C. matrimoniali Suddivisioni esogamiche (meglio note come fratrie o, se in numero di due, metà) in cui si ripartisce la società, indipendentemente dalla divisione della società medesima in clan, sezioni o altri sottogruppi sociali. Questa istituzione si trova presso numerose popolazioni di interesse etnologico (nelle due Americhe, in Melanesia, in Australia e, con minore frequenza, in Africa) e spesso si accompagna a una suddivisione categoriale della realtà che include, oltre alla società stessa, anche il mondo naturale (animali, piante, astri, fenomeni atmosferici ecc.).
C. di età Gruppi sociali istituzionalizzati e obbligatori, i cui membri, appartenenti all’uno o all’altro sesso, vengono reclutati in base all’età relativa e passano collegialmente, secondo scadenze prestabilite, attraverso una serie di stadi (o gradi) successivi, ciascuno associato a specifiche funzioni (militari, politiche, rituali ecc.) e a un preciso status sociale. Tali raggruppamenti permettono la distribuzione e la rotazione del potere all’interno di società prive di un’autorità centrale. L’affiliazione alle c. di età è per lo più riservata ai maschi del gruppo e si accompagna a riti iniziatici che, spesso coincidenti con quelli puberali, sanciscono l’ingresso nel primo grado del sistema. La solidarietà che unisce i coetanei così raggruppati viene a integrare gli altri vincoli sociali. Anche se talvolta si possono avere c. femminili, il sistema delle c. di età è caratteristico delle società patrilineari acefale: la sua forma tipica si trova presso vari popoli dell’Africa centro-orientale (Galla, Lango, Masai, Nandi, Turkana, Kamba, Kikuyu, Giriamo ecc.), ma sistemi analoghi vigono anche fra i Kru della costa di Guinea, fra gli Hidatsa, i Blackfeet e altri Indiani delle praterie nordamericane. L’età e la diversa posizione dell’individuo nella società in dipendenza di essa (essere passati o meno attraverso l’iniziazione tribale, essere o meno sposati ecc.) creano distinzioni sociali più o meno nette presso quasi tutti i popoli.
Categoria tassonomica compresa tra la divisione (o phylum) e l’ordine. Le c. sono indicate di norma dalla desinenza -opsida per le piante vascolari, -phyceae per le alghe, -mycetes per i funghi, -lichenes per i licheni, ma spesso si conservano altre denominazioni: per es. la sottodivisione Angiosperme comprende le due c. Mono- e Dicotiledoni.
In cristallografia, ciascuno dei 32 aggruppamenti delle forme dei cristalli fatto in base ai 32 gradi di simmetria possibili.
L’appartenenza di un amplificatore (➔) a una delle c. A, B, C o AB ne individua le caratteristiche di funzionamento.
In radiotecnica, emissioni in c. A, B, C sono, rispettivamente, quelle modulate d’ampiezza, di frequenza (o fase) e a impulsi.
Unità elementare di una scuola, risultante dal raggruppamento degli alunni che seguono lo stesso anno di corso. L’ordinamento per c. è caratteristico dell’istruzione primaria, secondaria e artistica; non dell’istruzione universitaria dove la frequenza dei singoli corsi di lezioni è spesso indipendente dall’anno di corso cui gli studenti sono iscritti. Presso ciascuna scuola, il consiglio di circolo (primarie) o d’istituto (scuole secondarie e artistiche) indica i criteri generali per la formazione delle c., mentre il collegio dei docenti, tenendo conto di tali criteri, formula al capo d’istituto proposte specifiche per la loro formazione e composizione (art. 10 e 7 del d. legisl. 297/94). Sia i criteri generali sia le proposte non possono in linea generale stabilire il contingente numerico delle classi che è determinato dalla legge. La legislazione in materia, soggetta peraltro a mutamenti in relazione a esigenze generali di bilancio o di politica del personale scolastico, si limita di norma a fissare il numero massimo di alunni per c., secondo parametri leggermente diversi per le c. di ciascun tipo di scuola. Di fatto, però, le c. possono risultare composte di un numero differente di alunni, in ragione di particolari situazioni ambientali e organizzative della scuola. La normativa di riferimento è costituita dal d.m. 331/98 e, per quanto concerne le c. che includono alunni disabili, dal d.m. 141/1999.
In senso generico c. è sinonimo di insieme, aggregato, collezione, sistema: per es. la c. degli automorfismi interni di un gruppo, la c. delle cubiche sghembe dello spazio ordinario ecc.
Per le c. di equivalenza ➔ equivalenza.
C. sociale Uno dei gruppi di persone che, in una società, si differenziano per diversa posizione nell’attività produttiva e nella gerarchia del potere e della ricchezza. Le persone che si riconoscono o sono identificate come appartenenti a una c. sociale possono adottare, volontariamente o per norme sociali costrittive, comportamenti specifici rispetto a quelli riconosciuti propri per altre classi.
Il concetto di c. è legato alla nascita dell’economia di mercato e dello Stato liberale. Si può connotare il concetto di c. mediante un elemento oggettivo, a identificare la collocazione degli individui all’interno della struttura di disuguaglianza nella quale si esprime la società, e un elemento soggettivo, a indicare il senso dell’appartenenza consapevole dei membri di ciascuna c. a un uguale destino sociale (coscienza di c.). Dal punto di vista dell’analisi sociologica si intende per c. una entità collettiva che si forma sulla base di interessi omogenei (di natura economica, sociale e culturale) fra gli individui che ne fanno e se ne sentono parte.
Il concetto di c. sociale fu adottato con diverso significato da molti economisti, tra i quali F. Quesnay, A. Smith, D. Ricardo, K. Marx. Nello schema di Quesnay, le tre c. indicavano tre ordini distinti per prestigio e funzioni nell’assetto sociale dell’antico regime (nobiltà e clero, produttori agricoli, artigiani). Smith e Ricardo distinsero, invece, le tre c. dei proprietari fondiari, dei capitalisti e dei lavoratori salariati. Radicalizzando le tesi degli economisti liberali fra il 18° e il 19° sec., Marx concepì le c. come aggregazioni sociali che si formano per effetto della divisione del lavoro e della proprietà privata. È opera di M. Weber la rielaborazione più matura dell’analisi della stratificazione sociale: nella società capitalistica si possono individuare altri ‘gruppi di status’ (ceti) che intersecano le c. stesse e comprendono tutti coloro che godono di particolari requisiti in termini di onore o di prestigio, ovvero condividono uguali possibilità di vita. Nella stessa ottica s’inseriscono anche quegli autori contemporanei (R. Dahrendorf, R. Aron, C. Whright-Mills) che spostano sull’ineguale distribuzione dell’autorità il criterio delle divisioni e dei conflitti nella società industriale.
Nell’ambito delle teorie di origine funzionalista e di diffusione specialmente americana, le c. sociali vengono indicate come contenitori convenzionali di individui che posseggono in misura simile indicatori di rilevanza sociologica (come ricchezza, potere, prestigio, ma anche modelli di comportamento, valori culturali, stili di vita ecc.). In questa accezione il concetto di c. tende a essere sostituito da quello di strato sociale e, di conseguenza, i confini fra le diverse c. (o strati) sono spesso sfumati e diventano predominanti gli aspetti della mobilità sociale e della competizione meritocratica (T. Parsons). Nella società contemporanea, specie in quella a capitalismo avanzato, il concetto di c. ha perduto gran parte dei contenuti originari e pertanto si preferisce utilizzare il concetto più determinato di gruppo sociale. Gli studi sui sistemi di stratificazione della società ricorrono quindi a combinazioni di indici sintetici (reddito pro capite, posizione professionale, livello di istruzione ecc.) per identificare una qualche struttura oggettiva nell’articolazione dei gruppi sociali. Il problema cruciale che emerge è quello di accertare se gli individui che si presuppone possano essere inclusi in una medesima c. mostrino anche sentimenti di identificazione psicologica e di solidarietà, condividano una comunità di destino e una comune concezione della società, riconoscano sé stessi come uguali e coloro che non appartengono allo stesso gruppo come diversi. Per es., l’espressione c. medie (o ceti medi) designa oggi un insieme assai ampio ed eterogeneo di gruppi sociali che occupano una posizione intermedia nella stratificazione sociale.
Per orientarsi in un campo ormai difficilmente definibile nei termini tradizionali, sembrano mantenere o accrescere la loro rilevanza alcuni concetti e teorie esemplificative. In primo luogo, la teoria delle strategie di chiusura, per la quale la formazione di identità collettive e l’azione collettiva di gruppi di c. medie sono regolarmente avvenute contro altri gruppi; strategie di esclusione sono state regolarmente usate ogniqualvolta la situazione sembrava fornire appigli in questa direzione. Sembra inoltre particolarmente utile la possibilità di individuare le c. in termini relazionali; in tale ottica, la teoria dei gruppi di riferimento e della privazione relativa ha dato buona prova nell’analisi degli atteggiamenti e dei comportamenti delle c. medie, a determinare i quali è spesso risultata decisiva la frustrazione nascente dal confronto con altri gruppi. La teoria della privazione relativa presenta il vantaggio di una grande attenzione al contesto culturale, resa possibile dall’individuazione non solo dei gruppi di riferimento comparativi (quelli che posseggono il bene di cui ci si considera privi), ma anche di quelli ‘normativi’ (da cui la persona trae i suoi criteri di giudizio) e ‘di appartenenza’ (quelli in cui la persona si colloca ai fini del confronto).
Ciascuna delle cinque categorie in cui fu divisa, in base al patrimonio fondiario, la cittadinanza dell’antica Roma, nell’ordinamento timocratico introdotto secondo la tradizione da Servio Tullio. L’appartenenza alle c. determinava i diritti politici e gli obblighi militari (classis indicò dapprima tutto l’esercito, poi solo la flotta). In particolare si chiamò classis la prima classe contrapposta a quelle inferiori, i cui appartenenti erano detti infra classem.
In marina e in aeronautica, ciascuna delle categorie in cui le navi o gli aeromobili civili vengono iscritti, in base alle loro caratteristiche e a garanzia della rispondenza alle relative prescrizioni di sicurezza.
Categoria tassonomica di rango inferiore al tipo (o phylum) e superiore all’ordine, per es. c. degli Insetti (del tipo Artropodi).