Intervallo di tempo in cui si svolge, dal suo principio alla sua fine, un determinato fatto o fenomeno.
La definizione più antica di d. è quella di Aristotele, secondo cui è da intendersi con questo termine il periodo di tempo che una cosa occupa nella sua esistenza, in altre parole il suo ciclo vitale. La speculazione greco-cristiana (Plotino e s. Agostino) mantiene tale impostazione e bisogna giungere a Cartesio per trovare in modo esplicito la distinzione dei due concetti di d. e di tempo. Cartesio considera infatti il tempo come la ‘misura comune’ della d. delle singole cose o fenomeni.
Nella filosofia contemporanea, particolare fortuna ha goduto il concetto di d. reale o pura nella filosofia di H. Bergson, in cui, contrapposto al concetto di tempo, suo simbolo spazializzato, designa la forma che prende la successione dei nostri stati di coscienza, quando è immediatamente sentita come molteplicità qualitativa di elementi che susseguendosi si penetrano e si fondono tra loro come le note in una melodia.
Per influsso della filosofia bergsoniana il termine d. è passato nella critica letteraria francese, e quindi nelle altre, a designare il ‘tempo’ interiore di una narrazione o di un personaggio, la sua curva o traiettoria ideale, risultante dalla successione di tanti singoli atti, fatti, stati d’animo ecc.
D. dei deflussi Con riferimento a una certa sezione di un bacino idrografico e a un certo intervallo di tempo (mese, anno), è il numero dei giorni di quel certo lasso di tempo, in cui il deflusso è uguale o superiore a un certo valore. È uno dei valori-indici del regime fluviale. Per i corsi d’acqua che alimentano un bacino idroelettrico, la conoscenza delle d. dei deflussi per un conveniente periodo di tempo e i diagrammi di d., che se ne deducono, sono elementi di notevole importanza per la progettazione degli impianti.
In fonetica, è il tempo, in senso assoluto oppure relativo, in cui si articola un determinato suono, con riferimento sia alle singole attuazioni individuali sia all’uso generale di una lingua. La diversità di d. ha valore fonematico, cioè distintivo: per es., in italiano mola e molla si distinguono per la diversa durata (e forza) della consonante l.
In psicopatologia, la d. ‘vissuta’ (ben distinta dalla d. cronologica) va incontro a profonde modificazioni soprattutto nei disturbi dell’affettività. Negli stati maniacali il senso della d. si riduce o scompare (momentaneizzazione del tempo vissuto), mentre in quelli depressivi si rallenta. Anche nelle sindromi schizofreniche il senso della d. subisce particolari distorsioni (d. doppia o sdoppiata). Nelle demenze essa si svuota completamente di senso.