In matematica, si dice di quantità variabile che, in opportune condizioni, ha per limite lo zero.
La definizione del concetto di i. è dovuta ad A.-L. Cauchy (1821). Con riferimento alle funzioni reali di una variabile, si dice che u=f(x) è un i. per x→c (compreso il caso x→∞) se x→climu=0. Secondo tale definizione, l’i. non va inteso in senso di i. attuale (quantità infinitamente piccola, evanescente, e tuttavia diversa dallo zero), ma nel senso di i. potenziale (quantità che tende ad annullarsi). Se u, v sono due i. simultanei (per es., due funzioni della x che tendono entrambe a zero quando x→c), ha interesse considerare il limite del loro rapporto, u/v, per x→c, tenendo presenti i quattro casi seguenti: a) il limite esiste ed è finito e diverso da zero ovvero il limite non esiste, ma la quantità u/v si mantiene, da un certo punto in poi, compresa tra due costanti non nulle aventi lo stesso segno: allora gli i. u e v si dicono dello stesso ordine; b) il limite esiste ed è zero: allora si dice che u è un i. di ordine superiore rispetto a v (con frase espressiva: u tende a zero più rapidamente di v); c) il limite esiste ed è l’infinito: allora si dice che u è un i. di ordine inferiore rispetto a v; d) negli altri casi, il limite non esiste e si dice che i due i. non sono paragonabili. Assunto poi u come i. campione si dice che v è i. di ordine n rispetto all’i. campione u se avviene che v e un sono i. dello stesso ordine. Per le funzioni i. nel punto x0 si usa scegliere come i. campione la funzione u=x−x0; per le funzioni i. quando x→∞ si usa scegliere come i. campione la funzione 1/x.
Per l’analisi infinitesimale ➔ analisi.