Età intermedia tra l’antica e la moderna. Secondo l’accezione più diffusa è il periodo compreso fra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) e la scoperta dell’America (1492).
La sequenza di questi 10 secoli è stata per la prima volta considerata come un periodo a sé stante dagli umanisti italiani del 14° sec. che, nell’atto in cui si proponevano di dare vita a un’umanità nuova a imitazione del modello rappresentato dalla Grecia e da Roma antiche, si sentirono indotti ad accomunare nel rifiuto e nel dispregio i secoli nei quali le forme dell’arte classica erano declinate e scomparse. Ciò che era stato costruito, scolpito, dipinto nell’intervallo, veniva bollato come ‘gotico’, dal nome dei barbari saccheggiatori di Roma del 410. L’idea di un intervallo di 10 secoli che separava una decadenza da una rinascita – ancora prima di configurare una vera e propria media aetas – diventò poi una costante mentale suscettibile di assumere colorazioni diverse. Così, per i riformatori protestanti del 16° sec. la connotazione negativa fu rappresentata dalla corruzione, in una Chiesa imbarbarita, della vera religione, mentre per gli illuministi del 18° sec. la media aetas coincise con il trionfo dell’ignoranza e della superstizione.
L’inversione di tendenza si ebbe solo in età romantica, quando nella poesia epica medievale si cercarono i prodromi dell’identità delle moderne nazioni europee. Al tempo stesso, con un significativo mutamento del gusto, le cattedrali gotiche venivano celebrate come l’espressione più compiuta della spiritualità cristiana, mentre, richiamandosi a valori alternativi a questo, le baracche (loges) dove risiedevano i muratori (maçons), custodi dei segreti di mestiere che resero possibili quelle ardimentose costruzioni, venivano indicate come la ‘culla del libero pensiero’. I due esempi citati non esauriscono certo l’elenco degli aspetti di quella che oramai si può definire la civiltà medievale considerati con favore in età postilluministica, dall’età cioè della Restaurazione in poi. Basti pensare alla rivalutazione del pensiero di Tommaso d’Aquino, promossa da papa Leone XIII (1879).
La proposta di trovare una diversa forma di scansione del corso storico fu avanzata con insistenza nella seconda metà del 19° sec., ma né le obiezioni prospettate in tale sede, né l’affermarsi dell’idea di un progresso unilineare dell’incivilimento umano, dal basso verso l’alto, inconciliabile con la presenza di un’età di ripiegamento e di decadenza durata 10 secoli che avrebbe coperto sotto una coltre di oblio le conquiste dell’età classica, valsero a provocare la cancellazione del M. come periodo storico. Una parte notevole della perdurante fortuna del M. va assegnata anche al peso crescente che gli studi di erudizione, di storia, di filologia medievali hanno finito con l’acquistare nell’ambito della cultura accademica.
Nel 20° sec. è venuta in auge l’immagine di un M., quello carolingio e, in certa misura, anche quello scolastico-universitario, linguisticamente e letterariamente mediolatino, intesi come prefigurazione dell’unità politica e culturale europea. Ma in tal modo, ancora una volta, si è operata una scelta all’interno di quegli affollatissimi 10 secoli, non indicata una via per considerarli tutti insieme sotto un segno, se non necessariamente positivo, almeno non proprio negativo.
Alla base di ogni tentativo di riconsiderazione positiva del M. c’è sempre stata, più o meno manifesta, la tendenza a ricondurre questa età sotto il segno del cristianesimo, indicando la civiltà medievale come la civiltà cristiana per eccellenza, salvo il posto adeguato che va comunque riservato alle persistenti resistenze del paganesimo antico, ai paganesimi degli invasori (germanico e slavo) e, soprattutto, alle altre religioni monoteistiche mediterranee, l’ebraica e l’islamica. La prospettiva di chi guarda al M. cristiano come al periodo che avrebbe prodotto e visto fiorire uno Stato cristiano, una società cristiana, un’arte cristiana, e così via, è invece entrata in crisi anche all’interno stesso del cattolicesimo, in quanto si porrebbe in un tempo trascorso e irreversibile la piena attuazione del messaggio cristiano.
Una diversa lettura, essa pure tendenzialmente positiva, emerge dallo schema interpretativo marxista, peraltro incapace, soprattutto nell’accezione più scolastica, di uscire dall’astrazione di una generale rappresentazione di un modo di produzione feudale, inserito in una visione progressiva della storia dell’umanità nella quale esso svolge una funzione periodizzante di passaggio tra lo schiavismo dell’età antica e le forme capitalistiche successive. Tuttavia, nel pensiero di Marx non si guardava tanto a un’interpretazione generale, ma si privilegiavano quegli elementi non feudali, legati in particolare alla città e allo sviluppo di un artigianato urbano, le cui caratteristiche precapitaliste e premoderne inducevano a una valutazione positiva della fase medievale proprio nella prospettiva del superamento della medesima.
Un’immagine negativa del m., rivelata dall’uso corrente, volgare, dell’aggettivo medievale per connotare abusi, malversazioni, violenze, superstizioni, distorsioni della verità, si è legata all’idea che un nuovo M. (‘M. prossimo venturo’) aspetti l’umanità dopo il crollo dell’ordine costituito dalla società industriale, come il M. tradizionale era succeduto all’ordine romano, in una prospettiva catastrofista di ritorno di un passato premoderno.
L’alternativa a questa ciclicità è stata offerta da una storiografia attenta alla dimensione antropologica, la cui interpretazione supera la dimensione periodizzante tradizionale mettendo in rilievo la persistenza, almeno fino alla Rivoluzione industriale, di caratteri evidenziatisi in particolare dopo l’anno Mille. Questo protrarsi nella ‘lunga durata’ di alcuni elementi strutturali di origine medievale, inseriti nella cultura materiale e nella mentalità collettiva della società europea, mostra come ormai la storiografia sia meno interessata a un approccio valutativo e più caratterizzata da un frazionamento delle analisi sui vari aspetti di una società, quale quella dell’età di mezzo, che si rivelano sempre più complessi e di impossibile riduzione a un’interpretazione univoca.
Al contempo, nella cultura generale l’interesse per il m. si collega sempre più alla rappresentazione di un universo nel quale predominano gli elementi fantastici, magici e irrazionali, evidenziato per esempio nel genere fantasy. Pur se con modalità spesso stereotipate, narrativa, cinema, giochi e siti internet rendono familiari a un pubblico sempre più vasto singoli aspetti della civiltà medievale.