Elemento radioattivo, transuranico, di simbolo Pu, di numero atomico 94, di cui si conoscono gli isotopi con numeri di massa da 232 a 246; quelli con tempo di dimezzamento più lungo hanno numero di massa 242 e 244. All’elemento, scoperto nel 1941, è stato assegnato questo nome perché viene dopo il nettunio (numero atomico 93), per analogia con i quasi omonimi pianeti.
L’isotopo di massa 239 si produce irradiando con neutroni 23892U: si forma 23992U, che, emettendo un elettrone, forma il nettunio 23993Np, il quale a sua volta emette spontaneamente un elettrone dando appunto l’isotopo 23994Pu. Questo, irradiato con neutroni lenti, subisce una fissione e quindi può essere usato come combustibile nucleare (➔ reattore); ha una vita media di circa 24.300 anni; si decompone lentamente emettendo particelle α. Tracce di p. sono state rilevate nei giacimenti di uranio, spontaneamente formatesi in seguito alle stesse reazioni che hanno luogo nei reattori nucleari.
Il p. esiste in ben 6 modificazioni allotropiche (unico esempio tra i metalli), stabili, a pressione atmosferica, in diversi intervalli di temperatura. Il p. puro è di colore bianco argenteo, ha densità 19,816 g/cm3 (a 25 °C) e punto di fusione 639 °C. Le variazioni di densità, di resistività elettrica e di dimensioni che questo metallo subisce con la temperatura, unitamente alla sua elevata tossicità, ne rendono particolarmente laborioso il trattamento metallurgico. Il p. forma composti con tutti gli elementi non metallici (eccetto i gas rari); con l’acido cloridrico esso forma un cloruro, PuCl3, con l’ossido di carbonio due carburi (PuC e Pu2C3), con NH3 e con N2 un azoturo, PuN ecc.; si scioglie negli acidi minerali; l’acido nitrico passiva il metallo, ma aggiungendo all’acido HF questo scioglie il velo di ossido e il p. risulta solubile in una miscela di HNO3−HF. Il p. si presenta stabile all’aria secca, mentre in presenza di umidità si ricopre di uno strato di ossido.
I composti principali del p. sono gli ossidi, gli ossalati, il fluoruro. L’ossido PuO2, che fonde a circa 2400 °C, può essere importante come combustibile nucleare ed è un intermedio nella preparazione del fluoruro; questo, PuF4, si ottiene infatti facendo passare una miscela di HF e O2 su PuO2 a circa 600 °C. Gli ossalati del p. tri- e tetravalente, cioè Pu2(C2O4)3•10H2O, Pu(C2O4)2•6H2O, precipitano per aggiunta di acido ossalico o di ossalati alcalini a soluzioni di nitrato di p.; per calcinazione a circa 500 °C forniscono ossido di p., PuO2. Il p. si presenta nei suoi composti con stato di ossidazione variabile, da 3 a 6; gli ioni nei vari stati di ossidazione presentano colorazione differente (blu-viola, giallo-bruno e rossastro, rosa); i loro spettri presentano bande di assorbimento nette che si prestano per l’identificazione degli ioni nei diversi stati di ossidazione. Il p. forma con lo ione cloro, nitrico, solforico, ossalico e citrico ioni complessi di diversa natura, a seconda del suo stato di valenza.
Il p. viene recuperato e separato dall’uranio nelle operazioni di rilavorazione del combustibile nucleare. Quando questo è tolto dal reattore si lascia ‘raffreddare’ per un periodo sufficientemente lungo (alcuni mesi), per consentire il decadimento degli isotopi radioattivi a vita media relativamente breve; successivamente il p. si separa con processi in soluzione acquosa o pirometallurgici. Per i primi è necessario procedere alla solubilizzazione del combustibile irradiato e raffreddato, ciò che si fa con attacco mediante acido nitrico in modo da trasformare uranio e p. sotto forma di nitrato. A questo punto si tratta di separare dalla soluzione contenente il sale di uranio le piccole quantità di sale di p. presenti; inizialmente si è adottato un sistema per coprecipitazione selettiva del p. fosfato di bismuto; successivamente si sono adottati, perché più convenienti, processi di estrazione liquido-liquido usando come solvente soprattutto tributilfosfato, diluito al 30% circa in cherosene (processo noto con il nome di Purex). La soluzione nitrica viene estratta mediante solvente; nitrato di uranio e p. passano dalla fase acquosa a quella organica, mentre rimane nella soluzione acquosa la maggior parte degli altri prodotti di fissione; successivamente, trattando la fase organica con un riducente, il p. da tetravalente si riduce a trivalente e diviene solubile in acqua e separabile dal nitrato di uranio che rimane nella fase organica. La purificazione del nitrato di p. così ottenuto si effettua estraendo con il solvente i nitrati dalla fase acquosa previamente ossidata e ripetendo sulla fase organica i trattamenti precedentemente descritti. Si ottiene così quasi totalmente il p. presente a elevato grado di purezza. Sono allo studio metodi pirometallurgici per la rilavorazione dei combustibili di reattori veloci che si basano sulla fusione del combustibile; durante questa operazione si allontanano i prodotti di fissione volatili e poi dalla massa fusa si estrae il p., utilizzando per es. sali fusi o metalli fusi nei quali il p. risulti preferenzialmente solubile. Il p. forma leghe con numerosi metalli, che sono state di recente sistematicamente studiate.
Il p. fissile è utilizzato come combustibile nucleare per produrre energia; il suo decadimento radioattivo sviluppa calore con notevole regolarità, ciò che riesce particolarmente utile in piccoli generatori nucleari, spaziali o terrestri, o in altri dispositivi per usi pacifici (cuore artificiale ecc.); è usato anche come prodotto base per le armi nucleari.
La sindrome anatomoclinica indotta da dosi tossiche di p. radioattivo è detta plutonismo.
Il p. e gli elementi transplutonici sono poco o niente assorbiti dal tubo digerente, mentre la loro penetrazione per via respiratoria è seguita da localizzazione in vari organi (fegato, reni, milza ecc.), tra cui l’osso con danni al midollo osseo e compromissione dell’emopoiesi. L’eliminazione del p. fissatosi nell’organismo avviene con estrema lentezza (parecchi anni) ma può essere accelerata dalla somministrazione di chelanti tra cui l’acido etilendiamminotetracetico (EDTA) ecc. Le concentrazioni di p. nell’aria e nell’acqua potabile ritenute non lesive per l’uomo sono quelle inferiori rispettivamente a 7,4∙102 e 2,2∙105 becquerel/m3.