezzo espressivo equiparato ai materiali nobili della scultura appare già nel gotico settentrionale; in Italia ha particolare sviluppo nel 15° sec., per lo più in statue policrome; vivissimo fu l’uso in Toscana da parte degli scultori rinascimentali (Donatello, Michele da Firenze ecc.); gli artisti dell’Italia settentrionale la usarono per drammatiche composizioni scultoree (Niccolò dell’Arca, Guido Mazzoni). La t. invetriata, impiegata da Luca della Robbia e dalla sua scuola nella scultura, non differisce sostanzialmente dalla maiolica. Nel 16° sec. inizia l’uso delle t. da giardino, anche di dimensioni monumentali. In tale epoca la t. fu diffusa anche all’estero, spesso per opera di artisti italiani (per es., Pietro Torrigiani in Spagna e in Inghilterra). Nel 18° sec. specialmente gli scultori francesi si valsero della t. in eleganti ritratti.
L’uso della t. per bozzetti e modelli di opere scultoree assume un particolare valore artistico. Gli aspetti di immediatezza dati dalla duttilità del materiale, uniti a un fascino arcaizzante della materia, hanno diffuso la t. tra gli scultori del 20° secolo.