Arte di dipingere, raffigurando qualche cosa, o esprimendo altrimenti l’intuizione della fantasia, per mezzo di linee, colori, masse, valori e toni su una superficie. I procedimenti che permettono di fissare su una superficie (supporto) sostanze coloranti o pigmenti, secondo la volontà e il progetto dell’artista, hanno avuto nel corso dei secoli variazioni e preferenze.
Si tracciano qui di seguito alcune caratteristiche generali delle varie tecniche di p. (affresco, acquerello, encausto, guazzo, p. a tempera, p. a olio ecc.); la p. vascolare (ceramica) e tecniche come il mosaico, la vetrata, la miniatura, pur rientrando nell’ambito della p. per lo sviluppo della figurazione su una superficie, hanno invece una fisionomia propria per le particolarità della tecnica e della loro applicazione.
Le notizie sulle tecniche della p., tratte da fonti storiche e tramandate da ricettari e trattati, pervenuti a partire dal Medioevo, hanno avuto approfondimenti e verifiche soprattutto attraverso le più sofisticate tecniche d’indagine e restauro. Riguardo al supporto si può parlare di supporti fissi (soprattutto affresco e p. murale in genere, ma anche p. su strutture lignee, per es. soffitti) e di supporti mobili (p. su tavola, su tela, su avorio, su carta, rame, vetro; fig. 1). Raramente la p. è eseguita direttamente sul supporto, che in genere riceve un’adeguata preparazione (intonaci per la superficie muraria; vari tipi di imprimitura, generalmente a gesso e colla, per tavole e tele). L’eventuale disegno preparatorio è tracciato sull’imprimitura (per la p. a tempera, a olio ecc.). Nell’affresco, con il diffondersi delle grandi decorazioni (soprattutto dal 13°-14° sec.), si approda all’uso delle giornate, ossia stesure di parti di intonaco corrispondenti a quanto il pittore intende dipingere in una giornata, e della sinopia, disegno preparatorio d’insieme tracciato sullo strato precedente all’ultima stesura di intonaco (arriccio; fig. 2).
Diversi sono i modi in cui il colore si fissa al supporto e i tipi di legante o solvente con il quale viene stemperato il colore. Nell’affresco il colore (diluito in acqua) si passa sull’intonaco fresco, legandosi poi nell’essiccazione all’intonaco stesso attraverso il processo chimico della carbonatazione della calce. In altre tecniche il legante è mescolato al colore: nella p. a tempera il colore in polvere, mescolato a sostanze agglutinanti (uovo, latte, caseina, colle animali ecc.) e alla biacca, si scioglie con acqua e si usa sia sul supporto ligneo sia sul supporto murario (ma anche su tela, carta ecc.); nella p. a encausto i colori sono sciolti nella cera fusa e applicati a pennello o a ferro riscaldato su supporti murali, lignei, ma anche su terracotta, marmo, avorio; nella p. a olio i pigmenti, stemperati in oli in genere vegetali (di semi di lino, di papavero, noce) e diluiti con altre essenze, sono stesi con pennelli o spatole su supporti lignei, su tela, ma anche su superfici murarie. Nell’acquerello e nel guazzo il colore è diluito in acqua con aggiunta di gomma arabica e colle, e si usa soprattutto su carta, ma anche su altri supporti; le due tecniche, diffuse in forma autonoma dal 18° sec., si distinguono per una maggior trasparenza dell’acquerello, che cerca i chiari dal fondo, rispetto alle tonalità perlacee e opaline dei chiari, ottenuti con biacca. La superficie dipinta può ricevere un trattamento finale (con vernici, cera ecc.) a scopo protettivo o estetico.
Nell’Oriente antico e in Egitto per la p. murale sembra fosse usata una tecnica simile alla tempera e che l’encausto fosse invece introdotto, per influsso ellenico, verso il 4° sec. a.C. Vivace, policroma e decorativa fu la p. cretese-micenea. La p. greca, di cui rimangono scarse testimonianze dirette, in età arcaica si limitò ai colori bianco, nero, rosso, giallo, ottenendo poi per mescolanza toni bluastri e verdastri. I supporti erano lastre fittili o lignee, con o senza preparazione (metope, pìnakes votivi e forse anche quadri parietali). Nella seconda metà del 4° sec. si arrivò anche a una tecnica impressionistica, che fiorì nell’ellenismo, e che fu in seguito sviluppata nella p. campana e romana. Questa, accanto al genere celebrativo e narrativo (quadri trionfali, ritratti ecc.), ebbe soprattutto un compito decorativo. Si usò generalmente la tecnica dell’affresco, ma si adoperarono anche l’encausto e la tempera. Nella p. etrusca fu adoperato l’affresco, con strato di preparazione sottilissimo. I ritratti delle mummie egiziane dal Fayyum (2° sec. d.C.) sono eseguiti a tempera su tela senza preparazione, o su tela o tavola con preparazione di gesso e colori a cera, o su tavola con colori a cera applicati con il cestro.
Nel Medioevo l’encausto ebbe qualche seguito in ambito bizantino nelle più antiche icone; per la p. murale prevalse l’affresco (che nella sua forma definitiva di ‘buon fresco’ sarà diffusamente usato dal Rinascimento), inizialmente condotto nel cosiddetto fresco-secco (o misto), ovvero sull’intonaco secco, poi pomiciato e ribagnato, e poi ritoccato e completato a tempera. Dal tardo Medioevo è ampiamente documentato l’uso della sinopia e poi del cartone, quest’ultimo usato anche nella p. su supporto mobile. Nella p. su tavola (preparata con un’imprimitura a gesso e colla e spesso preventivamente rivestita di tela, cuoio o pergamena) si usò la tempera (per lo più all’uovo) fino al diffondersi della p. a olio. Già prima del 14° sec. si usava coprire di vernice, dopo l’essiccamento, le tavole dipinte. Nei dipinti di grandi dimensioni, per i quali era necessaria più di una tavola, si ricorreva a particolari sistemi di intavolatura («parchettatura», parquetage) per frenare i movimenti dei legni. La p. a olio – di cui si ha notizia già nel 12° sec. – era usata dai Fiamminghi fin dal 14° sec., ma fu portata a perfezione e diffusione dai van Eyck (prima metà del 15° sec.).
Dopo la metà del 15° sec. in Italia le maggiori dimensioni richieste per i dipinti stimolarono l’uso della tela; l’uso della tela libera su telaio fu diffuso dai Veneti, che introdussero anche l’impiego delle tele applicate ai muri (teleri) in funzione di decorazione murale. La tecnica degli impasti a corpo, praticata da Tiziano, rimase tipicamente italiana: sull’abbozzo a corpo, essiccato, si modellava a velature. Tipica del Cinquecento veneziano fu la p. tonale. È una p. impostata su rapporti di tono, tramite stesure di colore sottoposte a un accordo unitario modulato dalla luce ambientale, che assumono esse stesse valori di luce e ombra; in essa anche gli effetti plastici e spaziali si ottengono attraverso rapporti di valori cromatici. Contemporaneamente Leonardo e Raffaello perfezionavano la tecnica degli impasti leggeri, distesi con regolare uniformità di spessore e fusi su un abbozzo a velatura. Nel 18° sec., specie in Francia, l’uso della trementina come diluente si sostituì a quello dell’olio; si affermò in pari tempo la voga del pastello. Nel 19° sec., l’impressionismo rinnovò anche la tecnica della p.; il colore fu applicato nei toni puri dello spettro, nella ricerca della luminosità assoluta.
Il progresso scientifico e industriale, che ha moltiplicato le possibilità nell’ambito dei supporti e dei materiali della p., e la sperimentazione artistica delle avanguardie del Novecento hanno portato alla creazione di nuovi mezzi espressivi, dalla p. polimaterica al collage, ripresi e rinnovati nel secondo dopoguerra in tendenze che affermano la volontà di superamento dei confini tra le arti. Dopo gli anni 1970 si assiste tuttavia a un ritorno a tecniche tradizionali. Nell’ambito della p. murale si ricorda un tipo di p. eseguito su muro, con mezzi simili o diversi da quelli dell’affresco, nato nel clima della rivoluzione popolare messicana dei primi decenni del 20° sec. (➔ murale); inoltre, un fenomeno particolare è costituito dai cosiddetti graffiti metropolitani, scritte e immagini dipinte su muri o saracinesche con bombolette spray di colore, espressione spontanea del disagio giovanile riproposta anche da artisti come K. Haring (➔ graffito).
La p. cinese (➔ Cina), quale la conosciamo attraverso i monumenti giunti fino a noi, è già il punto di arrivo di una lunga evoluzione; tecnicamente raffinata, quindi, e padrona dei più svariati processi: affresco e p. murale in genere, p. su carta, su tela ecc. Importante aspetto della p. in Cina è stata la decorazione di oggetti, l’arte della porcellana e quella della lacca, diffusa in Giappone attraverso la Corea.
Il Giappone, oltre che per la lacca, è stato tributario della Cina anche per le altre tecniche, anche se, in alcuni periodi della sua storia artistica, ha creato proprie scuole profondamente originali, e un genere del tutto caratteristico, quale quello della p. illustrativa su rotuli.
In India l’arte pittorica ha avuto grande rilievo e ha conosciuto, per lo meno dal periodo Gupta (4°-6° sec. d.C.), la tecnica della p. murale a secco e a tempera, con una notevole ricchezza cromatica. Una particolare fioritura ha avuto nel 16°-18° sec. la miniatura, praticata in alcune regioni fin dall’11° secolo.