(gr. Πελοπόννησος) Penisola della Grecia meridionale (21.379 km2), tra i mari Ionio ed Egeo.
L’Istmo di Corinto (largo 6,3 km, tagliato nel 1893) collegava il P. alla Grecia centrale, da cui è separato dal Golfo di Patrasso e da quello di Corinto. Ora un ponte stradale e ferroviario sul canale di Corinto congiunge il P. al continente. Le coste meridionali sono intagliate dai golfi di Messenia e di Laconia, circondati dalle regioni montuose del Parnone (1935 m) a E, del Taigeto (2404 m) al centro, e a O dai contrafforti meridionali della catena del Pindo. La regione ha clima mediterraneo, i cui caratteri vanno attenuandosi verso l’interno; le precipitazioni diminuiscono da O a E. Colture principali sono cereali, vite, olivo, frutta (è notevole la produzione di uva passa); seguono tabacco e cotone. Intenso l’allevamento del bestiame (la pastorizia in parte è transumante). I centri abitati sorgono lungo la costa, in particolare su quella volta al Mar Ionio; il capoluogo è Trípoli, quasi al centro della penisola; altri centri: Calamata, nel Golfo di Messenia, Corinto, Sparta.
La regione amministrativa del P. (15.490 km2 con 595.062 ab. nel 2007) comprende i nomi di Arcadia, Argolide, Corinzia, Laconia e Messenia.
L’antichità.- Si sono conservate tracce della civiltà neolitica (scorcio del 4° millennio a.C.), cui succedette quella del Bronzo, durata fino a tutto il 2° millennio. Verso il 2000 a.C. scesero in Grecia genti arie che occuparono nel tempo anche il Peloponneso. Nel 12° sec. (o 16°-15° secondo altri) dilagarono i Dori, imponendosi su tutta la penisola a eccezione della parte centrale montuosa, l’Arcadia. Successivamente, nei sec. 10°-7° a.C., periodo di difficile ricostruzione storica, si affermarono Argo e soprattutto Sparta, a capo quest’ultima (dalla metà del 6° alla metà ca. del 4° sec. a.C.) della lega peloponnesiaca (v. fig.), che riunì in un solo organismo politico e militare quasi tutta la regione, eccettuate Argo e l’Acaia. I membri della lega, autonomi in politica interna, erano sottoposti in caso di guerra all’egemonia spartana. La lega fu strumento politico importante nella vita greca e fulcro della resistenza nazionale ai Persiani nel 480.
Nel 431-404 a.C. si scatenò la guerra del P., la più sanguinosa combattuta nell’antichità tra popoli greci. Fu provocata dall’antagonismo di interessi e ideologie delineatosi da tempo tra la lega peloponnesiaca e la lega delio-attica, aspiranti entrambe all’egemonia sulla Grecia. Cause occasionali del conflitto furono l’intervento di Atene nelle vicende interne di Corcira – in lotta con Corinto, la maggiore delle alleate di Sparta – e di Potidea e il blocco ateniese del commercio di Megara, anch’essa legata a Sparta. Nella prima fase (431-421), detta decennale o archidamica (da Archidamo, re spartano che invase l’Attica), i Peloponnesiaci ottennero successi in Tracia, con Brasida, e gli Ateniesi a Pilo, in Messenia: si chiuse con una pace di compromesso (pace di Nicia, 421). La guerra si riaccese nel 418 e Sparta vinse a Mantinea Ateniesi e Argivi collegati. Poi la guerra ristagnò in Grecia mentre Atene si impegnava nella disastrosa spedizione di Sicilia (415-413) in cui perse tutta la flotta nel porto di Siracusa e migliaia di uomini durante la ritirata. L’ultima fase della guerra, detta deceleica (413-404) dall’occupazione spartana della piazzaforte di Decelea nell’Attica (413), fu combattuta per mare sulle coste dell’Asia Minore e sull’Ellesponto, mentre il blocco peloponnesiaco stringeva Atene da terra: crollato a Egospotami il suo predominio marittimo (405), Atene dovette capitolare (404). Per effetto delle immani distruzioni, la Grecia si trovò depauperata e indebolita.
Dopo la guerra del P. e la vittoria su Atene, le tendenze assolutistiche di Sparta suscitarono la reazione non solo dei vinti ma degli stessi confederati e alleati. Nel volgere di circa 40 anni (404-366), all’esterno il risorgere graduale di Atene e l’affermarsi della potenza beotica, all’interno la riluttanza dei federati alle imposizioni spartane, condussero alla dissoluzione della lega peloponnesiaca, provocando il frazionamento della penisola in vari piccoli Stati; ciò rese facile ai Macedoni assicurarsi il predominio sulla regione dopo la battaglia di Cheronea (338). I tentativi a opera di Sparta di abbattere il potere macedone (331 e 265-261) furono vani: la lega achea, ostacolata nel tentativo di unificare il P. (281) dall’ostilità di Sparta, chiamò ancora i Macedoni che, vinti gli Spartani a Sellasia (222), si imposero di nuovo sulla regione.
Nelle continue lotte intestine tra Achei, Etoli, Spartani e Macedoni della seconda metà del 3° sec. si inserirono i Romani che, spalleggiando in un primo tempo gli Achei e poi combattendoli quando non vollero sciogliere la lega, affermarono la propria egemonia non solo sul P. ma sull’intera Grecia. In età romana il P. fece parte della provincia di Acaia.
Età medievale e moderna. - All’inizio dell’Alto Medioevo il P. subì le devastazioni di vari popoli invasori, in prevalenza di Slavi. Questi ultimi dall’8° sec. si stanziarono su vasta parte della regione (Arcadia, Messenia, Elide e Laconia): ribelli all’Impero di Bisanzio, furono sottomessi e convertiti al cristianesimo nell’850 e si fusero poi, come agricoltori e pastori, con la popolazione greca. Dopo il Mille, sviluppatosi il commercio con l’Occidente e specialmente con Venezia, il P. prosperò economicamente; costituitosi l’Impero Latino d’Oriente, mentre i Veneziani si insediavano nei principali scali commerciali, nella restante Morea (come dai primi anni del 12° sec. fu chiamato il P.) si stabilì l’organizzazione feudale importata da Franchi crociati. Tale organizzazione, originatasi dalla fondazione del principato di Acaia (1210), durante il regno di Guglielmo II di Villehardouin (1245-78) raggiunse ai danni di Venezia (1248) la sua massima affermazione territoriale e iniziò anche, per l’insediamento in Laconia dei Bizantini (1262), la parabola della successiva decadenza.
M. Cantacuzeno creò nel 1348 il despotato greco di Mistrà, ma gli sforzi congiunti dei despoti Paleologi e dei principi latini non fermarono il pericolo dell’invasione turca. Dal 1392 la Morea fu infatti percorsa più volte dagli eserciti ottomani e invano i sovrani bizantini compirono l’unificazione politico-territoriale della regione (1428): nel 1460 il P. fu sotto la dominazione turca, tranne i possessi veneti, persi nel 1500 circa.
Nell’Impero ottomano la Morea costituì un sangiaccato; se buona parte della sua popolazione accettò la religione musulmana, il sentimento nazionale alimentato dalla Chiesa ortodossa mantenne viva l’opposizione ai Turchi. Riconquistata la Morea da F. Morosini (1684-88), Venezia le assicurò per alcuni decenni un governo ordinato; ma il successivo dominio turco, restaurato nel 1715, fu anche peggiore del primo e contro di esso agirono anche in Morea bande armate di clefti e armatoli.
Nel 1821, contro la dominazione straniera insorsero i Greci del P., guidati da T. Kolokotrònis; repressi da Ibrāhīm pascià (1824), trionfarono grazie all’intervento armato delle grandi potenze (1827). Nel 1828 G. Capodistria assunse la direzione del governo della Grecia indipendente. Di qui in poi la storia del P. coincide con quella generale della Grecia.