Con la denominazione di prodotti ceramici si intende una vasta gamma di manufatti, diversi per composizione, struttura, proprietà, impiego ecc., aventi in comune il processo tecnologico di fabbricazione: si ottengono da materiali incoerenti (costituiti in gran parte da sostanze inorganiche non metalliche) che vengono elaborati fino a costituire prodotti formati, compatti, che diventano resistenti per mezzo di cottura a temperature elevate. I materiali ceramici possono essere classificati in vario modo. I materiali ceramici tradizionali sono ottenuti per lo più da materie prime naturali e, in base alla porosità della pasta, si distinguono in prodotti a pasta porosa, e in quelli a pasta compatta, cui appartengono i grès e le porcellane. I materiali ceramici avanzati (o speciali), caratterizzati da nuove funzioni (dielettricità, ferroelettricità, superconduttività, biocompatibilità ecc.) e da proprietà (resistenza al calore, durezza, stabilità chimica) superiori a quelle dei materiali ceramici tradizionali, sono ottenuti, invece, per lo più da prodotti di sintesi.
Con riferimento alla composizione, i materiali ceramici si possono raggruppare in tre principali categorie: a) prodotti a base di silicati (in questa categoria sono compresi i materiali tradizionali a base di argilla); b) prodotti a base di ossidi (di alluminio, magnesio, zirconio, berillio, titanio ecc.); c) prodotti a base di non ossidi (grafite, carburi, nitruri ecc.). Dal punto di vista strutturale i prodotti ceramici si possono distinguere in vetrosi, cristallini e vetrosi-cristallini. Con riferimento agli impieghi, fra i composti ceramici vi sono oggetti ornamentali (maioliche e porcellane artistiche) e di uso corrente (porcellane, terraglie, terrecotte), materiali da costruzione (laterizi, grès), prodotti sanitari, refrattari, abrasivi, isolanti elettrici, materiali ferroelettrici e ferromagnetici, semiconduttori, superconduttori, celle solari, protesi biomediche ecc.
I vari prodotti menzionati vengono preparati con materie prime e procedimenti differenti, tutti però comprendenti le seguenti fasi essenziali: a) preparazione delle materie prime; b) impasto; c) formatura (o foggiatura o modellatura); d) essiccamento; e) cottura. Per quei prodotti che lo richiedano, vi sono infine le operazioni di preparazione e applicazione dei rivestimenti (vernici, coperte, smalti). Le materie prime dei prodotti ceramici sono notevolmente diverse: da argille piuttosto impure (per laterizi) ad argille più pure (per terraglie), a miscele di caolino puro, quarzo e feldspato (per porcellane), a silicati di magnesio (talco, steatite), a ossidi (allumina, silice, ossido di bario, di titanio ecc.). Queste sostanze possiedono un diverso grado di modellabilità, data la loro differente plasticità, e quindi per la formatura si usano metodi diversi in relazione anche alle caratteristiche dei manufatti da produrre. Così si può operare a secco oppure a umido, aggiungendo alle materie prime una quantità di acqua variabile da qualche percento (processo a secco) fino al 20-30% e oltre (processo a umido). Quando l’impasto di partenza ha una sufficiente plasticità la formatura può essere fatta a mano comprimendo la pasta, plastica, entro una forma per lo più di gesso, oppure al cosiddetto tornio da vasaio. Gli oggetti formati mediante stampi di gesso vengono lasciati entro la forma per qualche tempo affinché le pareti assorbano una parte dell’umidità della pasta provocandone un rassodamento e un primo ritiro, che consente il facile distacco del manufatto dalle pareti dello stampo. Per la lavorazione al tornio si usano impasti di maggiore consistenza affinché l’oggetto, una volta formato, non si deformi nelle successive manipolazioni. Per molti oggetti, specie di piccolo spessore, o di forma complicata, si può usare un sistema, detto ‘per colaggio’, con cui le materie prime, sotto forma di sospensioni acquose, vengono versate entro stampi di gesso; le pareti interne di questi assorbono parte dell’acqua della sospensione mentre le particelle solide si addensano su di esse formando uno strato che riproduce la forma dello stampo; raggiunto lo spessore voluto, si toglie dallo stampo l’eccesso di sospensione e si lascia poi parzialmente asciugare l’oggetto formato per poterlo estrarre senza deformarlo. Durante l’essiccamento, eseguito a temperatura ambiente o di poco superiore, i manufatti prodotti con paste plastiche ricche di acqua subiscono ritiri sensibili e spesso deformazioni. Per evitare ciò si possono stampare gli oggetti comprimendo fortemente (qualche centinaio di bar) entro forme metalliche le materie prime polverulente e addizionate di piccolissime percentuali di acqua (circa 12%). Il sistema si usa largamente nella preparazione di mattoni, di piastrelle ecc. Gli oggetti stampati a pressione anche elevata non presentano una struttura perfettamente uniforme in tutti i punti per varie cause. Specie per manufatti usati in elettrotecnica e in elettronica, che hanno in genere volume piccolo rispetto alla superficie, si ricorre a sistemi di compressione isostatica: la polvere viene immessa in uno stampo flessibile (di gomma, a pareti spesse ecc.), immerso in un fluido praticamente incomprimibile sul quale viene esercitata la pressione, che così si trasmette in uguale misura a tutti i punti della superficie dell’oggetto da stampare. La cottura viene effettuata per tutti i manufatti ceramici, qualunque sia il sistema usato per la formatura. La temperatura di cottura varia a seconda delle materie prime usate e delle caratteristiche desiderate nei manufatti: tra 900-1400 °C per i materiali ceramici a base di argille, tra 1400-1700 °C in aria per i prodotti ceramici avanzati a base di ossidi, tra 1700-2200 °C in atmosfere inerti o sotto vuoto per i materiali ceramici a base di non ossidi (nitruri, carburi ecc.). Gli oggetti formati possono subire una o due cotture, in relazione al tipo di rivestimento utilizzato. I rivestimenti più usati sono di due tipi: vernici e smalti. Le prime sono trasparenti, cioè lasciano vedere la pasta sottostante. Degli smalti, il più noto e più usato è quello bianco brillante, reso opaco con ossido di stagno, che forma il classico rivestimento della maiolica. Vernici e smalti si colorano facilmente con ossidi metallici (di ferro, di rame, di cobalto, di cromo, di manganese, di nichel, di uranio ecc.).
Le proprietà fisiche e meccaniche dei manufatti ceramici variano con la natura dei prodotti di partenza, ma per ogni tipo cambiano anche in funzione della temperatura raggiunta nella cottura. Nella cottura le sostanze più facilmente fusibili (impurezze delle argille, feldspati ecc.) formano una massa vetrosa che avvolge e riveste i granuli dei componenti non fusibili, cosicché dopo la cottura la struttura di questi prodotti risulta costituita da una o più fasi cristalline (quarzo, mullite) e da una fase vetrosa che lega i cristalli formando un materiale quasi privo di porosità, dotato di buone proprietà meccaniche. Poiché la fase vetrosa conferisce resistenza meccanica, impermeabilità, ma anche fragilità e le fasi cristalline conferiscono minore dilatabilità, maggiore refrattarietà e durezza, ne deriva che le proprietà dei prodotti ceramici dipendono dal rapporto fra le quantità delle due fasi presenti, oltre che dalla loro natura. Così, poiché le fasi vetrose acquistano ad alta temperatura una certa conduttività, di tipo ionico, una porcellana ricca di fase vetrosa non può essere usata come isolante per alte frequenze. Le proprietà dielettriche dei materiali ceramici possono essere migliorate o riducendo la quantità della fase vetrosa o modificando la sua natura (e talvolta anche quella delle fasi cristalline). Così, si può sostituire, nelle normali porcellane, parte degli ossidi alcalini (di sodio o di potassio), provenienti per lo più dal feldspato, con ossidi alcalino-terrosi (di bario ecc.) che impartiscono alla fase vetrosa minore fusibilità e anche minore mobilità ionica. Fra i prodotti ceramici cristallini si ricordano: le c. a base di allumina, nelle quali la fase cristallina è costituita quasi esclusivamente da α-allumina (ne contengono dall’80 al 99%); sono caratterizzate da elevata resistenza agli agenti chimici, agli sbalzi termici, all’usura; le c. allo zirconio, costituite da piccole percentuali di fase vetrosa che cementa cristalli di zircone, ZrO2•SiO2; hanno buone proprietà meccaniche, ma sono di costo elevato; il loro coefficiente di dilatazione si approssima a quello di alcune leghe metalliche, alle quali possono quindi venire saldati senza che nel raffreddamento si sviluppino pericolose tensioni interne. Rientrano nei materiali cera;mici anche materiali compositi, risultanti dall’unione di metalli e ossidi metallici, detti anche fibre ceramiche, caratterizzati da elevate proprietà meccaniche, di resistenza alle alte temperature, agli sbalzi termici, all’usura ecc., per cui trovano impiego specialmente nella tecnica missilistica; grande interesse presenta anche la produzione di filamenti ceramici, più sottili delle fibre ma con resistenza meccanica molto superiore.
Nel settore elettronico, dove spiccata è la tendenza verso la miniaturizzazione e l’integrazione, componenti complessi (planari o monolitici) basati su un supporto di c. presentano un rapporto qualità/costo particolarmente elevato e tendenzialmente crescente con la messa a punto di nuove tecnologie di produzione e di lavorazione dei materiali ceramici. Tali componenti usano le proprietà elettriche e magnetiche dei diversi composti ceramici, sia per la realizzazione di specifiche funzioni sia per l’integrazione di tali funzioni. I diversi materiali ceramici vengono usati per componenti discreti (per es., capacità e transistori), come pure per substrati e strutture continue (per es., filtri per microonde), e per componenti ibridi (ottenuti per es. dall’integrazione di molti componenti discreti).
Materiali ceramici (detti bioceramici) sono usati per protesi o organi interni artificiali. Componenti a base di allumina vengono impiegati per le protesi ortopediche e dentali in quanto presentano inerzia chimica e capacità di non interferire nella rigenerazione del tessuto circostante. Sono stati messi a punto anche bioceramici a superficie attiva, capaci di stabilire forti legami con l’osso a contatto. Infine, notevole interesse presenta l’impiego di fosfato di calcio per impiantazioni ossee riassorbibili.
Si considera generalmente che la fabbricazione di recipienti ceramici risalga al periodo Neolitico. La c., ottenuta con un impasto di argilla mista a piccolissimi frammenti di pietra, plasmato a crudo e cotto successivamente o a fuoco libero o in forni rudimentali, nel quadro della nuova società preistorica occupa un posto particolarmente importante, perché sono proprio le sue varianti a caratterizzare le differenti culture. La presenza di alcune forme e ornamentazioni ceramiche coincide con l’insediamento di gruppi etnici o di determinate manifestazioni culturali e industriali e ne indica il grado di evoluzione, come la cultura del ‘bicchiere imbutiforme’, del ‘vaso campaniforme’, della ceramica ‘a cordicella’.
Importanza fondamentale per lo sviluppo dell’arte ceramica ebbe l’invenzione del tornio, già impiegato in epoca assai remota in Cina (dinastia Zhou, 12°-11° sec. a.C.), in Babilonia e in Assiria (dove ceramiche invetriate, a smalti di vivaci colori, furono usate come splendida decorazione architettonica in grandiosi fregi figurati, a rilievo, nei palazzi di Ninive, Khorsābād, Nimrud ecc.), in Egitto (dove fin dalla XVIII dinastia si produssero, con tecnica rimasta unica, c. puramente silicee, notevoli per bellezza e varietà di colori), a Troia (II strato).
Le civiltà preistoriche dell’Egeo ebbero c., interessanti come documento di cultura, non altrettanto per valore d’arte. Particolarmente notevole è invece la c. minoica, caratterizzata da una serie di vasi con decorazione pittorica policroma estremamente raffinata: essa ebbe un organico sviluppo stilistico, distinto in varie fasi, da una in cui gli ornati sono geometrici e astratti (stile di Kamàres, 20°-18° sec. a.C.), a una detta naturalistica (motivi animali, floreali ecc.) a una, detta ‘di palazzo’, più stilizzata; si conoscono anche statuette di divinità modellate con grande vivezza. I motivi decorativi minoici furono assimilati dalla civiltà micenea e si moltiplicarono le fabbriche di c. sul continente greco, nelle isole, in Asia Minore, con una progressiva schematizzazione e geometrizzazione che diventò sempre più dominante.
Il nuovo stile che si affermò dopo il 9° sec. a.C. è appunto geometrico e trovò specialmente nella c. attica un elevato rigore sintattico, in cui anche le figure umane sono astrattamente geometrizzate (stile del Dìpylon). Con esso ebbe inizio lo sviluppo della pittura vascolare greca. La decorazione della c. greca si basò sui colori rosso (dell’argilla) e nero (della vernice), e raggiunse una grande raffinatezza, soprattutto lineare, nelle scene figurate, senza variazioni sostanziali dell’effetto coloristico totale.
La c. greca, raggiunse nel 6° e 5° sec. il massimo della perfezione (fig. A), dopo essere passata attraverso varie fasi classificate per varietà locali e caratteristiche di stile, come la fase dei vasi protoattici, fabbricati ad Atene nel 7° sec. a.C., con processioni di animali e scene mitologiche. Le forme più caratteristiche di questo stile sono il cratere, l’anfora, lo skỳphos; le figure sono disegnate con vernice nera sul fondo chiaro dell’argilla e presentano ritocchi di vernice bianca e paonazza. Fra le scuole locali, una delle più antiche fu quella di Corinto, che decadde dopo la metà del 6° secolo. I migliori vasi figurati furono quelli prodotti nell’Attica: dapprima a figure nere, poi (fine 6° sec.) a figure rosse. La produzione si mantenne in genere a un alto livello d’arte; di molti pittori di c., che usavano firmare le loro opere, si conosce bene la personalità.
I prodotti greci furono imitati in Etruria (➔ anche bucchero), nel territorio falisco, in Apulia, in Lucania, in Campania, dando luogo a una produzione italiota. Alla Campania spetta la maggior parte della c. a vernice nera, detta appunto etrusco-campana (4°-2° sec. a.C.).
Verso la metà del 1° sec. a.C. ebbe inizio, in Italia, la produzione dei ‘vasi aretini’, a vernice lucente corallina con decorazione impressa a rilievo; essi si diffusero poi in tutto il mondo romano, e furono imitati in varie fabbriche galliche e germaniche (terra sigillata). Accanto a questa c. fine, continuava naturalmente la produzione all’ingrosso di c. rozza (anfore per liquidi e cereali, doli, lucerne).
Lo studio delle c. medievali riveste grande interesse, oltre che per il loro intrinseco valore, poiché esse furono spesso tramite di influssi fra regioni assai lontane, avendo, come i tessuti e gli altri simili prodotti di arti minori, una circolazione molto vasta. Le tecniche dell’invetriatura, note all’antica Assiria e all’Egitto, passarono ai vasai bizantini che decorarono con graffiti di gusto orientaleggiante vasi ingobbiati e abbelliti di lustri metallici; questi influirono a loro volta sulla ceramica arcaica dell’Islam.
La c. islamica, con la conquista araba della Persia, fuse diverse eredità tecniche del passato (per es. lo smalto stannifero) in un’arte di grande originalità che, sviluppatasi specie dopo l’11° sec., influì su tutto il mondo mediterraneo. Singolare fu il ruolo della c. nella decorazione monumentale, dall’iscrizione all’esterno della cupola della Roccia a Gerusalemme alle intere pareti ricoperte di c. di tanti iwān, minareti, moschee (Samarcanda, Tabriz, Isfahan, Ardabil, Istambul). L’uso monumentale della c. influenzò Bisanzio e, attraverso la Spagna, l’intera Europa dal Rinascimento in poi. Stupende c., specialmente mirabili per colore, furono prodotte in Persia.
Dalla Spagna araba, che diede bellissime c. a lustri metallici, e dall’Italia, ebbe inizio il rinnovamento della c. europea, che durante il Medioevo aveva prodotto c. d’uso comune realizzate con tecniche non raffinate. Non è certo che l’Italia sia debitrice del rivestimento a smalto stannifero alle officine mauro-iberiche, benché il nome di maiolica (da Maiorca, isola delle Baleari) dato dapprima alla c. lustrata italiana, poi a tutta la produzione stannifera, possa sembrare argomento di conferma. In Italia la c. tra 15° e 16° sec. ebbe centri di produzione di alto valore artistico, anche per la decorazione dipinta (fig. B); da qui si diffuse nel 16° sec. in Francia, Germania, Paesi Bassi, Inghilterra, assumendo poi, da uno dei luoghi di massima produzione, Faenza, per antonomasia il nome di faïence. Altri importanti centri italiani di produzione dal Rinascimento sono, tra l’altro, Cafaggiolo, Siena, San Quirico d’Orcia, Montelupo, Casteldurante, Urbino, Albissola.
Un tipo particolare di c. di pasta compatta, impermeabile e opaca, ottenuta con un impasto di argille di roccia sedimentaria cotto ad altissime temperature (grès), di largo impiego nelle antiche civiltà orientali, si diffuse in Europa nel 15° secolo.
Nel corso dei secoli, le c. orientali e islamiche continuarono a essere diffuse e particolarmente apprezzate. La Cina dal 12° sec. a.C. iniziò una produzione al tornio che raggiunse un eccezionale livello tecnico e artistico, sia nel vasellame, di forme raffinatissime, sia in figure modellate (c. delle dinastie Tang e Song); essa fu caratterizzata da grande varietà di forme, continua ricerca di preziose colorazioni (i celebri céladons, color della giada verde, sang-de-boeuf ecc.) e di nuovi metodi tecnici. Fra il 13° e il 15° sec. subentrò una decorazione dipinta a svariati motivi. Sotto la dinastia Ming (15° sec.) si produssero c. dipinte, leggerissime, a motivi bianchi e blu, poi (16°-17° sec.) largamente diffuse e imitate in Europa (Delft). Nei secoli successivi l’enorme produzione proseguì, decadendo solo alla fine del 18° sec. (➔ Cina).
I primi tentativi di imitazione della c. cinese, composta di caolino, feldspati e quarzo, cotti ad alta temperatura, e determinanti un prodotto translucido (porcellana), sono dovuti alla manifattura medicea di Firenze, nel 16° sec. (porcellana dei Medici). Altre imitazioni sorsero nel 17° sec. in Francia e poi altrove. Di una ‘porcellana tenera’ (da distinguersi dalla ‘dura’ di tipo cinese), favorita dalla scoperta di caolino in Sassonia, si ebbero i primi saggi nel 18° sec., con J.F. Böttger (Dresda, 1710). Fabbriche di porcellane sorsero allora ovunque (Dresda, Meissen, Capodimonte, Chelsea ecc.) e produssero, oltre a vasellame di vario tipo, spesso d’imitazione cinese, opere plastiche (statuette, busti, oggetti).
Gli Inglesi sostituirono alla maiolica, detta di Delft dal centro di produzione olandese, la più economica terraglia (impasto bianco e poroso), che per merito specialmente di J. Wedgwood all’inizio del 18° sec. raggiunse un livello eminente.
Per tutto il 19° sec. la produzione di c. e di porcellane continuò, su scala sempre più industriale. L’architettura floreale (Art nouveau) riprese vivacemente l’uso della c. monumentale e proseguì l’elaborazione del disegno della c. industriale, iniziato nel 19° secolo. In questo campo l’architettura e l’industria del 20° sec. hanno raggiunto risultati notevoli, dal punto di vista sia estetico sia tecnico. Nella c. d’uso o ornamentale, accanto alla produzione tradizionale di Meissen, Wedgwood, Richard-Ginori, Herend, Sèvres, Limoges ecc., talora con interpretazioni moderne, si segnala una produzione originale legata alla scultura e alla pittura.