Strutture antigeniche presenti sulla superficie dei globuli rossi e riconosciute da anticorpi specifici (➔ gruppi sanguigni).
Insieme di individui istocompatibili, tra i quali il trapianto di un organo può avvenire evitando l’insorgenza di reazioni immunitarie di rigetto. I g. tissutali sono numerosi e di complessa natura, legata all’esistenza di sistemi antigenici a livello leucocitario ed eritrocitario; ciascun antigene può presentare infatti caratteristiche di complementarità tra i molteplici fattori concorrenti nella sua azione. Il sistema detto HLA è il più noto e ha permesso brillanti risultati nel settore dei trapianti renali.
In chimica il termine g. funzionale ha vari significati, potendo indicare: un insieme di elementi aventi proprietà simili (per es., nel sistema periodico gli elementi sono riuniti in g. funzionali aventi proprietà chimiche molto simili, come il g. funzionale degli elementi alcalini, il g. funzionale degli alcalino-terrosi ecc.); un insieme di atomi (detto anche radicale) che, pur non costituendo un’entità individuale e risultando, quindi, sempre inserito in strutture chimiche più complesse, si mantiene unito e inalterato in molte reazioni chimiche (per es., i g. funzionali SO4 e NO3, caratteristici rispettivamente dei solfati e dei nitrati); un raggruppamento atomico che costituisce il centro reattivo della molecola di una sostanza organica e perciò ne caratterizza il comportamento chimico (per es., i g. funzionali -CH2OH, -COOH, CO, caratteristici rispettivamente degli alcoli primari, degli acidi organici, dei chetoni).
Nel linguaggio giuridico ed economico, pluralità di organizzazioni giuridicamente distinte tra loro (g. di società), cui corrisponde però un’unità di azione dal punto di vista economico, garantita dalla presenza di una società capogruppo (➔ holding) che controlla le altre e detiene la direzione amministrativa e finanziaria. Nel g., pertanto, l’impresa, dal punto di vista economico, è unica, mentre le società sono diverse, ognuna con un proprio nome, una propria personalità, una propria organizzazione. Nella legislazione, tuttavia, si nota la tendenza a considerare le società costituenti il g. come un complesso unitario (➔ società).
Il concetto di g. è di pertinenza dell’algebra, trattandosi di una struttura algebrica introdotta in un determinato insieme. L’origine storica è da ricercarsi nello studio di alcune proprietà delle equazioni algebriche (g. di Galois, g. di sostituzioni), ma oggi la teoria dei g. ha assunto una posizione dominante nell’algebra e in molte altre parti della matematica e ha applicazioni notevoli anche nella fisica.
Si chiama g. un insieme G di elementi nel quale sia assegnata una legge binaria di composizione (legge gruppale), detta prodotto (nei g. abeliani anche somma), cioè una funzione univoca che a ogni coppia ordinata (a, b) di elementi dell’insieme G fa corrispondere un elemento f(a, b), e che gode delle seguenti proprietà: 1) se a, b appartengono a G, anche f(a, b) appartiene a G; 2) comunque si scelgano a, b, c in G risulta f [f(a, b), c]=f [a, f(b, c)] (proprietà associativa); 3) esiste in G un elemento u, detto identità (o unità) destra, tale che per ogni a di G si abbia f(a, u)=a; 4) preso comunque a, in G, esiste in G un elemento a*, detto inverso destro di a, tale che f(a, a*)=u. Se l’operazione di composizione si chiama prodotto, si usa scrivere f(a, b)=a·b=ab; se tale operazione si chiama somma, si usa scrivere f(a, b)=a+b e in questo caso il g. si dice anche g. additivo o modulo. Le quattro proprietà sopra indicate si possono scrivere in forma moltiplicativa: 1) ab=c; 2) (ab)c=a(bc); 3) au=a; 4) aa*=u. Si dimostra come loro conseguenza che l’unità è unica e bilatera, ossia gode della proprietà f(u, a)=a, e si dice anche elemento identico, e che l’inverso è pure unico e bilatero, ossia f(a*, a)=u. Per comodità di scrittura, quest’ultimo si denota con a−1. Se per due elementi a, b risulta f(a, b)=f(b, a), essi si dicono permutabili; se la proprietà f(a, b)=f(b, a) vale per ogni coppia a, b (cioè ab=ba in scrittura moltiplicativa e a+b=b+a in quella additiva), il g. si dice abeliano o commutativo; in tal caso si adotta abitualmente la scrittura additiva.
Esempi di g. sono: l’insieme dei numeri razionali non nulli, rispetto all’operazione usuale di prodotto; l’insieme dei numeri interi relativi rispetto all’operazione usuale di somma; l’insieme dei movimenti di un piano euclideo rispetto all’operazione di prodotto di trasformazioni. I g. elencati sono tutti abeliani, tranne quello dei movimenti del piano euclideo, che fornisce quindi un esempio di g. in cui il prodotto non è commutativo; essi sono tutti g. infiniti (formati cioè da infiniti elementi). Un esempio di g. finito, con 4 elementi, si ottiene fissando nel piano due rette ortogonali e considerando le due simmetrie, a e b, rispetto a esse e la simmetria, c, rispetto al loro punto di intersezione; insieme con la trasformazione identica u esse formano un g. che ha la tabella
di moltiplicazione.
Si dice sottogruppo di G un sottoinsieme H di elementi di G che è esso stesso un g., quando in esso si operi con lo stesso prodotto di G. Premesso che due elementi x e y del g. si dicono coniugati se esiste un elemento a tale che y=a−1xa, si vede che i coniugati rispetto a un fissato elemento a di un sottogruppo H formano a loro volta un sottogruppo, che si dice coniugato di H e si indica con a−1Ha. In relazione a un sottogruppo H, gli elementi di G possono suddividersi in classi o sistemi laterali destri Ha (ciascuna classe è formata da tutti i prodotti ha con h variabile in H e a elemento fisso di G) oppure, analogamente, in classi o sistemi laterali sinistri aH. Se le classi laterali (destre o sinistre) sono in numero finito, tale numero prende il nome di indice del sottogruppo H in G; diversamente si dice che H ha indice infinito in G. Un sottogruppo H per il quale Ha=aH (i sistemi destri coincidono con quelli sinistri) qualunque sia a in G, si dice un sottogruppo normale o invariante di G, e si scrive H◁G.
Si chiama g. fattoriale o g. fattore o g. complementare di un g. G rispetto a un suo sottogruppo invariante H il g. che ha per elementi i sistemi laterali di G rispetto a H, cioè gli insiemi α=aH, l’operazione di prodotto essendo così definita: αβ=(aH) (bH)=(ab) H. Il g. fattore si indica con G/H, ovvero, nella notazione additiva, con G−H, e si chiama anche rispettivamente, a seconda della notazione, g. quoziente o g. differenza.
Dato un g. G, si può sempre costruire una successione di gruppi G, G1, ..., Gh, tali che ciascuno sia sottogruppo invariante massimo del g. precedente e inoltre Gh sia costituito dalla sola identità. Indicati ora con n, n1, ..., nh=1 i numeri degli elementi di G, G1, ..., Gh rispettivamente, si valutano i rapporti e1=n/n1, e2=n1/n2, ..., eh−1=nh−1: si tratta di numeri interi che sono chiamati fattori di composizione del g. G. Se essi sono tutti numeri primi il g. G si dice risolubile.
Dati certi elementi aα (in numero finito o infinito), tra i quali sia definita un’opportuna operazione di composizione (prodotto) si dice g. generato dagli elementi aα l’insieme degli elementi e dei loro prodotti a due a due, a tre a tre ecc., nell’ipotesi che questo nuovo insieme costituisca un gruppo. Un sistema di elementi {aα} di un g. G, dal quale G è generato, si chiama un sistema di generatori.
Dato un g. abeliano G, finito, di elementi a1, a2, ..., an, si chiama carattere di G ogni funzione ϕ(ai) a valori complessi, definita in G, tale che
Dalla definizione segue che, se a1 è l’identità di G, ϕ(a1)=1 e inoltre i valori di ϕ sono radici n-esime dell’unità. Si dimostra che i caratteri distinti di G sono in numero di n. La teoria dei caratteri di un g. trova applicazioni in elevate questioni di aritmetica.
Dal punto di vista del numero dei loro elementi, i g. si dividono in: g. discontinui, che sono i g. finiti e quei g. infiniti i cui elementi formano un insieme discreto; g. continui, che sono g. i cui elementi dipendono da parametri arbitrari (o da funzioni arbitrarie) variabili con continuità in modo che da un elemento qualunque del gruppo si possa passare a ogni altro usufruendo di tale variazione continua. Se il numero di parametri è finito, e sia n, si parla di g. continuo finito, o a n parametri, o ∞n; se i parametri sono infiniti, cioè se un elemento dipende da una funzione variabile, si parla di g. continuo infinito. Esempio di g. continuo a 3 parametri è l’insieme delle proiettività di una retta in sé, rispetto al prodotto di trasformazioni.
I g. misti sono g. infiniti, formati da un insieme discreto o finito di sistemi continui di elementi, detti schiere, cioè di sistemi dei quali l’elemento generico è individuato da un certo numero finito o infinito di parametri variabili con continuità. Qualora però si stabilisca un esplicito collegamento tra la struttura algebrica data dal prodotto e la struttura topologica data dalla continuità, precisandolo con opportuni postulati, si perviene alla nozione più complessa di g. topologico: esso è contemporaneamente un g. e uno spazio topologico.
Particolari tipi di g. nei quali la legge di composizione è suggerita dalla natura stessa degli elementi dell’insieme sono : a) i g. di trasformazioni in sé di un insieme I, sottogruppi del g. totale, che è quello costituito da tutte le trasformazioni biunivoche che mutano in sé stesso l’insieme I, quando si assuma come operazione di composizione quella di prodotto di trasformazioni (➔ trasformazione); la identità è la trasformazione identica. I g. di sostituzioni (➔ sostituzione) hanno un ruolo importantissimo nella teoria della risolubilità per radicali delle equazioni algebriche. Tutti i g. finiti possono essere ‘rappresentati’ in g. di sostituzioni. Particolare importanza hanno in geometria alcuni g., e anzi a ogni geometria corrisponde un g. (g. principale) di trasformazioni ammesse per gli enti studiati (➔ geometria); b) g. di matrici (quadrate, di un dato ordine a determinante non nullo): la legge di composizione è l’ordinario prodotto di matrici, di solito eseguito righe per colonne; c) g. i cui elementi sono cicli o classi di cicli (➔ omologia).
G. costituiti da infiniti elementi che possono essere messi in corrispondenza con uno o più parametri reali continui. Prendono nome dal matematico norvegese Sophus Lie (➔). La teoria dei g. di Lie trova feconde applicazioni in molti campi della fisica teorica, come per es. la meccanica analitica, la meccanica quantistica e la teoria relativistica dei campi.
Gli infiniti elementi del g. di Lie possono essere messi in corrispondenza biunivoca con m parametri reali variabili con continuità in un insieme di uno spazio a m dimensioni: le nozioni di intorno di un punto dello spazio e di distanza tra due punti permettono di introdurre nel g. una topologia; il numero m dei parametri può essere finito o infinito, e così pure il loro insieme di variabilità che può essere inoltre chiuso oppure aperto, semplicemente oppure molteplicemente connesso; il numero m dei parametri stabilisce l’ordine del g.; è possibile, per mezzo di un’opportuna ridefinizione dei parametri, far sì che all’elemento neutro del g. (identità) corrisponda l’origine dello spazio parametrico: in tal modo all’intorno infinitesimo dell’origine corrispondono elementi infinitesimi del gruppo.
Uno dei risultati più rilevanti della teoria dei g. di Lie è che le caratteristiche del g., o più precisamente della sua parte connessa in modo continuo con l’identità, possono essere ricavate direttamente dalla struttura dell’algebra di Lie associata, e cioè dal suo ordine m e dalle costanti di struttura; dal punto di vista matematico, quindi, il problema si riconduce a quello delle classificazioni delle algebre di Lie e della ricerca delle loro rappresentazioni irriducibili (➔ trasformazione).
L'espressione g. parlamentare indica il g. costituito dai deputati e dai senatori appartenenti allo stesso partito; g. misto, g. parlamentare formato da deputati o senatori di diversi partiti, che non sono riusciti a raggiungere il numero minimo richiesto per costituirsi in g. autonomo.
Con le locuzioni analisi, psicoterapia, terapia di g. si intendono metodi terapeutici, fondati sulle teorie della dinamica di g., volti alla cura di più pazienti; g. d'incontro, espressione generica (ingl. encounter group) con cui sono indicate varie forme di esperienza intensiva di terapia di gruppo.
Per g. s’intende, genericamente, ogni aggregato, volontario o naturale, che si colloca fra l’individuo e la società globale. Il criterio specificamente sociologico mette a fuoco in particolare il tipo di relazioni che si instaurano all’interno dell’insieme degli individui definibile appunto come g. o, più correttamente, come g. sociale. Normalmente l’uso dell’aggettivo sociale è stato applicato ai g. di piccole dimensioni, ovvero al cosiddetto g. intimo, che C.H. Cooley fa coincidere con il concetto di g. primario. Il g. primario è quello basato su rapporti spontanei e solidaristici dei propri membri, che in sostanza provvede alle funzioni di socializzazione primaria degli individui (per es., il g. familiare, i g. di parentela, i g. di età). In quanto tale è spesso contrapposto al g. secondario che, a differenza del primo, prevede una scelta di adesione, ha una struttura normativa più rigida e agisce prevalentemente nella vita adulta degli individui, prefiggendosi lo scopo di integrarli entro particolari sistemi (o sottosistemi) di modelli culturali (per es., le sezioni di partito, le organizzazioni sindacali, le associazioni culturali di vario genere). A questa tipologia elementare è riconducibile anche la distinzione fra g. organizzati e g. informali: gli uni definiti sulla base della prevalenza strutturale e funzionale di un legame interno (unibounded group) – come nel caso di g. territoriali, professionali, religiosi –, gli altri definiti in base a un criterio esterno, solitamente multifunzionali (multibounded groups), come possono essere il pubblico, la folla o le classi sociali (P. Sorokin, 1947; G. Gurvitch, 1950).
Lo studio dei g. si è concentrato soprattutto sull’analisi dei piccoli g. (microsociologia) e sul fenomeno della dinamica di g., cioè sui modi in cui i comportamenti degli individui tendono ad adattarsi alla logica dell’interazione collettiva in uno spazio sociale ristretto: è questa, in estrema sintesi, la cosiddetta teoria del campo sociale (K. Lewin, 1939). È ormai d’uso, inoltre, tenere distinto il concetto di g. di appartenenza dal concetto di g. di riferimento fino a farne una teoria a parte (R.K. Merton e A.S. Kim-Rossi, 1950). Questa teoria si basa sul presupposto che di frequente gli uomini orientano la loro azione su g. diversi da quelli cui appartengono, quali termini positivi o negativi di comparazione per le loro decisioni, valutazioni e stili di vita.
L’idea di costruire i g. come referenti principali e tendenzialmente esclusivi dell’analisi sociale matura, nei primi anni del 1900, negli USA sotto l’influenza delle correnti comportamentiste (➔ comportamento) e per opera della scuola cosiddetta di group theory, che si occupava specialmente di analisi politica. Il programma di questi studi si ispira ad A. Bentley (1908), che postulava la necessità per le scienze sociali di riferirsi unicamente alla descrizione dei comportamenti umani osservabili, sostenendo al tempo stesso la tesi che tutti i comportamenti umani non possono essere spiegati se non in termini di interessi imputabili ai g. di cui gli individui fanno parte.
R. Dahrendorf (1971) afferma che i g. sono insiemi che si costituiscono sulla base della ‘ripartizione dicotomica dell’autorità’, a sua volta concepita come origine strutturale del conflitto sociale, tra coloro che sono portatori di interessi preminenti e coloro che ricavano dalla propria condizione di subalternità interessi comuni contrapposti. In questo senso i g., in quanto soggetti di conflitto e agenti di cambiamento sociale, sono per definizione g. di interesse. Per contro, aggregazioni legate soltanto da una comune situazione oggettiva (e spesso transitoria: per es. studenti, commercianti, consumatori) sono in realtà mere categorie sociali (quasi-gruppo).
I contributi più interessanti in merito alla classificazione strutturale e funzionale dei g., colti nei processi di interscambio fra ambiente sociale e sistema politico, sono quelli che derivano dai moderni approcci dell’analisi sistemica, e in particolare dalle teorie della scienza politica (D. Easton, 1961) per le quali è comunque centrale la distinzione fra g. di interesse e g. di pressione (J. Meynaud, 1972). Il g. di interesse è un attore del sistema sociale, e in questo campo opera con propri mezzi per la tutela degli interessi comuni. Un g. di interesse si trasforma in g. di pressione (traduz. dell'ingl. pressure group) quando trasferisce la propria attività in campo politico, mirando a ottenere provvedimenti forniti di autorità imperativa in risposta e accoglienza alle proprie domande.
Complesso di elementi che concorrono a una medesima funzione o che comunque vanno considerati insieme.
G. elettrogeno In elettrotecnica, complesso costituito da un generatore di energia elettrica e da un motore (in genere a combustione interna) che lo aziona. G. di continuità In elettrotecnica, tipo di alimentatore capace di fornire energia elettrica nell’intervallo tra l’interruzione della fornitura, da parte della rete, e l’entrata in funzione di un generatore ausiliario.
Insieme intraspecifico di individui connessi da relazioni sociali (per es., g. familiari). In sistematica, insieme di categorie coordinate o correlate (per es., gruppi di specie).
In etologia è definita effetto di g. ogni modificazione che interviene nel comportamento di individui appartenenti alla stessa specie animale allorché si trovano raggruppati tra di loro, sempre che la conseguente concentrazione non comporti il raggiungimento di soglie critiche per quanto riguarda lo spazio e altri fattori vitali. La prima e indispensabile modificazione deriva dal contatto, almeno temporaneo, solitamente necessario per la riproduzione. Oltre che per tale esigenza istintuale, gli animali tendono a riunirsi in g. la cui esistenza e le cui peculiarità rappresentano una risposta a stimoli ambientali e/o derivanti dall’ecosistema. Tipici esempi, alcune salamandre alpine che svernano collettivamente in cavità della roccia, o alcuni Aracnidi di zone aride che ripiegano le zampe sul dorso e si riuniscono in un gruppo di aspetto esteriore peloso, allo scopo di trattenere l’umidità emanata dai cactus sui quali si aggregano. Premessa alla formazione del g. è la neutralizzazione dell’aggressività tra i singoli componenti, basata sulla conoscenza individuale e che spesso prelude ad altri tipi di organizzazione di struttura interna al gruppo. La suddivisione del lavoro negli insetti (api, termiti ecc.), la formazione di entità difensive o offensive costituiscono le principali classi di strutture sinergiche di g.: i pesci e gli uccelli, infatti, si radunano in schiere, i mammiferi in branchi dall’assetto più o meno temporaneo allo scopo di fuorviare mediante la massa le intenzioni dei predatori. Analogamente, nei g. d’attacco, la struttura è funzionale a una specializzazione e diversificazione delle tecniche che il branco attua nell’imporsi alle prede. Nella vita comunitaria, i membri si influenzano vicendevolmente a vari livelli: l’imitazione sociale induce, per es., nella situazione collettiva ad assumere cibo in sovrabbondanza rispetto al fabbisogno medio del singolo. Altro notevole effetto, tipicamente funzione della densità degli individui, è la diminuzione della fertilità nei luoghi sovrappopolati.