mobilità sociale Passaggio di individui o gruppi da uno strato sociale all’altro, o da una posizione all’altra, che può essere di classe, di ceto o di stato. S’intende quindi un vasto processo di mutamenti nella struttura di un sistema sociale. In particolare, ci si riferisce a mutamenti nell’occupazione (passaggio da un’economia agricola a una industriale), nella residenza, nel livello di istruzione (diminuzione drastica degli analfabeti), nell’esposizione ai mezzi di comunicazione di massa. Tutti questi fenomeni provocano una disintegrazione della struttura sociale esistente e un conseguente stato di disponibilità degli individui, dei gruppi e dei settori sociali, che vengono in tal modo mobilitati a nuove forme di integrazione.
Il concetto di mobilità in sociologia è collegato alla teoria della ‘circolazione delle élites’ (V. Pareto, 1902), successivamente rielaborata come teoria del ‘ricambio sociale’ (C. Gini, 1930), ma soprattutto all’opera di P.A. Sorokin (1927), che ne delineò i temi principali: forme storiche, fattori motivazionali, variabili economiche, politiche e culturali, conseguenze sul sistema sociale. Particolare importanza è assegnata alla mobilità professionale (S.M. Lipset, R. Bendix, 1959), vista come un processo in cui l’adattamento alle trasformazioni sociali ed economiche avviene attraverso mutamenti nel sistema di ricompense, materiali e simboliche, offerte alle varie occupazioni. Tuttavia esistono barriere strutturali alla mobilità sociale, per cui l’appartenenza di status, anche nelle società che si ispirano ai valori del liberalismo meritocratico, è pesantemente condizionata da preclusioni etniche, razziali, religiose o politiche (R.K. Merton, 1957).