La reazione mediante la quale, in una molecola, un atomo, o un gruppo di atomi (gruppo uscente) viene sostituito da un altro atomo o gruppo di atomi (gruppo entrante o sostituente).
In chimica organica, le reazioni di s. (indicate con il simbolo S) possono essere classificate sulla base di vari criteri: a seconda del composto su cui si opera la s. (substrato), si distingue tra s. alifatica e s. aromatica; in base alla natura dei gruppi entranti e uscenti si hanno s. radicaliche (SR), e ioniche (che sono dette anche polari, e avvengono in soluzione); queste ultime vengono distinte in nucleofile ed elettrofile a seconda delle caratteristiche del gruppo entrante; si hanno infine s. monomolecolari (o unimolecolari) e bimolecolari quando lo stato di transizione è composto rispettivamente da una o da due specie reagenti (➔ meccanismo). Le varie s. si indicano con simboli diversi: per es., SN2 sta per s. nucleofila bimolecolare, SEAr per s. elettrofila aromatica ecc. Nei composti alifatici le reazioni di s. sono nucleofile perché gli elettroni si trovano prevalentemente localizzati tra i nuclei degli atomi così che questi ultimi risultano più facilmente accessibili ai sostituenti nucleofili. Le s. nucleofile alifatiche possono avvenire con meccanismo preferenzialmente mono- o bimolecolare a seconda della natura del substrato, dei nucleofili presenti, del solvente in cui si opera ecc. Le s. tipiche dell’anello benzenico sono elettrofile perché gli elettroni sono localizzati al disopra e al disotto del piano dell’anello e risultano così disponibili per l’attacco di reagenti elettrofili. Fra le s. aromatiche elettrofile si hanno: nitrazione, alogenazione, solfonazione, reazione di Friedel-Crafts. I sostituenti elettrofili attaccano l’anello nelle zone di più elevata densità elettronica formando un intermedio di reazione carico positivamente (complesso σ) il quale, perdendo poi uno ione idrogeno, fornisce il prodotto della sostituzione. Mentre nel benzene tutte le posizioni sono equivalenti ai fini della s., nei benzeni sostituiti la s. e la velocità con la quale essa si effettua dipendono in larga misura dalla natura dei sostituenti già presenti sull’anello. La presenza di sostituenti quali −OH, −NH2 ecc., capaci di cedere elettroni all’anello, dà origine a velocità di reazione superiori a quelle che si hanno per il benzene e orientano il sostituente verso le posizioni orto e para, mentre la presenza di sostituenti come −NO2, −CN, che sottraggono elettroni all’anello, determina velocità di reazione inferiori a quelle che si hanno per il benzene e orientano il sostituente verso le posizioni meta. Particolare è il comportamento degli alogeni, che hanno l’effetto di diminuire la velocità della s., orientando comunque il gruppo entrante verso le posizioni orto e para. I composti aromatici possono subire anche s. nucleofile (SNAr), se sono presenti nella molecola più gruppi atomici aventi forte tendenza ad attirare elettroni.
Nelle successioni testamentarie la s. ordinaria è l’istituzione di erede di taluno (sostituto), condizionata sospensivamente al fatto che altri, istituito erede prima di lui, non acquisti l’eredità. Il codice civile prevede una s. ordinaria e una s. fedecommissaria. La s. ordinaria, detta anche s. volgare (o diretta), importa la chiamata di un altro successibile, indicato dal testatore, all’erede istituito, nel caso in cui questi non possa o non voglia accettare l’eredità. La s. può essere semplice (una sola persona è sostituita all’unico erede istituito), plurima (più persone sono sostituite a una sola o una sola a più) o reciproca (fra i coeredi istituiti; art. 689 c.c.). La s. prevale sulla rappresentazione: quando cioè si può attuare la s., non può farsi luogo alla rappresentazione. La l. 151/1975 sulla riforma del diritto di famiglia ha invece innovato in materia di s. fedecommissaria (art. 692 c.c.). L’istituto, che prima era finalizzato al mantenimento dell’unità dei patrimoni attraverso le generazioni, ora è destinato esclusivamente a garantire assistenza ai successori incapaci, già interdetti o che, minori, lo saranno presumibilmente al compimento del diciottesimo anno. In entrambi i casi la disposizione testamentaria fatta dal genitore in favore del figlio, dall’ascendente in favore del discendente, dal coniuge in favore dell’altro coniuge, con l’obbligo di conservare e restituire, importa che alla morte dell’interdetto devono essere restituiti i beni, anche costituenti la legittima, a favore della persona o dell’ente che, sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell’interdetto medesimo. In caso di pluralità di persone o enti i beni sono attribuiti proporzionalmente al tempo durante il quale ciascuno di essi ha avuto cura dell’interdetto. La s. è priva di effetto nel caso di revoca dell’interdizione o nel caso in cui sia negata l’interdizione del minore o il relativo procedimento non sia iniziato entro due anni dal raggiungimento della maggiore età. È inoltre priva di effetto riguardo alle persone o enti che abbiano violato gli obblighi di assistenza. Se le persone o gli enti che hanno avuto cura dell’incapace minore muoiono o si estinguono prima della morte di lui, i beni che spetterebbero loro sono devoluti ai successori legittimi dell’incapace.
La s. processuale costituisce un’eccezione, espressamente prevista dalla legge, al principio generale dell’ordinamento italiano secondo cui il potere di proporre la domanda per la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi spetta al titolare sostanziale degli stessi (➔ legittimazione). Nella s. processuale, infatti, un soggetto terzo al rapporto sostanziale (cosiddetto sostituto processuale) può far valere un diritto altrui (del cosiddetto sostituito processuale) in nome proprio (art. 81 c.p.c.). Con la s. si realizza, quindi, una deroga al criterio ordinario di determinazione del legittimato ad agire; deroga giustificata da diversificate ragioni giuridiche. Nell’azione surrogatoria, per es., il creditore può far valere in giudizio il credito che il suo debitore ha nei confronti di un terzo, qualora il debitore trascuri di esercitare le azioni che gli spettano per tutelare il proprio diritto (art. 2900 c.c.). In questo caso al creditore si attribuisce il diritto di azione come strumento di garanzia e conservazione del proprio credito. Nella successione a titolo particolare nel diritto controverso l’avente causa può intervenire nel processo volontariamente, ma se ciò non avviene egli subisce comunque gli effetti della decisione finale in qualità di sostituito processuale (art. 111, co. 4, c.p.c.). Ciò avviene allo scopo di evitare che la pendenza del giudizio non costituisca un ostacolo alla piena disposizione dei propri diritti anche quando questi sono oggetto di controversia in un processo.
In assenza di una regola generale la dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate sulla posizione processuale del sostituito e in particolare se questi debba prendere parte al processo in qualità di litisconsorte necessario. L’opinione maggioritaria propende per la soluzione positiva, muovendo da una lettura analogica della disciplina prevista in materia di azione surrogatoria, dove il debitore è appunto litisconsorte necessario nel giudizio tra creditore e debitor debitoris (➔ litisconsorzio). Una conferma a tale soluzione si ritiene possa essere ricavata dai principi costituzionali in materia di diritti di azione e di difesa previsti in particolare all’art. 24, co. 1 e 2, Cost.
L’istituto della s. tributaria esprime l’esistenza di un obbligo sostanziale in capo a un soggetto, il sostituto, diverso dal contribuente cui va riferita l’imposta e che, nel realizzare il presupposto, ha manifestato la capacità contributiva (il sostituito). Il sostituto d’imposta è, infatti, per legge obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri per fatti o situazioni a questi riferibili; il pagamento, ove effettuato a titolo di acconto, costituirà solo una soddisfazione parziale e provvisoria in quanto potrà essere seguito o da un ulteriore pagamento in sede di conguaglio oppure da un diritto al rimborso a seconda dell’esito della liquidazione in dichiarazione. La legge prevede che il sostituto abbia un dovere di rivalsa; la rivalsa assolve alla funzione di permettere il rispetto del principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost. in quanto garantisce al sostituto di non subire definitivamente gli effetti del pagamento e di consolidare questi ultimi in capo al soggetto che ha realizzato il presupposto. Il rapporto tra il sostituto e il sostituito si configura in termini di obbligazione tributaria solidale dipendente poiché gli effetti della fattispecie imponibile non sono riferibili a entrambi i soggetti ma solo a uno di loro; si tratta di un rapporto di cosiddetta pregiudizialità-dipendenza tale che l’obbligazione del sostituto coobbligato dipendente esiste in tanto in quanto esista quella del sostituito obbligato principale. Nella s. il meccanismo della rivalsa si implementa nell’esistenza tra le parti di un rapporto di provvista tale che il soggetto tenuto per legge al pagamento (il sostituto) ha già le risorse per provvedere al pagamento risultando debitore dell’obbligato principale (sostituito) di una somma a titolo privatistico. La natura privatistica del rapporto tra sostituito e sostituto dovrebbe far configurare una lite di natura non tributaria; la giurisprudenza consolidata è, però, nel senso di attrarla nell’ambito della giurisdizione delle commissioni tributarie in quanto la materia avrebbe natura, in ogni caso, tributaria.
Costo di s., lo stesso che costo opportunità (➔ costo).
Effetto di s. La variazione della quantità domandata di due o più beni o fattori di produzione derivante dalla variazione del prezzo di uno dei beni o fattori considerati; si combina con l’effetto reddito nella valutazione dell’effetto complessivo di una variazione del prezzo sulla domanda di un bene o di un fattore.
Elasticità di s. Il rapporto tra la variazione percentuale della quantità domandata di un bene di consumo o di un fattore di produzione e la variazione percentuale del prezzo di un altro bene o fattore. Nel caso di beni complementari, tale elasticità è negativa.
Si intende per principio di s. sia la tendenza dei consumatori a consumare, tra due o più beni atti a soddisfare un particolare bisogno, quello meno caro, riservando gli altri alla soddisfazione di bisogni che essi soltanto possono appagare, e quindi a sostituire nel consumo un bene con un altro; sia la tendenza degli imprenditori a sostituire quantità di un fattore di produzione con quantità di un altro, in modo da realizzare la combinazione produttiva più conveniente. Il principio di s., esplicitamente formulato da K. Menger e A. Marshall, solo successivamente è stato considerato come principio generale collegato alla teoria dell’utilità marginale.
Saggio (o tasso) di s. Il rapporto, sempre negativo, tra la diminuzione (o l’aumento) della quantità di un bene o fattore e l’aumento (o la diminuzione) della quantità dell’altro bene o fattore impiegato; muta man mano che si procede nella s., dato che, mentre cresce l’utilità marginale del bene di cui si va riducendo l’impiego, diminuisce quella dell’altro. Saggio (o tasso) marginale di s. L’incremento (negativo o positivo) di un bene consumato che corrisponde a un incremento infinitesimo (positivo o negativo) di un altro bene, mantenendo inalterata la soddisfazione del consumatore. Il saggio è decrescente in quanto il consumatore è disposto a scambiare quantità sempre più piccole di un bene con un altro all’aumentare delle quantità possedute del bene stesso.
Saggio (o tasso) tecnico di s. L’incremento (negativo o positivo) di un fattore di produzione che corrisponde a un incremento (positivo o negativo) di un altro fattore, mantenendo inalterato il prodotto totale. Zona (o area) di s. (o di sostituibilità) è la zona entro la quale la s. è possibile; con riferimento alla rappresentazione grafica dell’equilibrio del produttore, la parte di un sistema di isoquanti compresa tra le due isocline.
Operazione con la quale, in base a certe regole, al posto di alcuni elementi di un’espressione si pongono certi altri elementi. In questa accezione generale rientrano svariati significati specifici del termine. Per es., nell’algebra elementare, la s. dell’espressione x=ay+c nell’espressione x2+y2 significa scrivere quest’ultima nella forma (ay+c)2+y2. Nell’analisi combinatoria, s. su n elementi ha significato uguale a quello che nel linguaggio ordinario si dà alla parola permutazione (scambio di posto di certi elementi) ecc. Dati n elementi a1, a2, ..., an, si dice s. su di essi, e si indica col simbolo
l’operazione mediante la quale al posto di a1 si pone ai1, al posto di a2 si pone ai2,..., al posto di an, ain, dove ai1, ai2, ..., ain sono gli stessi elementi a1, a2, ..., an considerati in un altro ordine. Le s. su n elementi sono quindi tante quante le permutazioni di n elementi, cioè n!. Si definisce come prodotto di due s. la s. che si ottiene eseguendole l’una dopo l’altra; inversa di una s. è la s. che si ottiene sostituendo agli elementi della seconda riga i corrispondenti elementi della prima riga; s. identica è la s. che non altera gli elementi, cioè la s.
Per es., per n=4, presi come elementi i numeri 1, 2, 3, 4, il prodotto delle s.
è dato da
Una s. si dice ciclica (o circolare) se i k elementi su cui la s. effettivamente opera si possono disporre in ordine tale che a1 è sostituito da a2, a2 da a3, ..., ak da a1. Una siffatta s. si indica anche col simbolo (a1 a2 ... ak). In particolare una s. ciclica su due elementi si dice trasposizione (v. fig.). Ogni s. si può decomporre in più modi nel prodotto di trasposizioni; il numero di queste ultime è sempre pari o sempre dispari, e corrispondentemente la s. si dirà di classe pari o di classe dispari.
Rispetto all’operazione di prodotto, l’insieme di tutte le s. su n elementi costituisce un gruppo (gruppo di s.) di ordine n!, detto gruppo totale (o simmetrico). Le s. di classe pari, in numero di n!/2, formano il gruppo alterno, sottogruppo del gruppo totale, mentre le s. di classe dispari non formano gruppo. La teoria dei gruppi di s. ha avuto un’importanza determinante nello studio delle equazioni algebriche (➔ Galois, Évariste).