Chiusura formata da una o più lastre di vetro o di cristallo, sostenute da apposita intelaiatura, per formare porte o finestre. Nelle realizzazioni artistiche può essere costituita da un insieme di frammenti vitrei colorati, sagomati e commessi secondo un disegno prestabilito. Già nell’architettura paleocristiana, accanto al consueto uso di lastre sottilissime di selenite o alabastro, è testimoniato l’impiego del vetro per chiudere grandi finestre (Prudenzio, Lattanzio, Gregorio di Tours, Paolo Silenziario).
La possibilità di sostituire gli antichi telai di pietra, malta o legno con sostegni di metallo e di connettere con liste di piombo frammenti di vetro per costruire un disegno figurato segnò l’inizio dell’arte delle v., che raggiunse il massimo splendore nel 12°-15° secolo. In precedenza, con il perfezionamento della tecnica, era stato introdotto anche l’uso di dipingere il vetro (v. della cattedrale di Reims, 960-988); a Cluny esisteva un laboratorio di vetri fin dalla metà dell’11° sec.; esempi notevoli di v. si erano avuti in Germania e in Alsazia.
Agli inizi del 12° sec. Teofilo ne descrisse tecnica e procedimenti. Si eseguivano modelli in grandezza reale (su legno o su altri materiali; per influsso italiano, nel 15° sec., su cartone); sul modello si disponevano i vetri di diverso colore ottenuti aggiungendo sali minerali, ossido di ferro, verde-rame, cobalto alla sabbia silicea. Colori composti si ottenevano anche con la sovrapposizione di lastre di colore diverso. I vetri erano tagliati con una punta metallica incandescente (più tardi con una punta di diamante) e montati su un telaio provvisorio. Il maestro dipingeva i singoli pezzi in chiaroscuro (grisaille) con uno o due colori scuri, in genere composti di polvere di vetro e di metalli triturati sospesi in un liquido (vino, resina). Le luci erano ottenute alleggerendo o raschiando la grisaille; il vetro dipinto era poi sottoposto a cottura. I pezzi erano incastrati in un’armatura di piombo che seguiva i contorni delle figure; la v. impiombata era inserita in un telaio, di legno o più generalmente di ferro.
Come in altre manifestazioni artistiche del Medioevo, così anche nella v. la Francia è il paese-guida. La v. gotica dà esempi altissimi nell’abbaziale di St.-Denis, e dalla scuola dei vetrai di Notre-Dame muovono i maestri di Chartres, Angers, Poitiers, Rouen, della Sainte-Chapelle a Parigi. In rapporto con la Francia è la v. in Inghilterra. In Italia i maggiori centri di sviluppo e diffusione furono Siena, Firenze, Assisi. Dal 14° sec. in Italia la v. è spesso opera di collaborazione; i pittori forniscono il disegno, e il vasto artigianato provvede all’esecuzione. A Firenze Ghiberti, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Donatello danno cartoni per le v. del duomo. A Venezia la vetrata dei SS. Giovanni e Paolo è disegnata da A. Vivarini e G. Mocetto; in Lombardia le v. del duomo di Milano costituiranno esempio per il 15° e 16° sec.; a S. Petronio e a S. Giovanni in Monte di Bologna si fecero v. bellissime su disegno di F. Francia e di F. del Cossa.
In Francia fu introdotto nel 15° sec. un colorante, detto Jean Cousin dall’artista che lo avrebbe usato per primo. Era un rosso ferroso, simile alla grisaille e allo smalto. Nel secondo quarto del 16° sec. furono diffusi, sempre in Francia, i procedimenti degli smalti: si colorarono le lastre con paste vitree ottenute da polveri vetrose contenenti piombo e sottoposte a cottura. La conseguenza fu superare l’impiombatura, potendo applicare i colori direttamente sulla lastra. A Roma, sotto Giulio II, fu celebre nella nuova tecnica G. de Marcillat.
L’arte della v. colorata, decaduta nel periodo barocco e rococò, cercò di rinnovarsi nel periodo romantico per opera dei preraffaelliti, dei Nazareni, dei puristi. Tra 19° e 20° sec. l’art nouveau dette notevole impulso alla v. moderna. In Italia C. Picchiarini riportò la tecnica all’antica purezza, escludendo quasi totalmente il ritocco. Intorno a lui lavorarono U. Bottazzi, V. Grassi, P. Paschetto, B. Biagetti, C. Mezzana e D. Cambellotti (sue le v. per la cappella della Flagellazione a Gerusalemme, 1929). L’arte vetraria trovò possibilità nuove in opere, spesso pubbliche, di artisti contemporanei (M. Sironi, Palazzo del ministero delle Corporazioni, poi dell’Industria e Commercio, a Roma; F. Léger, chiesa di Audincourt; Le Corbusier, cappella di Ronchamp; K. New, L. Lee, G. Clarke, T. Piper, nuova cattedrale di Coventry; M. Chagall, sinagoga a Gerusalemme).