Elemento chimico, di simbolo U, peso atomico 238,03, numero atomico 92; fa parte della serie degli attinidi e venne scoperto nel 1789 da M.H. Klaproth nella pechblenda. Rappresenta il più importante combustibile nucleare per reattori a fissione (➔ reattore).
L’elemento, così come si trova in natura nei suoi minerali, è costituito da un miscuglio dei tre isotopi radioattivi, di cui i più importanti sono 235U (0,7%), fissile, e 238U (99,3%), non fissile, ma fertile in quanto dà luogo a un isotopo fissile del plutonio: sono noti tuttavia numerosi altri isotopi artificiali. L’u. elementare possiede proprietà metalliche assai spiccate; fonde a circa 1130 °C, bolle a circa 3800 °C e assume strutture cristalline diverse al variare della temperatura: in particolare, dalla temperatura ambiente fino a 665 °C l’u. è in forma α, ortorombica, tra 665 e 775 °C è stabile la modificazione β, tetragonale, mentre tra 775 e 1130 °C (punto di fusione) l’u. esiste in forma γ, cubica a corpo centrato. Le densità delle forme α, β e γ sono pari rispettivamente a 19,07, 18,11 e 18,06 g/cm3. La possibilità di esistenza in diverse forme cristalline costituisce un fatto determinante agli effetti del comportamento dell’u. nei reattori nucleari, in quanto la forma α è suscettibile di dilatazioni anisotrope sia per effetto d’irradiazione (➔ radiazione), sia per effetto di riscaldamenti e raffreddamenti alternati.
Dal punto di vista delle proprietà meccaniche, l’u. è un metallo relativamente tenero e duttile a temperatura ambiente e le sue caratteristiche di resistenza peggiorano notevolmente a temperature elevate. Ha conduttività elettrica pari a circa la metà di quella del ferro: la misura della conduttività in adatte condizioni può servire a determinare la purezza del metallo. L’u. reagisce energicamente con tutti gli elementi non metallici e con numerosi elementi metallici per dare i corrispondenti composti. All’aria e allo stato compatto si ossida abbastanza rapidamente, mentre in forma di polvere risulta spesso piroforico. Con acqua bollente forma ossido e idruro (UH3), con acido cloridrico si ha rapida dissoluzione del metallo; l’acido solforico diluito non attacca l’u., mentre quello concentrato e caldo forma lentamente solfato d’u.; l’acido nitrico discioglie lentamente il metallo compatto, ma se questo è in forma suddivisa la reazione può divenire anche esplosiva; gli alcali non attaccano l’u., a meno che non siano presenti perossidi, i quali determinano la formazione di peruranati.
L’u. presenta nei suoi composti numero di ossidazione da +3 a +6. Quest’ultimo è lo stato più stabile, mentre i composti dell’u. tri- e tetravalente sono forti riducenti; di scarso interesse è lo stato +5. Le specie ioniche presenti in soluzione acquosa sono rispettivamente U3+, U4+, UO2+, e UO22+, l’ultima delle quali è lo ione uranile, che dà vita a numerosi sali stabili. Oltre a presentare effetti nocivi legati alla radioattività del metallo, i composti dell’u. sono per la maggior parte chimicamente tossici. Cloruri di u. Il più importante è il tetracloruro, UCl4, solido verde scuro, assai volatile, molto igroscopico, solubile in acqua (le soluzioni sono colorate in verde), insolubile in idrocarburi, cloroformio, etere; si può preparare, per es., facendo reagire il triossido di u. con esacloropropene. Ossidi di u. Sono noti numerosi ossidi di u., alcuni dei quali di composizione non rigorosamente stechiometrica. I più importanti dal punto di vista tecnologico sono il biossido, UO2, il composto U3O8, il triossido, UO3, e il perossido idrato UO4•2H2O. Il biossido, in cristalli neri, insolubili in acqua, si può preparare per riduzione del triossido o per decomposizione termica dell’ossalato di uranile; si usa nell’industria ceramica, dei pigmenti, fotografica, come catalizzatore, oltre che per la preparazione del metallo; isotopicamente arricchito, si usa nella preparazione di pellet impiegati nei reattori di potenza. Il triossido è una polvere rossa o gialla insolubile in acqua, solubile in acido nitrico, che si può preparare per decomposizione termica del nitrato di uranile e si usa nell’industria ceramica e come pigmento; oltre che in forma amorfa, esiste in diverse forme cristalline. L’ossido U3O8 deriva dall’ossidazione a caldo degli ossidi inferiori e di altri composti dell’u. e si presenta colorato in toni variabili dal verde-oliva al verde scuro sino al nero; è stabile al calore fin verso 900 °C, a temperature più elevate libera ossigeno e verso 2000 °C si trasforma in UO2. Il perossido, che non è noto allo stato anidro ma solo in quello idrato, si presenta in forma di cristalli igroscopici, gialli, insolubili in acqua; si prepara per precipitazione da soluzioni acquose di sali di uranile per aggiunta di acqua ossigenata e trova impiego nell’industria ceramica e dei pigmenti. Uraninite Minerale, di colore da grigio scuro a nero, con lucentezza picea o grassa; è ossido di u., UO2, monometrico, quasi sempre con tracce di altri elementi (Pb, Fe, Ca, Ba, Y, Ce, La, Th, As, Bi ecc.), onde si distinguono diverse varietà (ulrichite, bröggerite, cleveite, pechblenda). In masse notevoli è stato rinvenuto nei filoni argentiferi dell’Erzgebirge, specialmente a Jáchymov (Boemia) e Johanngeorgenstadt (Sassonia), ma è frequente anche in Cornovaglia, Norvegia, Giappone, Africa Orientale, USA, Canada. Uranocircite Minerale, di colore verde gialliccio, con lucentezza perlacea; è fosfato idrato di u. e bario, Ba(UO2)2(PO4)2∙10H2O, tetragonale. Uranopilite Minerale di colore giallo in vari toni, con lucentezza sericea; è solfato basico idrato di u., di formula (UO2)6(SO4)(OH)10•12H2O, monoclino. In incrostazioni dall’aspetto di feltro, oppure in masse globulari o terrose, è stato rinvenuto in Boemia. Uranosferite Minerale, di colore giallo arancione o rosso mattone, con lucentezza grassa; ossido idrato di bismuto e u., di formula (UO2) (OH)2BiOOH e simmetria rombica.
L’uso dell’u. è direttamente connesso allo sviluppo dei processi di fissione nucleare e al loro uso a fini bellici e pacifici. L’individuazione e lo sfruttamento di giacimenti di minerali di u. inizia dopo la Seconda guerra mondiale, si sviluppa a metà degli anni 1960, per l’incremento del fabbisogno energetico e i progressi tecnologici nel settore degli impianti nucleari, e negli anni 1970 per le crisi petrolifere, ma poi, completati i piani di sviluppo e messe a punto le tecnologie di recupero dell’u. esausto e di produzione di u. arricchito, la domanda di u. si è ridotta, anche per le preoccupazioni ambientalistiche.
I distretti minerari meglio dotati si incentrano su aree di formazione geologica molto antica: scudo canadese, bacini e altipiani interni delle Montagne Rocciose, scudo siberiano, Africa centrale e australe, Brasile, India e Australia. La produzione mondiale è di circa 44.000 t. Il Canada, principale paese produttore, copre oltre 1/5 del totale; è seguito da Kazakistan, Australia, Namibia, Russia, Niger e Uzbekistan.
I minerali uraniferi utili da un punto di vista metallurgico si dividono in pechblenda e uraninite, dove l’u. ha valenze 4 e 6, ossidi misti, dove l’u. è sotto forma di ossidi di ferro, niobio, tantalio, titanio ecc., ossidi idrati, fosfati, carbonati, vanadati ecc., inclusioni o complessi di u. associati a materiale asfaltico. La produzione di u. per usi nucleari, cioè la preparazione di materiale per gli impianti di arricchimento (per diffusione termica o ultracentrifugazione), si articola in concentrazione del minerale grezzo e successiva purificazione dei concentrati. La prima si effettua con metodi fisici e chimici, eliminando argille e calcari (macinazione, setacciatura, flottazione e separazione gravimetrica) e poi con operazioni chimiche (attacco acido o alcalino a seconda della ganga). La soluzione è poi trattata con resine scambiatrici di ioni o, più spesso, con metodi di estrazione con solvente (per es. composti organici del fosforo). Dalla fase organica o dalla resina si riestrae con soluzione acquosa l’u. e si ritorna a una fase acquosa, con u. in elevata concentrazione, in gran parte decontaminata e da cui l’u. può essere facilmente precipitato, in genere come diuranato di ammonio, (NH4)2U2O7. La concentrazione (tramite estrazione con solvente organico, riestrazione con acqua e precipitazione con ammoniaca) si effettua anche a partire dalla soluzione acida ottenuta nella preparazione dell’acido fosforico con un attacco per via umida delle fosforiti. Per l’elevata purezza richiesta dall’u. per gli usi nucleari si procede a un’altra purificazione per estrazione con solvente dalla soluzione nitrica, ottenuta per digestione dei concentrati in acido nitrico. L’u. passa in soluzione come nitrato di uranile, estratto con tributilfosfato in cherosene. Le successive operazioni si riassumono in: a) riestrazione in acqua, concentrazione per evaporazione e decomposizione termica del nitrato di uranile con formazione di UO3; b) riduzione a UO2, a 400-450 °C in atmosfera di ammoniaca (i solfati presenti sono decomposti e lo zolfo è eliminato come H2S con il vapore d’acqua prodotto dalla reazione); c) trasformazione del biossido in tetrafluoruro, UF4, con acido fluoridrico anidro a 450-600 °C (la reazione elimina elementi che formano fluoruri volatili in condizioni di reazione come silicio, boro, arsenico e buona parte del molibdeno); d) trasformazione del tetrafluoruro in esafluoruro, UF6, che è l’unico composto gassoso dell’u. su cui si può operare a temperature prossime a quelle ambiente (ca. 60 °C) e che si usa perciò negli impianti di arricchimento nell’isotopo fissile. Per alcuni usi è richiesto u. metallico. Il tetrafluoruro di u. è il prodotto più adatto per ottenere il metallo. La riduzione dell’alogenuro di u. si effettua con sodio, calcio o magnesio in recipienti di acciaio rivestiti all’interno di refrattari (se si adopera calcio si usa CaF2) e il prodotto ottenuto contiene u. di norma oltre il 98%. È possibile, ma meno usata, la riduzione diretta degli ossidi di u. usando calcio, magnesio o alluminio (si ha però grande esotermicità della reazione e, per l’alluminio, formazione di composti intermetallici). Si ottiene u. per via elettrolitica usando alogenuri di u. disciolti in bagni di sali fusi giungendo direttamente a u. di elevata purezza (99,9% ca.). L’u. metallico si lavora a caldo e a freddo: si può forgiare, laminare, estrudere ecc. l’u. badando nella lavorazione a freddo a non eccedere nell’entità della deformazione, e in quella a caldo operando in atmosfera di gas inerte per evitare ossidazione. 5.U. impoverito
Materiale ottenuto come sottoprodotto del processo di arricchimento dell’u., nel quale il contenuto negli isotopi 235U e 234U è inferiore a quello presente nell’u. naturale (rispettivamente 0,711% e 0,0054% in massa), con radioattività di circa il 60%. Ha impieghi civili (industria aeronautica e aerospaziale, contenitori per il trasporto di materiali radioattivi ecc.) e soprattutto militari, tal quale o in lega con titanio, come componente di corazze protettive per carri armati e di munizioni a elevata penetrazione.