Striscia di terreno più o meno lunga e di sezione sensibilmente costante, attrezzata per il transito di persone e di veicoli (in qualche caso di sole persone, s. pedonale) sia nei centri abitati sia nelle campagne. Il termine ha valore generico che può indicare sia passaggi lunghi pochi metri, come alcune s. di centri abitati, sia vie di comunicazione lunghe decine o centinaia di kilometri.
L’art. 2 del codice della s. (➔ codice) definisce le s. come «aree ad uso pubblico aperte alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali». Non rientrano in tale definizione le s. a uso esclusivamente privato o quelle che, anche se pubbliche, non sono destinate a soddisfare esigenze dell’intera collettività.
Le s. sono considerate pubbliche se il suolo appartiene a ente pubblico territoriale (l. 2248/1865, art. 22 all. F; art. 822-824, c.c.) o se sono destinate a un uso pubblico. Le s. pubbliche sono beni che appartengono al demanio accidentale e quindi sono inalienabili e incommerciabili, e non possono comunque «formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano» (art. 823 c.c.), sebbene possano essere trasferite da un demanio all’altro (per es., dal demanio statale al demanio regionale o degli enti locali). Le s. pubbliche sono suscettibili di uso generale (la circolazione) e di usi particolari (competizioni sportive, circolazione di particolari veicoli). L’attività di classificazione delle s., svolta dall’amministrazione, è di accertamento e viene effettuata sulla base della predeterminazione dei requisiti a opera della legge. Generalmente distinte in extraurbane e urbane, le s. sono classificate, in base alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, in autostrade, s. extraurbane principali, s. extraurbane secondarie, s. urbane di scorrimento, s. urbane di quartiere e s. locali.
Alla luce della riforma del titolo V della parte II della Costituzione, è affidata alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni la materia delle «grandi reti di trasporto», mentre la regolamentazione di s. e autostrade di carattere regionale resta di competenza delle Regioni. Relativamente alle funzioni amministrative, lo Stato svolge, tra l’altro, attività di programmazione, progettazione, realizzazione e gestione della rete stradale e autostradale nazionale, e di determinazione delle tariffe: le Regioni hanno invece un ruolo di coordinamento e programmazione per le s. che non rientrano nella rete di interesse nazionale, mentre le province svolgono funzioni gestionali su quelle che non rientrano nella rete di interesse nazionale. Sul piano organizzativo, la competenza a livello generale è del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ma un ruolo importante è svolto, tra i diversi attori istituzionali, dall’ANAS (➔), gestore della rete stradale e autostradale di interesse nazionale.
Già in Mesopotamia si usò talvolta pavimentare qualche tratto di s. con mattoni cotti e bitume, e la civiltà minoica conobbe s. con lastre di pietra; nel mondo greco ci si limitò piuttosto a scavare sedi stradali nel fondo roccioso, a livellare i piani con ghiaia, a creare guide per le ruote, e solo le vie cittadine, specie nel periodo ellenistico, furono lastricate.
Se gli Etruschi aprirono molte s., anche con notevoli lavori di tagli e di incassature e di canali di scolo, non giunsero a creare una solida pavimentazione, come fecero invece i Romani, che rimasero i più grandi costruttori di s. dell’antichità. Molte sono le documentazioni epigrafiche e storiche su questa attività romana di sternere, struere, munire viam. La rete stradale creata dai Romani dal tempo della Repubblica a tutto l’Impero in Italia e nelle province rimane ancora la più importante articolazione viaria, e spesso soltanto qualche rettifica di curve o di pendio è venuta a modificare l’antico tracciato di molte arterie tuttora in uso. I Romani crearono poderose sostruzioni lungo i fianchi dei colli, tagliarono a picco rupi, costruirono innumerevoli ponti e impiantarono palizzate di legni di quercia per passare su paludi. La carreggiata era fiancheggiata da marciapiedi, larghi in genere 60 cm, di blocchi di pietra (crepidĭnes), e lo spazio intermedio (agger) si scavava e si riempiva di vari strati: uno più basso (statumen) di pietre spezzate, un secondo battuto (rudus o ruderatio) di pietre minori, cocci e calcinacci, su cui si stendeva il basolato, generalmente poligoni di selce (summum dorsum), allettati nella sabbia fine (nucleus). Questo sistema era usato nelle viae silice stratae, cioè in quelle publicae, nelle grandi vie consolari, mentre le viae glarea stratae erano pavimentate nello strato superiore con breccia e sassi uniti a calce. Paracarri (gomphi) di forma conica erano posti ogni 3 o 4 m sulle crepidini; la larghezza dell’agger variava da 2,35 m per 2 carri, fino a 4,70 m per 4 carri, a seconda dell’importanza, del traffico e del percorso.
Con le invasioni barbariche iniziò, nel quadro della generale decadenza politica e amministrativa, un lungo periodo di stasi nella costruzione e manutenzione delle strade e il tracciato stradale peggiorò molto. I veicoli, assai rudimentali, migliorarono poi nel Rinascimento e le nozioni teoriche attorno al carreggio si perfezionarono. L’età moderna della s. cominciò però nel 18° sec.: se tra il 1600 e il 1650 si costruirono già nuovi tipi di carrozze, nel Settecento se ne accrebbe enormemente il numero. Incominciarono i regolari servizi postali, nacquero i primi regolamenti stradali, l’interessamento dei governi si fece più vivo e sistematico. Nel 1716 in Francia s’inaugurò la scuola per gli ingegneri di ponti e strade.
Grande importanza nella storia della s. ebbe l’età napoleonica. La rivoluzione industriale e il grandioso sviluppo commerciale diedero dapprima grande impulso più alle vie d’acqua e alle nuove vie ferrate che non alle s.; ma già con la fine del 19° sec. iniziò la fase di sviluppo delle s. europee e americane. La rapida diffusione dei veicoli a motore su s. all’inizio del 20° sec. è stata la causa preponderante dello sviluppo della rete stradale nei paesi in forte sviluppo industriale e demografico, e anche del miglioramento della qualità delle s. esistenti, sia riguardo alla capacità sia al tipo di pavimentazione.
Già nei primi decenni del 20° sec. si sentì la necessità di costruire s. adatte ai veicoli a motore, soprattutto per le s. extraurbane, in quanto quelle urbane, pavimentate per lo più con selciati o lastricati, erano già abbastanza idonee a sopportare il traffico a trazione meccanica; nella pavimentazione in macadam, di tipo scadente e non sufficientemente addensata, i veicoli a motore sollevavano nuvole di polvere; le pendenze elevate e le curve con raggi minimi rendevano problematico l’aumento della velocità che i nuovi mezzi erano in grado di offrire. Dopo la Prima guerra mondiale le pavimentazioni ebbero un notevole miglioramento che riguardò sia quelle in macadam, rese molto meno polverose dalla rullatura meccanica, sia soprattutto quelle con rivestimenti asfaltici e bituminosi. Nelle s. più importanti si diffusero poi le pavimentazioni in conglomerato bituminoso e in qualche nazione quelle in conglomerato cementizio. Anche il numero e le dimensioni delle corsie e delle banchine furono adeguate alle necessità conseguenti alla velocità e al numero dei mezzi adatti per poter garantire opportuni franchi di sicurezza. Già dall’inizio del 20° sec. era sentita la necessità di costruire s. riservate ai veicoli a motore: dopo la Prima guerra mondiale sorsero così le autostrade e l’Italia fu tra i primi paesi a costruirne.
Lo sviluppo complessivo della rete stradale italiana, nel 2007 era di 487.700 km, di cui 6700 autostrade.
Teatro di s. Forme di spettacolo messe in atto all’aperto, e comunque al di fuori di sedi teatrali stabili, da attori, mimi, giocolieri, clown, acrobati ecc., in genere con una forte interazione con il pubblico. Si tratta di un tipo di esibizione dalle origini assai antiche, che ha conosciuto in tempi recenti uno straordinario revival.
Le classificazioni che si adottano per le s. sono numerose, a seconda che ci si riferisca alle modalità costruttive, al tipo di veicoli ammessi a percorrerle, all’intensità del traffico che su di esse si svolge, ai luoghi attraversati ecc. La distinzione tra s. urbane e s. extraurbane è sostanziale, oltre che per indicare l’ubicazione all’interno o all’esterno del centro abitato, anche per le notevoli differenze costruttive: le s. urbane sono per la maggior parte soggette a traffico intensissimo e non molto veloce, hanno spesso curve a raggio molto piccolo, sono provviste di marciapiedi laterali, hanno frequentissimi incroci a livello; devono conseguentemente avere pavimentazioni molto resistenti all’usura, con fondazione rigida, e possono essere sprovviste di sopraelevazione in curva, almeno nei frequenti tratti a marcia lenta; molte di queste caratteristiche sono completamente opposte per le strade extraurbane: il traffico è veloce con intensità nettamente minore, sono presenti banchine in luogo dei marciapiedi e cunette per lo smaltimento superficiale delle acque meteoriche, le curve sono a raggio abbastanza ampio e provviste in genere di sopraelevazione e di linee di transito.
Si distinguono quattro tipi di s. urbane. Le s. primarie, consistenti in genere nei tronchi terminali e in quelli passanti delle s. extraurbane, sono connesse con le s. di scorrimento e distribuiscono il traffico di scambio tra il territorio urbano e quello extraurbano (velocità di progetto 90 km/h, pendenza massima 6%). Le s. di scorrimento distribuiscono il traffico proveniente dalle primarie e raccolgono e smistano quello proveniente dalle s. di quartiere (velocità di progetto 70 km/h, pendenza massima 4-6%). Le s. di quartiere (o interquartieri) sono comprese in un solo settore dell’area urbana, servono di collegamento tra quartieri, distribuiscono il traffico proveniente dalle s. di scorrimento e raccolgono quello proveniente dalle s. locali; inoltre assicurano i collegamenti tra gli insediamenti principali e i punti estremi del quartiere (velocità di progetto 50 km/h, pendenza massima 5-7%). Le s. locali sono interamente comprese all’interno del quartiere a servizio dei vari insediamenti, ne raccolgono il traffico e lo immettono nelle s. di quartiere (velocità di progetto 25 km/h, pendenza massima 10%).
Per quanto riguarda le s. extraurbane, le caratteristiche dipendono essenzialmente dalla velocità di progetto, ossia la massima velocità che può mantenere un veicolo isolato con sicurezza su pavimentazione bagnata (ma pulita). Norme del CNR fissano per ciascun tipo di s. la massima velocità di progetto da tenere in rettifilo e in orizzontale, e quella massima dalla quale dipende il minimo raggio delle curve planimetriche; queste due velocità-limite sono fissate in base all’entità del traffico che si prevede sul tratto di s. in progetto. La larghezza delle corsie viene fissata in modo da assicurare la necessaria sicurezza, assegnando opportuni franchi laterali di entità commisurata alla velocità; altrettanto viene fatto per assicurare un opportuno spartitraffico centrale tra le corsie percorse in senso inverso, e per la larghezza delle banchine laterali. L’insieme delle corsie è detto carreggiata, mentre la piattaforma comprende anche le banchine laterali.
Il profilo trasversale della carreggiata in rettifilo ha forma convessa; esso è costituito da due spioventi laterali rettilinei con pendenza 1-2%, raccordati nella parte centrale con un arco di cerchio avente la corda della lunghezza di circa 1/3 della carreggiata; per le s. provviste di spartitraffico centrale il raccordo tra i due spioventi è sostituito dallo spartitraffico stesso. La pendenza degli spioventi serve per il deflusso delle acque meteoriche verso l’esterno della carreggiata. Nei tratti stradali in trincea ai piedi delle scarpate si praticano le cunette, fossi a sezione triangolare o trapezoidale di dimensioni adeguate alla quantità d’acqua da smaltire; sulla sommità delle scarpate lato monte si prevedono i fossi di guardia, generalmente a sezione trapezoidale, che impediscono alle acque provenienti da monte di riversarsi sulla carreggiata.
L’andamento planimetrico di una s. è costituito da una successione di tratti a curvatura costante (rettifili o archi di circonferenza), raccordati tra di loro con tratti a curvatura variabile. Il raggio minimo delle curve circolari è limitato dalla forza centrifuga che si desta in curva, forza che è proporzionale al quadrato della velocità e che tende a far slittare il veicolo verso l’esterno o a farlo ribaltare se lo slittamento è impedito. Per creare una componente della reazione vincolare esercitata dal piano stradale che si opponga alla forza centrifuga si inclina la piattaforma sopraelevando il ciglio esterno della curva; il valore della pendenza trasversale che ne risulta in curva è compreso generalmente tra il 7% e il 2,5% per assicurare il comfort di guida nelle curve di raggio minimo e lo smaltimento delle acque in quelle di grande raggio. Tra i rettifili e le curve vengono inseriti i raccordi con raggio di curvatura variabile: quello di gran lunga più usato è il raccordo clotoidale, il cui raggio di curvatura varia da infinito all’innesto con il rettifilo fino al valore del raggio della curva circolare all’innesto con questa stessa; con il raccordo clotoidale si ottiene l’immissione graduale della forza centrifuga non compensata dalla sopraelevazione, forza che viene immessa con continuità dal valore zero in rettifilo al valore finale sulla curva circolare; lungo lo sviluppo del raccordo si varia gradualmente anche la pendenza trasversale variando con continuità l’inclinazione della piattaforma. Nelle curve la larghezza della carreggiata deve essere ampliata, sia perché l’ingombro trasversale dei veicoli è maggiore nelle curve, sia per motivi di visibilità; l’entità dell’allargamento è inversamente proporzionale al raggio della curva e viene immesso gradualmente lungo il raccordo tra rettifilo e curva circolare.
Le intersezioni stradali provocano interferenze tra le correnti di traffico, con la conseguente necessità di intervenire per la loro regolarizzazione. Le intersezioni possono essere: a raso, con o senza semaforizzazione, oppure sfalsate; le prime comportano attesa per qualche corrente di veicoli a favore di altre; motivi di sicurezza possono anche essere determinanti ai fini della scelta dei vari tipi di intersezioni. Se l’intersezione non è semaforizzata, si svolge secondo le norme del codice della s.; le manovre possono essere facilitate da una opportuna conformazione della s.: particolare sagomatura dei cigli, ampliamento della carreggiata, disposizione di isole spartitraffico, disposizione di corsie specializzate di accumulo o decelerazione, rispettivamente per le manovre di entrata o di uscita prima e dopo una manovra di svolta. L’incrocio è spesso provvisto di un’apposita segnaletica per limitazione di velocità, o divieto di svolta, o stop ecc. Per le intersezioni sfalsate, dette anche interscambi, ➔ raccordo.
Elementi importanti per la valutazione del costo di una s. sono i movimenti di terra necessari per la costruzione: la sezione che si presenta può essere omogenea di sterro, mista di sterro e di riporto, omogenea di riporto; la soluzione più economica, adattabile quando possibile (s. a mezza costa), è la seconda.
Le macchine usate per il costipamento dei rilevati (realizzazione del piano stradale con piano di sottofondo e rilevato con indice di costipamento prossimo all’unità) si suddividono in costipatori statici e dinamici: i primi sono costituiti da rulli compressori a ruote lisce o con piedi di montone, oppure da compressori su pneumatici con uno o più assi e molti pneumatici per asse, con cassone che può essere zavorrato con sabbia o con acqua (si giunge a carichi di 90 t); i costipatori dinamici sommano all’azione statica del loro peso quella dinamica di masse battenti (di 0,5-2 t) o vibranti (rulli con masse eccentriche rotanti con le ruote, costipatori a piatto vibrante ecc.). Per quanto riguarda la sovrastruttura e pavimentazione stradale, ➔ pavimentazione.