Il termine d. ha due fondamentali accezioni: una indica l’oggetto dell’apprendere e dell’insegnare, la materia dell’insegnamento, e in questo senso, nel Medioevo, fu usato il termine arte; l’altra indica l’atto con il quale si ottiene la disposizione personale ad apprendere e a perfezionarsi. In questa seconda accezione si chiama d. sia il comportamento che scaturisce dalle disposizioni favorevoli del soggetto, dall’interesse e dalle motivazioni propriamente educative, sia quello che scaturisce dal rispetto formale di un codice prefissato di regole date, contemplante sanzioni diverse secondo i casi d’inosservanza.
La storia dell’educazione e della pratica educativa evidenzia, per grandi linee e non senza ritorni o parziali ripensamenti, il progressivo passaggio da una concezione autoritaria o eteronoma della d. scolastica a una concezione più interiorizzata e autonoma della stessa. Nell’antichità e nel Medioevo (e in parte anche nei secoli seguenti e in certi casi anche oggi) si cercava di ottenere la d. interiore con mezzi e procedimenti fondati sull’autorità del maestro, i quali andavano dall’intimazione imperativa all’intimidazione, ai premi e ai castighi. Con l’Umanesimo e il Rinascimento si fanno però sentire le voci che chiedono una d. educativa più rispettosa della personalità dell’educando, fino a quando con l’opera di J.-J. Rousseau Émile (1762) si giunge a disconoscere completamente l’autorità del maestro, concependo unica e vera d. quella che l’educando si dà da sé stesso nel libero esercizio della sua attività. A questa concezione si riallacciano le più moderne concezioni pedagogiche, le quali hanno nello stesso tempo corretto l’errore di Rousseau che, nella negazione dell’autorità, isolava l’educando dalla realtà storica e quindi dalle relazioni sociali.
La d. è anche l’insieme delle regole cui devono essere informati i comportamenti dei soggetti che compongono la comunità scolastica. La violazione di queste regole implica l’insorgenza della responsabilità disciplinare, che comporta l’irrogazione di sanzioni di entità proporzionale alle mancanze commesse dal soggetto responsabile delle stesse. Per i dirigenti scolastici vale la d. fissata dal contratto di categoria, che, in caso di valutazione negativa, prevede la revoca dell’incarico dirigenziale oppure, nei casi più gravi, la risoluzione del rapporto di lavoro. Le responsabilità per i docenti e il personale non docente sono individuabili nella conseguenza di comportamenti antigiuridici derivanti, prevalentemente, da inadempimenti contrattuali. Le sanzioni per i docenti sono previste dal d.p.r. 3/10 gennaio 1957 e dal d. legisl. 297/16 aprile 1994 e vanno dall’avvertimento scritto alla sospensione dall’insegnamento da uno a quattro mesi fino alla destituzione. Per quanto riguarda il personale non docente (collaboratori scolastici, amministrativi e assistenti tecnici) le sanzioni sono regolate dal contratto di lavoro e vanno dal rimprovero verbale o scritto alla sospensione dal servizio senza retribuzione fino a 10 giorni, fino al licenziamento con o senza preavviso. Il contratto collettivo nazionale di lavoro prevede anche la possibilità di applicare multe di importo variabile fino all’equivalente della retribuzione di quattro giorni (art. 90 CCNL). La d. degli studenti è regolata dallo Statuto delle studentesse e degli studenti (d.p.r. 249/24 giugno 1988) che individua i doveri degli studenti e assegna alle singole scuole il compito di individuare i comportamenti che comportano l’insorgere della responsabilità disciplinare degli alunni e le relative sanzioni.
D. militare Insieme delle norme che governano i rapporti tra i militari e dei militari con l’amministrazione e con la società in genere. In Italia si basa sulla l. 382/11 luglio 1978, e sul regolamento di d. militare approvato con d.p.r. 18 luglio 1986 e applicabile nei confronti dei militari che sono in attività di servizio, in luoghi militari o comunque destinati al servizio, che indossano l’uniforme, che si qualificano come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali.
La legge, per garantire l’assolvimento dei compiti propri delle Forze armate, impone ai militari limitazioni nell’esercizio di alcuni dei diritti riconosciuti ai cittadini dalla Costituzione (partecipazione ad attività di partiti, associazioni e organizzazioni politiche e sindacali; esercizio del diritto di sciopero), nonché l’osservanza di particolari doveri nell’ambito dei principi costituzionali. Fra i doveri rientra quello di non eseguire ordini manifestamente rivolti contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce reato. Le sanzioni disciplinari sono distinte in sanzioni disciplinari di Stato, regolate per legge, e sanzioni disciplinari di corpo, secondo il regolamento. Dalle semplici violazioni alla d. militare, punite con sanzioni disciplinari, devono distinguersi i reati contro la d. militare (rivolta; ammutinamento; sedizione militare; insubordinazione; abuso di autorità; duello; istigazione a delinquere), per i quali il codice penale militare di pace prevede pene militari detentive di varia entità.