Per le colonie in biologia ➔ colònie biològiche.
Presso gli antichi, gruppo di cittadini di uno Stato che per decreto pubblico o di propria spontanea volontà si stabilivano in un paese lontano. In età moderna, possedimento di uno Stato, di solito situato in territorio lontano e dove la popolazione indigena non gode degli stessi diritti civili dei gruppi etnici provenienti dallo stato dominante
La colonia greca (ἀποικία) consisteva nella fondazione di un nuovo organismo cittadino indipendente da parte di un gruppo di cittadini che si allontanavano dalla madrepatria. Le colonie erano generalmente dedotte dopo consultazione di un oracolo e il capo della spedizione, l’ecista, era eletto dalla città o dai coloni. Questi ultimi erano volontari e il terreno della colonia veniva tra essi diviso e assegnato in sorte. I coloni perdevano la cittadinanza della patria di origine. Era frequente però che sussistessero legami affettivi e fossero forniti aiuti reciproci in caso di guerra.
L’espansione dei Greci fuori della penisola greca ebbe imponenti proporzioni, iniziando fin dall’età micenea, quando gli Achei raggiunsero Creta (1450 a.C. ca.), le Cicladi, Rodi, l’Anatolia occidentale, la Siria, ma anche le regioni del Mediterraneo occidentale. Testimonianze della presenza micenea si riscontrano dal Mediterraneo orientale (Cipro, el-῾Amārna, Palestina meridionale, Rās Shamra, l’antica Ugarit, Tell Açāna, l’antica Alalakh ecc.) a quello occidentale (ritrovamenti allo Scoglio del Tonno, presso Taranto, in Puglia, in Sicilia; nelle isole Eolie; a Ischia, a Vivara, nel villaggio appenninico di Luni sul Mignone, presso Viterbo), con un’area di espansione che rivela quale stimolo determinante di quel movimento la ricerca dei metalli. In questo quadro acquistano valore tradizioni letterarie, come quella della fondazione antichissima di Metaponto da parte dei Pili. Un massiccio moto colonizzatore verso le coste occidentali dell’Anatolia è ammesso dalla tradizione antica per la fine del 2° millennio a.C., in connessione con l’immigrazione dei Dori nelle regioni della Grecia centrale e nel Peloponneso e col verificarsi di fenomeni di sovrappopolamento e di lotte intestine nelle altre regioni, e molti storici concordano sia nell’ammettere la genesi demografica del fenomeno, sia nel riconoscerne come finalità l’acquisto di terre per i coloni e i rifornimenti per i rimasti in patria.
Nell’8° e 7° sec. si collocò una nuova grande ondata migratoria greca sia verso Occidente (Italia, Sicilia, Iberia, Gallia meridionale, Africa settentrionale), sia verso Oriente (Anatolia, Levante, Egitto, Ponto). La tradizione connette spesso la fondazione di queste colonie con carestie o lotte politiche; ma all’interpretazione demografico-agricola delle cause e dei modi di tale colonizzazione, in molti casi appare preferibile quella mercantile, non tanto per smerciare prodotti in sovrappiù, quanto per operare scambi in vista dell’acquisto di prodotti mancanti, come i metalli, o, più tardi, il grano. Si riconoscono le origini commerciali di insediamenti greci nel Levante (come al-Mina, anteriore al 750 a.C. o Tell Sukas, i più antichi dell’Età del Ferro), o, in Egitto, della più tarda Naucrati, o di quelli pontici, o di altri dell’Iberia o della Gallia meridionale; mentre la preoccupazione dell’acquisto di terre incide fortemente sulla colonizzazione in Italia e in Sicilia e forse è particolarmente da connettere con l’attività colonizzatrice corinzio-calcidese. Accanto a Corinto e a Calcide si collocarono come protagoniste della grande ondata migratoria dell’8° sec. Megara, Eretria, ma anche altre città e perfino popoli come gli Achei del Peloponneso o gli Ioni.
Solo in un secondo momento, nel 7° e 6° sec., intervennero attivamente nel moto colonizzatore in Occidente i Greci orientali, Rodi e Focei, in particolare. A Oriente intanto esplicò un’intensa attività colonizzatrice Mileto, da cui proveniva la maggior parte delle colonie greche del Ponto (che nel 6° sec. assolsero funzione di empori).
Il grande moto colonizzatore si chiuse all’incirca alla fine del 6° sec. a.C. Forme di attività colonizzatrice, in cui è determinante il disegno politico di uno Stato, prevalsero nel 5° sec., con l’esperienza delle colonie e delle cleruchie ateniesi; mentre le colonie greche d’Oriente dell’età ellenistica, inaugurate dallo stesso Alessandro, assolsero, oltre che a un compito di apporto culturale, a una funzione di sostegno dei regimi greco-macedoni affermatisi in Asia e in Egitto. La colonia assunse tuttavia forme diverse secondo i differenti regni, andando dalla fondazione di vere e proprie città, a semplici insediamenti privi di elaborate strutture cittadine alla dispersione di piccoli gruppi di coloni fra gli abitanti indigeni.
Fra i Romani, le colonie marittime (o civium Romanorum) furono dedotte per ragioni militari a presidio soprattutto delle coste (per es. Ostia, Anzio, Terracina). Si trattava di comunità, ordinariamente di 300 cittadini, con una certa autonomia. Le colonie latine (o Latinorum) sorsero invece su territori conquistati dalla lega delle città latine ed erano formate da cittadini di tutte le città socie; furono dedotte anche dopo che la lega fu sciolta (338) in quanto unite a Roma attraverso un’alleanza modellata su quella già concessa ai Latini. Avevano larga autonomia, non pagavano tributi, ma dovevano fornire milizie e seguire la politica estera di Roma. Al tempo di Mario ebbero inizio le colonie militari, dedotte con legionari premiati al congedo con assegnazione di terreni. Augusto regolamentò tale prassi specialmente con l’indennizzo dei proprietari espropriati. La fondazione di una colonia procedeva, in età repubblicana, da una lex rogata, durante l’impero fu un diritto del principe. Deducevano colonie, dal sec. 3° a.C. in poi, i tresviri coloniae deducendae, e, in età imperiale, legati del principe. I tresviri accoglievano gli aspiranti volontari o ricorrevano all’arruolamento forzato se il numero degli iscritti risultava insufficiente. In relazione al carattere militare della colonia, anticamente si esigeva l’appartenenza alle classi, ma in seguito si dedussero quasi esclusivamente proletari e liberti. Dopo la divisio, opera degli agrimensori, si procedeva alla datio, assignatio. In una tavola di bronzo si esponeva la lex coloniae. La proprietà dei coloni fu da Silla e da Cesare limitata con la dichiarazione dell’inalienabilità delle parcelle (Cesare per 20 anni). In età imperiale, le colonie romane erano divise in due categorie: quelle sottoposte a tributo e quelle esenti e talora capaci di proprietà quiritaria del suolo. Le magistrature reggenti variarono a seconda dell'epoca: dittatori annuali o due pretori o due consoli, praetores duoviri, quindi duoviri; di regola, vi era un collegio di duoviri iure dicundo e uno di duoviri aediles.
Per le colonie moderne ➔ colonialismo.