tesoro Nella Grecia antica, edificio a cella, generalmente con facciata a portico fra le ante, offerto da città e popoli alla divinità nei vari santuari, destinato a raccogliere doni votivi e oggetti di culto. Molti ne sorsero nei santuari panellenici di Delfi, di Olimpia, dove si teneva a essere rappresentati con thesauròi.
Custodi dei t. dei santuari erano i tesorieri (ταμίαι), poi istituiti anche per le casse dello Stato. Dapprima i tesorieri furono probabilmente schiavi, poi vennero scelti tra i ceti più abbienti per ragioni di garanzia. In Atene, i più antichi custodi del t. erano i colacreti; importanza assunsero nel corso del 5° sec. a.C. i tesorieri del t. della lega delio-attica, detti ellenotami. I ‘tesorieri della dea (Atena)’ amministravano anche altri fondi (1/60 dei tributi alleati, rimanenze annuali ecc.); dal 434 a.C. furono istituiti, unificando tutti i t. dei santuari attici (tranne quello di Eleusi), i ‘tesorieri degli altri dei’: il t. fu depositato accanto a quello della dea, ma separato da esso, nell’opistodomo del Partenone; successivamente i due t. furono unificati, poi di nuovo separati. Nel 4° sec. a.C., accanto ai custodi del t. di origine sacrale, ne furono creati altri: i sopraintendenti e tesorieri del teorico (➔) e il tesoriere del fondo di guerra. Dal punto di vista economico, la storia del t. si identifica con quella delle finanze dei singoli Stati. Il t. nel senso moderno, come cassa di riserva dello Stato, molto importante nell’Impero persiano achemenide, si ritrova in Grecia con somme notevoli solo in Atene nel 5° sec. a.C., poi si ha di nuovo con Alessandro Magno e i regni ellenistici, oltre che a Cartagine e Roma (➔ erario).