In senso ristretto e dal punto di vista petrografico, roccia calcarea che, per effetto di metamorfismo dinamico o di contatto, ha assunto una struttura cristallina, a grana piuttosto uniforme più o meno grossa, in modo da presentare l’aspetto di zucchero in pani, per cui è chiamata anche calcare saccaroide. Nella terminologia tecnica sono denominate m. tutte le rocce suscettibili di essere lavorate e lucidate in modo da costituire materiale decorativo: lastre, blocchi, colonne, architravi.
I m. sono costituiti essenzialmente di calcite, in cristalli o granuli di dimensioni comprese fra 0,2 e 5 mm, talvolta compenetrati. Possono contenere anche silicati di calcio, e in tal caso sono detti impuri o a silicati di calcio. Quali componenti accessori possono contenere quarzo, grafite, clorite, rutilo, granati, spinelli, anfiboli, sostanze carboniose ecc., e in dipendenza della diversa natura e distribuzione di tali componenti o per la presenza di sostanze in miscela isomorfa con il carbonato di calcio possono assumere le più svariate tinte: grigia, verdastra, giallastra, nerastra ecc. Se la loro colorazione è uniforme, si dicono monocromi, nel caso contrario policromi, ulteriormente suddivisi a seconda dell’aspetto, che, per uno stesso m., può anche variare, a seconda della direzione del taglio, in: venati, broccati, listati, screziati, fioriti, dendritici ecc. I tipi classici di m. saccaroidi si trovano, in Italia, nelle Alpi Apuane (m. di Carrara): bianchissimi, traslucidi se puri, si presentano altresì in numerose varietà: statuario, a grana fine; bianco ordinario, a grana più grossa; bianco chiaro, con qualche leggera venatura grigia; bardiglio, di colore grigio tendente all’azzurrognolo ecc. Frequenti sono anche in Piemonte (Pont, Valdieri, Candoglia ecc.), Lombardia (Brescia, Val Brembana, Musso ecc.), Trentino (Predazzo, Val d’Adige ecc.), Veneto (Verona, Vicenza ecc.), Liguria (Levanto, Polcevera ecc.), Puglia (Trani), Sicilia (Messina, Trapani) e in altre località. Noti sono anche i m. della Grecia (isole di Paro e Nasso, Attica ecc.), usati sin dall’antichità per opere di grande valore, della Germania (Baviera, Vestfalia, Slesia ecc.), Belgio, Francia, Svezia, Spagna ecc.
I m. hanno una resistenza alla compressione che varia di solito tra 100 e 200 N/mm2 e densità tra 2400 e 2800 kg/m3; essi trovano innumerevoli impieghi come materiale ornamentale e di rivestimento nelle costruzioni civili: impurità – come silice, idrossidi di ferro, pirite, oligisto, miche, granati ecc. – disseminate intorno a venature o fratture, costituiscono motivi ornamentali come zone, macchie, arborescenze. In lastre sottili presentano una translucidità che conferisce un aspetto anche più interessante alla pietra levigata. Prendono buona lucidatura e si prestano alla scalpellatura. Sono assai usati per decorazione, rivestimento, lastre, pavimenti, come pietra concia e da taglio, però non hanno molta resistenza agli agenti atmosferici, anche a causa delle fratture e delle venature che facilitano la penetrazione dell’umidità e del gelo.
Per l’uso del m. nell’arte ➔ scultura.
Le cave di m. sono generalmente a cielo aperto, pur non mancando i casi in cui è necessario procedere all’abbattimento in sotterraneo, in special modo per le qualità più pregiate. L’uso di mine, ormai assai raro, è limitato ai lavori preparatori (sbancamento del cappellaccio, frantumazione di masse non utilizzabili ecc.), per evitare il danno economico e la notevole mole dei detriti. Il metodo più usato per il distacco delle masse marmoree dal giacimento è il taglio con cavo di acciaio ricoperto di segmenti contenenti diamante industriale di opportuna granulometria. È così possibile tagliare blocchi di dimensioni e forme qualsiasi fino a diverse centinaia di tonnellate. I massi tagliati sono allontanati dal fronte di abbattimento mediante ribaltamento, provocandone cioè lo slittamento su un letto di detriti. Portati sul piazzale della cava, i massi sono ridotti in blocchi di dimensioni tali da agevolarne il trasporto alle segherie dopo essere stati riquadrati da appositi macchinari come telai monolama o telai ancora a filo diamantato. Il trasporto viene realizzato generalmente mediante caricamento su automezzi. Dalle lastre si ricavano i pezzi nelle dimensioni e forme più varie usando le segatrici, a mola di acciaio rivestita a sua volta di segmenti diamantati, o le sagomatrici e le profilatrici. I pezzi così ottenuti sono sottoposti a rifinitura dei piani a mezzo di lucidatrici. In alcuni casi sono richieste operazioni speciali quali la tornitura di colonne, pilastrini, vasi ecc., o l’esecuzione di modanature, di ornati, l’incisione di scritte ecc.; per queste lavorazioni si usano torni simili a quelli paralleli dell’industria meccanica, frese, martelli pneumatici ecc.
Materiale fatto a imitazione del m. e usato in lastre per il rivestimento di pareti. È fabbricato con diversi procedimenti partendo da gesso misto ad allume, solfato di zinco, solfato ferroso, cloruro di calcio e altre sostanze che ne aumentano la resistenza e lo rendono lavabile. La massa così ottenuta, colorata, viene posta in forme e compressa; in seguito si procede alla levigatura e lucidatura. Altri m. artificiali sono ottenuti da lastre di cemento, di amianto o di lavagna sulle quali si applica lo strato colorato protetto con una vernice lucida a base di cellulosa. Infine, interessanti imitazioni del m. si possono ottenere impastando polvere di m. con resine poliestere.