Il processo attraverso il quale vengono trasmessi ai bambini, o comunque a persone in via di crescita o suscettibili di modifiche nei comportamenti intellettuali e pratici, gli abiti culturali di un gruppo più o meno ampio della società. L’opera educativa è svolta da tutti gli stimoli significativi che raggiungono l’individuo, ma, in modo deliberato e organizzato, da istituti sociali naturali (famiglia, clan, tribù, nazione ecc.), e da istituti appositamente creati (scuole, collegi, centri educativi ecc.).
La riflessione sui problemi e i fenomeni educativi prende il nome di pedagogia. Si definiscono invece scienze dell’e. quelle discipline empiriche che si occupano dei fenomeni, atti e comportamenti educativi. Pur occupando spesso settori scientifici in rapida evoluzione (per es., la psicologia dell’e., la sociologia dell’e., la statistica pedagogica ecc.), esse non si risolvono nell’applicazione di apparati teorici preesistenti, ma hanno una loro autonomia sia per la ricerca (ricerca educativa) sia per la sperimentazione (pedagogia sperimentale).
Sulla natura e le finalità proprie dell’e. le opinioni divergono in ragione dei differenti orientamenti filosofici e culturali sottesi alla riflessione pedagogica. L’accento cade, di volta in volta, sui valori etici dell’e. o sui contenuti del sapere da trasmettere e acquisire, sulla necessità di promuovere la formazione del soggetto, la sua autonomia e libertà ovvero di assicurare l’integrazione dell’individuo nella società tramite l’assimilazione di modelli e comportamenti che ne garantiscono la conservazione e lo sviluppo. Nella pedagogia contemporanea, tuttavia, le concezioni dell’e. sono venute progressivamente allontanandosi da quelle tradizionali, risultando sempre più influenzate dalla sociologia e dalla psicologia, per effetto delle quali è venuta assumendo una dimensione interdisciplinare. Da parte sua l’e. pratica intrattiene rapporti stretti con l’igiene, la medicina preventiva e correttiva, la psicoterapia, lo sport, l’assistenza, l’orientamento scolastico e professionale ecc., tutti momenti e attività che la progettazione educativa è sollecitata a considerare in un contesto coordinato.
Un altro aspetto dell’ampliamento di funzioni educative sta nell’attenzione nuova dedicata alle età precedenti e seguenti a quelle tradizionalmente soggette a e. intenzionale e istituzionale, vale a dire all’età infantile e a quella adulta, riconfermando su basi più aggiornate il principio che l’e. dura tutta la vita ( e. permanente). In questo quadro, l’ e. infantile occupa un posto primario: di qui l’opportunità di un’e. dei genitori e di una revisione delle strutture destinate alla prima infanzia (asili nido, centri di maternità) e di una fase di socializzazione precoce prescolatica (scuole materne, prescuole) per la seconda infanzia. Al polo opposto, l’ e. degli adulti si propone l’alfabetizzazione di quanti non hanno raggiunto un adeguato livello di istruzione (➔ analfabetismo), il completamento dell’e. di base o di quella formazione professionale necessaria a un inserimento funzionale nel lavoro, la libera fruizione delle opere d’arte e della scienza e di quant’altro costituisce il patrimonio culturale di una comunità. Mentre il rapido avanzamento in tutti i settori del sapere rende sempre più evidente e urgente l’esistenza di un aggiornamento continuo, la convenienza di non protrarre troppo a lungo il periodo di scolarità giovanile suggerisce di scaglionare la formazione in tempi diversi, alternando fasi di studio e di lavoro anche nell’età adulta, secondo uno schema di e. ricorrente.
La nozione di e. ambientale si è venuta caratterizzando attraverso il superamento della precedente nozione di e. ecologica, la cui impostazione strettamente naturalistica indirizzava quasi soltanto allo studio degli ambienti naturali nella loro struttura fisica e nei relativi processi di funzionamento. Orientamenti più aggiornati hanno segnalato l’esigenza di considerare, insieme agli agenti fisici, chimici e biologici, anche i fattori umani, sociali, economici e produttivi suscettibili di avere effetti negli ecosistemi e sugli esseri viventi, e con ciò si è espressa l’opportunità di ricorrere a una prospettiva interdisciplinare nell’individuazione dei temi dell’e. ambientale, al fine di promuovere consapevolezza e atteggiamenti responsabili dei singoli e delle comunità verso l’ambiente e il futuro dell’uomo. Nel 1988 i ministri europei dell’E. hanno adottato una risoluzione nella quale indicavano le iniziative da intraprendere per sensibilizzare il pubblico a un’«uso prudente e razionale delle risorse naturali». La Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro del 1992 ha considerato l’e. ambientale indispensabile per «suscitare una coscienza delle questioni ecologiche ed etiche così come dei valori e delle attitudini compatibili con uno sviluppo durevole».
In Italia l’e. ambientale è entrata nei programmi della scuola elementare (1985) e ancora prima in quelli della scuola media (1979); questi ultimi considerano fra gli obiettivi di insegnamento delle scienze sperimentali l’individuazione delle «strette relazioni fra mondo fisico, mondo biologico e comunità umane», nonché la maturazione di un senso di responsabilità nei riguardi dell’ambiente naturale e della gestione delle sue risorse. Il compito di adottare iniziative idonee a sensibilizzare l’opinione pubblica ai problemi dell’ambiente, anche tramite la scuola, è demandato ora al ministero per l’Ambiente, d’intesa con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Tra i due organi sono stati sottoscritti protocolli d’intesa e accordi di programma.
Attualmente i contenuti dell’e. ambientale sono confluiti in uno specifico percorso formativo pluridisciplinare, che si sviluppa secondo le Indicazioni nazionali allegate al d. legisl. 59/2004, partendo dalla scuola dell’infanzia e giungendo fino alla secondaria di primo grado. La disciplina, peraltro, assume una propria connotazione distinta, a livello di obiettivi specifici, solo a partire dalla scuola primaria dove viene indicata come E. ambientale e viene insegnata in questa veste fino alla scuola secondaria di I grado.
È concepita come e. ‘attraverso l’arte’, stimolazione dei momenti intuitivi, immaginativi e creativi del bambino e del preadolescente che, attraverso l’uso delle diverse tecniche e dei linguaggi visivi, giungono a una maturazione più completa della personalità.
Relativamente alla scuola materna, gli Orientamenti dell’attività educativa, emanati nel 1991, riconoscono l’opportunità di introdurre il bambino ai linguaggi della comunicazione ed espressione visiva attraverso le attività grafiche, pittoriche e plastiche. Anche i Programmi didattici per la scuola primaria, emanati nel 1985 danno indicazioni di rilievo per quanto riguarda l’e. all’immagine, l’e. al suono e alla musica.
Come materia d’insegnamento, l’e. artistica ha fatto il suo ingresso nella nuova scuola media istituita nel 1962, ricevendo maggior impulso dai programmi introdotti con il d.m. 9 febbraio 1979. Il dispositivo, informato alla necessità di intendere l’istruzione come acquisizione interattiva dei diversi codici, definisce lo studio delle discipline artistiche e musicali alla stregua di e. alla padronanza di linguaggi specifici, volti a concorrere alla formazione umana e allo sviluppo della sensibilità del preadolescente. Nel percorso formativo che si sviluppa secondo le Indicazioni nazionali allegate al d. legisl. 59/2004, la disciplina assume una propria connotazione distinta solo a partire dalla scuola primaria ove viene indicata come ‘Arte e immagine’ e viene insegnata in questa veste fino alla scuola secondaria di I grado.
Nella fascia dell’istruzione secondaria di secondo grado (l. 1859/31 dicembre 1962 e d.m. 9 febbraio 1979) in gran parte, e in parte minore nella fascia dell’istruzione universitaria, è compresa l’ istruzione artistica, che nell’ordinamento vigente ha lo scopo di avviare gli studenti all’arte pura e applicata. È impartita negli istituti d’arte, nei licei artistici, nelle accademie di belle arti, nei conservatori di musica, nell’accademia nazionale di danza e nell’accademia nazionale d’arte drammatica. La l. 508/1999 ha riformato i conservatori e le accademie, equiparando i relativi titoli ai diplomi di laurea. Il nuovo ordinamento prevede che si possa accedere a questi istituti in possesso di un diploma di scuola superiore. I relativi corsi sono articolati in analogia con i percorsi formativi universitari. Al termine del triennio si consegue il titolo accademico di primo livello, mentre, al termine di un ulteriore percorso biennale di specializzazione viene attribuito il titolo accademico di secondo livello. È possibile, inoltre, frequentare corsi di perfezionamento e master. La riforma non è ancora regime perché necessita di un ulteriore passaggio riformatore nelle scuole secondarie, espressamente previsto dalla l. 53/2003 e dal relativo regolamento di attuazione (d. legisl. 226/2005). Essa prevede nelle scuole secondarie di II grado l’istituzione del liceo musicale e coreutico (art. 8) il cui diploma sarà il titolo di accesso agli Istituti superiori di studi musicali e coreutica. Analogamente è prevista l’istituzione del liceo artistico (art. 4). il cui titolo consentirà la prosecuzione degli studi presso le Accademie di belle arti, l’Accademia nazionale di arte drammatica e gli ISIA.
Ricorrono almeno tre significati di e. civica. In un primo e più generico significato, l’accento cade sulla formazione dell’uomo come soggetto responsabile in quanto membro di una comunità, formazione di cui si cercano i precedenti culturali in una lunga tradizione storica che si fa risalire fino all’antichità. In tal caso, l’e. civica non si traduce in un insegnamento specifico, ma s’identifica con la stessa formazione umana e culturale del soggetto. In altro caso, si fa coincidere l’e. civica con la conoscenza dell’ordinamento politico e giuridico di una determinata comunità, a cui l’allievo viene progressivamente introdotto al fine di poter svolgere una funzione attiva e responsabile nel contesto della vita civile e sociale. La terza accezione costituisce quasi il completamento della definizione precedente, in quanto raccomanda la pratica diretta delle regole della convivenza civile, a cominciare dalla partecipazione degli allievi alla gestione stessa delle attività scolastiche.
È l’e. del corpo umano intesa come miglioramento e disciplina del proprio strumento corporeo. In Italia, sebbene molti siano stati i fautori della diffusione dell’e. fisica nelle scuole e nell’esercito, e molte le disposizioni (per es. la legge Daneo 1909) che tendevano a questa diffusione, il gusto per gli esercizi ginnastici e sportivi si è diffuso piuttosto tardi. Nel 1923, con la riforma della scuola, l’educazione fisica fu affidata all’Ente nazionale educazione fisica (ENEF), che poi fu assorbito nell’Opera nazionale balilla (ONB) riordinata e rinnovata nel 1937 con la costituzione della Gioventù italiana del littorio (GIL). Con decreto del capo provvisorio dello Stato dell’8 novembre 1946 l’e. fisica è stata affidata direttamente alla scuola. A organizzare, promuovere e controllare questa materia provvede il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Con d. legisl. del capo provvisorio dello Stato 29 maggio 1947 fu istituito un ruolo transitorio del personale al quale era affidato l’insegnamento dell’e. fisica nelle scuole secondarie; successivamente, con l. 88/7 febbraio 1958, fu istituito il ruolo organico dei professori di e. fisica delle scuole e istituti d’istruzione secondaria e artistica (per le scuole elementari l’educazione fisica rientra invece nei compiti dell’insegnante ordinario). L’insegnamento dell’e. fisica negli istituti d’istruzione secondaria è stato innovato con d.p.r. 908/1° ottobre 1982, nel quadro di una più adeguata valutazione delle finalità educative della scuola e di più aggiornate indicazioni delle scienze mediche e psico-pedagogiche. Un’innovazione di rilievo è costituita dal fatto che gli obiettivi didattici sono considerati comuni agli alunni e alle alunne. Nello specifico percorso formativo che si sviluppa secondo le Indicazioni nazionali allegate al d. legisl. 59/2004, partendo dalla scuola dell’infanzia e giungendo fino alla secondaria di primo grado, la disciplina assume una propria connotazione distinta solo a partire dalla scuola primaria, ove viene indicata come ‘Scienze motorie e sportive’ e viene insegnata in questa veste fino alla scuola secondaria di I grado. Nella scuola secondaria di secondo grado, l’insegnamento di Scienze motorie e sportive è disciplinato dal d. legisl. 226/2005. Gli obiettivi specifici concernono essenzialmente: il potenziamento fisiologico, l’affinamento e l’integrazione degli schemi motori, il consolidamento del carattere, lo sviluppo della socialità e del senso civico; la conoscenza e la pratica delle attività sportive.
Di fronte al variegato mondo delle immagini, l’e. si pone due direttive principali: l’una è volta a riconoscere e, per quanto possibile, a padroneggiare i linguaggi delle immagini, soprattutto con riguardo all’infanzia e alla prima adolescenza, al fine di indirizzare l’attività immaginativa in senso creativo o produttivo; l’altra è diretta a promuovere un controllo culturale e critico sui messaggi visivi veicolati dai mezzi di comunicazione di massa e a tentare, piuttosto, una loro selezione e integrazione (tutte le volte in cui ciò si rivela opportuno) nel curricolo scolastico, tradizionalmente basato sul linguaggio verbale.
È la disciplina che, nelle diverse accezioni tipiche dei vari contesti formativi, attraverso l’ascolto e la produzione degli eventi fonici, organizzati e disaggregati, concorre alla formazione psico-affettiva dei discenti nelle scuole di ogni ordine e grado. L’introduzione dell’e. musicale nella scuola italiana è iniziativa relativamente recente. Il testo unico sull’istruzione elementare (r.d. 577/5 febbraio 1928) prevedeva l’insegnamento di canto e audizione musicale in tutte le classi della scuola elementare. In conseguenza, musica e canto furono inseriti nei programmi dell’istituto magistrale e della scuola magistrale, che provvedono alla formazione rispettivamente degli insegnanti elementari e di quelli di scuola materna. A partire dal 1963, l’e. musicale è entrata a far parte del piano di studi della scuola media (l. 1859/31 dicembre 1962) quale insegnamento obbligatorio nella prima classe e facoltativo nelle due classi successive; in seguito (l. 348/16 giugno 1977), tale insegnamento è diventato obbligatorio nell’intero corso di scuola media. Attualmente i contenuti dell’e. musicale sono confluiti in uno specifico percorso formativo che si sviluppa secondo le Indicazioni nazionali allegate al d. legisl. 59/2004, partendo dalla scuola dell’infanzia e giungendo fino alla secondaria di primo grado. La disciplina, peraltro, assume una propria connotazione distinta solo a partire dalla scuola primaria ove viene indicata come ‘Musica’ e viene insegnata in questa veste fino alla scuola secondaria di I grado. Il d. legisl. 226/2005 ha istituito i licei musicali-coreutici.
Intesa quale attività volta a far conoscere le condizioni che preservano e favoriscono il benessere funzionale, fisico e mentale, dell’individuo nell’ambiente materiale e sociale di vita, viene considerata con crescente attenzione dagli educatori. Essa non rientrava tuttavia fra le tradizionali materie d’insegnamento. Attualmente, invece, con le Indicazioni nazionali allegate al d. legisl. 59/2004, il legislatore ha delineato un percorso formativo pluridisciplinare, che prevede l’insegnamento dell’e. alla salute fin dalla scuola dell’infanzia e prosegue, con riferimenti sempre più specifici, nella scuola primaria e nella scuola secondaria di I grado.
E. dei ragazzi e dei giovani rispetto ai principali aspetti della vita sessuale. Tale ambito dell’e. si è imposto all’attenzione dell’opinione pubblica, anche in relazione alle modificazioni intervenute nei costumi familiari e sociali e alle sollecitazioni provenienti dai mezzi di comunicazione di massa. Un comune orientamento è che l’e. sessuale non debba rappresentare una specifica materia d’insegnamento, ma inserirsi nell’attività globale o interdisciplinare della scuola e coinvolgere l’impegno programmatico dei docenti e degli organi di rappresentanza delle famiglie.
E. ai corretti comportamenti nell’uso dei mezzi di trasporto. Il grande numero di effetti negativi che si manifestano nel campo dei trasporti stradali (incidenti, inquinamento ambientale, congestione del traffico, consumo eccessivo di carburante ecc.) si traduce in un notevole disagio sociale anche in considerazione del fatto che circa l’80% del traffico passeggeri in Europa avviene con veicoli privati e il 70% del movimento di merci si svolge su strada. Per ridurre il numero di tali effetti negativi, già da tempo ci si è orientati verso interventi volti a rendere più sicure le strade e i veicoli che su di esse transitano; questi interventi non sono tuttavia sufficienti a risolvere i problemi, in specie quello della sicurezza: mezzi e strade più sicuri possono dare infatti al conducente una percezione di sicurezza tale da indurre comportamenti di guida oggettivamente a rischio (soprattutto l’aumento della velocità). A ciò vanno aggiunti interventi formativi, tesi a migliorare i comportamenti degli utenti, da inserire anche nei percorsi scolastici. Già nel codice della strada del 1992 è stato introdotto nella scuola l’obbligo per gli insegnanti di svolgere attività di e. stradale, anche avvalendosi dell’assistenza di associazioni ed enti del settore. I programmi relativi, adottati con decreto interministeriale del 5 agosto 1994, prevedono inoltre la realizzazione di iniziative di carattere pratico, di norma affidate ai docenti di e. fisica. Attualmente l’e. stradale costituisce un percorso formativo interdisciplinare regolato dalle Indicazioni nazionali allegate al d. legisl. 59/2004 che si dispiega dalla scuola primaria alla scuola secondaria di I grado.
Materia d’insegnamento obbligatoria nella scuola media, introdotta in sostituzione delle applicazioni tecniche dalla l. 348/16 giugno 1977, con il programma di valorizzare il lavoro «come esercizio di operatività», oltre alle conoscenze tecniche e tecnologiche. A seguito dell’entrata a regime della l. 53/2003 questo insegnamento è confluito in ‘Tecnologia e Informatica’, disciplina insegnata nelle scuole secondarie di I grado direttamente dagli insegnanti di e. tecnica.
L’ istruzione tecnica è intesa alla formazione di periti e tecnici dei diversi settori (commerciale, industriale, agrario, nautico, aeronautico ecc., con ulteriori specializzazioni interne) e impartita nei diversi tipi di istituto tecnico. Si connota, oltre che per il numero elevato di indirizzi, per il loro diverso livello di specializzazione, ciascuno dei quali consente di accedere al mondo del lavoro, in tutti i suoi molteplici aspetti, e all’università.