Il complesso dei fenomeni che si riferiscono al movimento dei liquidi interni degli organismi (sangue, linfa) il quale provvede ad assicurare il continuo rinnovamento dell’ambiente chimico dei tessuti, fondamentale presupposto per la conservazione della vita.
Nelle piante pluricellulari e particolarmente nelle cormofite terrestri è il movimento dei liquidi nutritizi nel corpo della pianta, che avviene schematicamente secondo due correnti, una ascendente (soluzioni acquose diluite di sali assorbite dal terreno per mezzo delle radici e trasportate, nei vasi legnosi, verso l’alto, fino nelle foglie e negli altri organi traspiranti) e una discendente (costituita da soluzioni più dense di sostanze elaborate dalla pianta, nelle foglie o in altre parti, e cioè composti organici quali gli zuccheri, amminoacidi ecc. che, convogliati negli elementi del libro e in primo luogo nei tubi cribrosi, vengono trasportati nei punti dove sono impiegati nelle varie forme di lavoro cellulare).
È il sistema di vasi nei quali circolano i liquidi nutritizi: sangue (apparato circolatorio sanguifero) e linfa (apparato circolatorio linfatico). Il sistema si dice chiuso se il liquido circola sempre entro i vasi, aperto, se ne esce per penetrare nei tessuti.
Fra gli Invertebrati, hanno un sistema circolatorio Anellidi, Molluschi, Echinodermi, mentre Poriferi, Celenterati, i Platelminti e Nematelminti hanno solo una cavità gastrovascolare o celenteron.
Nei Vertebrati, l’apparato circolatorio è chiuso e consta di un organo propulsore centrale, il cuore, delle arterie, delle vene e dei capillari. Il sangue segue direzione centrifuga (rispetto al cuore) nelle arterie, centripeta nelle vene. Nella sua costituzione tipica e primitiva il sistema circolatorio dei Cordati, che in un certo senso manifesta una certa uniformità in tutte le classi, consta di un vaso mediano dorsale e di uno ventrale; nella porzione cefalica, in corrispondenza dell’intestino branchiale, essi sono riuniti da vasi anastomotici metamerici. Sostanzialmente si hanno quattro vasi longitudinali, di cui uno corre al disotto dell’intestino, la vena sottointestinale, uno dorsalmente fra l’intestino e la corda, l’aorta dorsale, e due pari ai due lati delle pareti del corpo, le vene cardinali. Un certo numero di vasi appaiati (arterie branchiali afferenti e arterie branchiali efferenti o epibranchiali), all’estremità anteriore del corpo, fa comunicare il vaso sottointestinale con l’aorta dorsale, la quale nel suo percorso cefalico dà le carotidi interne. Posteriormente l’aorta dà dei rami che si portano nei setti fra i somiti e quindi alla parete del corpo, e inoltre al mesentere dorsale e quindi alla parete dell’intestino. Di qui il sangue che ha ceduto l’ossigeno viene raccolto dalla vena sottointestinale e fatto procedere avanti. Dai capillari dell’intestino il sangue venoso si raccoglie nella vena porta la quale si capillarizza nuovamente nel fegato. Il sistema portale epatico (già presente nell’anfiosso in cui un diverticolo ghiandolare dell’intestino corrisponde al fegato) deriva da una trasformazione delle vene onfalomesenteriche dell’embrione. Dai capillari del fegato il sangue giunge per le vene epatiche al seno venoso del cuore. Questo, nella sua condizione primitiva, è un organo tubolare rettilineo intercalato lungo il decorso del vaso ventrale e ha la funzione di organo propulsore. Al seno venoso del cuore giungono anche il sistema delle vene del corpo, e cioè le vene cardinali (anteriori e posteriori), mediante i dotti del Cuvier che attraversano la cavità celomatica percorrendo il setto trasverso, che si estende fra la parete del corpo e quella dell’intestino. Nei Cranioti la presenza dei reni mesodermici, che si interpongono nel sistema venoso, conduce alla formazione di un sistema portale-renale.
Negli Anfibi il cuore consta di due atri e di un solo ventricolo. Nei Rettili di due atri e due ventricoli, i quali ultimi non sono però completamente separati. Negli Uccelli e nei Mammiferi il cuore è costituito da due atri e due ventricoli con separazione completa. I sei archi aortici dei Pesci si evolvono in modo diverso nelle altre classi di Vertebrati.
Nell’uomo si distinguono due sistemi: il piccolo e il grande circolo (fig. 1).
I vasi del piccolo circolo sono l’arteria e le vene polmonari. La prima nasce dal ventricolo destro del cuore, si divide in due rami e penetra in ciascun polmone risolvendosi in una rete capillare, a livello degli alveoli. Da questa prendono origine i vasi venosi che formano le quattro vene polmonari con sbocco nell’atrio sinistro del cuore.
Il grande circolo, per la parte arteriosa, è costituito dall’aorta e dai rami che direttamente e indirettamente ne derivano; per la parte venosa è costituito dalle due vene cave (superiore e inferiore), con sbocco nell’atrio destro del cuore e dalle vene loro tributarie. Le arterie destinate ai vari distretti somatici sono: per il capo, le carotidi; per il collo, il tratto superiore del torace e gli arti superiori, la succlavia e i suoi rami diretti e indiretti; per una parte delle pareti toraciche e per gli organi che vi sono contenuti, le intercostali, le esofagee, le bronchiali e le coronarie cardiache; per le pareti e per gli organi addominali, il tronco celiaco, le mesenteriche, le renali; per gli organi pelvici, l’ipogastrica, per l’arto inferiore, l’iliaca esterna, la femorale, la poplitea, la tibiale anteriore e la tibioperoniera. Le vene della metà sopradiaframmatica del corpo confluiscono nella cava superiore. Nelle singole regioni i vasi venosi principali sono costituiti: al capo dai seni della dura madre, al collo dalle giugulari, all’arto superiore dall’ascellare che si continua nella succlavia. Le vene della metà sottodiaframmatica del corpo mettono capo alla vena cava inferiore, costituita dalla confluenza delle iliache comuni, ricevendo il sangue refluo dagli arti inferiori e dalla cavità pelvica. Fra le vene addominali, la vena porta convoglia nel fegato il sangue della porzione addominale del tubo digerente, del pancreas, della milza, della colecisti. Il piccolo e il grande circolo non sono tra loro completamente separati ma, sia pure in modo limitato, comunicano, attraverso le vene bronchiali.
Mammiferi e Uccelli hanno una c. doppia completa, così detta perché il sangue passa due volte per il cuore, a ogni atto circolatorio, senza che vi sia mescolanza fra il sangue arterioso e il sangue venoso. Nei Pesci, invece, la c. è semplice: il cuore consta di un solo atrio e di un solo ventricolo, e il sangue, spinto dal cuore nelle branchie, dove si ossigena, passa direttamente nell’aorta, per venire distribuito a tutto il corpo. Di qui refluisce, come sangue venoso, nell’atrio cardiaco, donde viene immesso nel ventricolo, e nuovamente inviato alle branchie. Negli Anfibi il cuore consta di due atri più o meno ben separati, e di un solo ventricolo, in cui può avvenire una parziale mescolanza del sangue arterioso (proveniente dalle branchie o dai polmoni) e di quello venoso, proveniente dai vari organi: la c. è doppia incompleta. Nei Rettili il cuore ha quattro cavità, due atri e due ventricoli, però la parete interventricolare non è completa, ma più o meno lacunosa, così che la c. è anche qui doppia e incompleta, tranne nei coccodrilli, in cui la parete è completa, e la c. simile a quella degli Uccelli e dei Mammiferi.
Gli antichi ne avevano qualche nozione, inquinata da vari errori. La dottrina di Galeno che il sangue venoso fluisse in direzione centrifuga e corresse indipendentemente da quello arterioso dominò incontrastata durante tutto il Medioevo. Fu definitivamente scardinata nel 17° sec., quando W. Harvey giunse a tracciare il quadro completo della c., spiegandola dal punto di vista meccanico e dinamico (Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus, 1628).
L’attività automatica del cuore – che funziona come una pompa premente (durante la sistole) e aspirante (durante la diastole) – è fattore determinante della circolazione. In tale compito il cuore è coadiuvato dal tono delle arterie, dalle variazioni respiratorie della pressione intratoracica, dall’esercizio muscolare. Il sangue venoso, proveniente da tutti i distretti dell’organismo, raggiunge per mezzo delle vene cave l’atrio destro e passa nel ventricolo dello stesso lato. Pertanto nella metà destra del cuore, detta cuore destro, passa sangue venoso, mentre nella metà sinistra, detta cuore sinistro, passa sangue arterioso. Dal ventricolo destro il sangue viene immesso nell’arteria polmonare, che, giunta nell’interno del polmone, si divide in rami sempre più piccoli, fino alla rete di capillari perialveolari dove il sangue si arricchisce di ossigeno, acquistando così i caratteri del sangue arterioso (➔ respirazione). Questo ritorna poi, attraverso le vene polmonari, all’atrio sinistro, concludendo così la circolazione polmonare, detta anche piccola c., che aveva avuto inizio nel ventricolo destro. Il sangue passa poi nel ventricolo sinistro che lo immette nell’aorta, dalla quale si dipartono rami per tutti gli altri organi (esclusi, naturalmente, i polmoni), a livello delle cui reti capillari il sangue si trasforma da arterioso in venoso, per essere nuovamente veicolato, attraverso i capillari in continuazione con piccole vene confluenti in tronchi sempre più grossi fino alle vene cave, nell’atrio destro, dove termina la grande c. che aveva avuto inizio nel ventricolo sinistro.
Comportamento particolare ha, nell’ambito della grande c., il cosiddetto circolo portale, comprendente un complesso di vene originatesi dal tubo digerente, dal pancreas, dalla milza, dal peritoneo che confluiscono a formare la vena porta. Questa, sfioccandosi finemente in seno al fegato, porta il materiale alimentare assorbito dall’intestino a contatto delle cellule epatiche, permettendone così l’ulteriore elaborazione biochimica. Successivamente il sangue refluo dal fegato si raccoglie nelle cosiddette vene sovraepatiche, affluenti nella vena cava inferiore.
Per la c. fetale ➔ feto.
Qualsiasi alterazione del normale equilibrio idrodinamico circolatorio, determinata da modificazioni della pressione sanguigna, della velocità di c. del sangue o della portata di un dato vaso, induce nei tessuti alterazioni circolatorie, rappresentate fondamentalmente dall’ischemia e dall’iperemia. I disturbi della c. si distinguono in generali e locali. Questi ultimi conseguono a compressioni esercitate sui vasi da cause patologiche (tumori), da ostruzioni vasali (per es., morbo di L. Bürger) e da disturbi vasomotori (per es., morbo di M. Raynaud). Disturbi generali si possono riscontrare in soggetti cardiopatici, in condizioni di esagerata attività (sforzi, febbre, emozioni violente ecc.), nei casi di stati anemici con possibili palpitazioni, vertigini, lipotimie, disturbi visivi ecc.
La c. extracorporea (o extracardiaca) è una metodica che permette di derivare il sangue all’esterno dell’organismo, per ossigenarlo e reimmetterlo poi nell’organismo, escludendo temporaneamente il cuore dalla c. corporea; consente la correzione chirurgica di malformazioni congenite e vizi acquisiti cardiaci di notevole complessità senza rischi di anossia dei parenchimi, che continuano a essere adeguatamente, ma artificialmente, perfusi (➔ cardiochirurgia). Lo schema generale di un circuito extracorporeo (➔ by-pass) prevede la deviazione del sangue venoso dalle due vene cave, la sua ossigenazione e la successiva reimmissione in un’arteria periferica. L’apparato meccanico necessario a sostituire integralmente le funzioni cardiocircolatoria e respiratoria risulta quindi costituito, nella sua più semplice espressione, da un ossigenatore, una pompa venosa e una pompa arteriosa. Un circuito extracorporeo parziale (by-pass parziale o by-pass sinistro) senza ossigenatore può essere utile negli interventi sull’aorta toracica (aneurismi) o sulla porzione discendente dell’arco (forme complicate di stenosi istmica), quando sia necessario chiudere l’aorta per un tempo abbastanza prolungato, per evitare danni ischemici del midollo spinale o della metà distale del corpo. Le metodiche di assistenza alla c. mediante circuiti extracorporei hanno trovato un utile campo d’impiego anche nelle condizioni di deficit transitorio e reversibile della funzione cardiocircolatoria: insufficienza ventricolare sinistra acuta, shock cardiogeno da infarto miocardico ecc.
Tale libertà – che trova antiche radici nel riconoscimento della libertà di espatrio e di rimpatrio concessa ai mercanti, di cui è traccia nella Magna Charta – è indissolubilmente legata ai principi che governano l’economia libera di mercato. Già lo Statuto Albertino, all’art. 26, parlava espressamente di libertà di «locomozione», qualificandola come condizione necessaria per una piena esplicazione della libertà personale. La Costituzione repubblicana, all’art. 16, ha poi sancito la libertà di c. e di soggiorno, considerandola autonomamente rispetto alla libertà personale, prevista dall’art. 13. Anche il Trattato di Roma, istitutivo della Comunità Europea, ha tutelato la libera c. di lavoratori e merci all’interno della Comunità; e la Carta dei diritti dell’Unione Europea, ora incorporata nel Trattato, ha sancito tale diritto nell’art. II-105, che recita: «Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. La libertà di circolazione e soggiorno può essere accordata, conformemente al Trattato che istituisce la Comunità europea, ai cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro».
Affinché tale diritto sia concretamente attuato, occorre garantire una mobilità sostenibile. In questo contesto, l’Unione Europea è impegnata a sperimentare soluzioni che possano rendere più fluida la c. sulle grandi arterie, mediante l’istituzione di corridoi multimodali dedicati alle merci, nonché a favorire l’intermodalità nel trasporto passeggeri. Infatti, il vorticoso crescere di un’economia che non ha più confini ha fatto emergere punti critici nell’ambito delle quattro principali modalità di c. di persone e merci: aerea, ferroviaria, navale e stradale. Lo scenario italiano, in particolare, è caratterizzato da un forte squilibrio di queste modalità: infatti il trasporto su gomma assorbe oltre il 90% del traffico delle persone e quasi il 70% di quello delle merci. Inoltre, negli ultimi dieci anni il parco veicolare è arrivato a superare i 44 milioni di unità, a fronte di un sistema viario incrementato, nello stesso arco temporale, soltanto del 4%. Sul fronte della sicurezza, i dati relativi agli inciden;ti evidenziano costi sociali elevati, stimati in circa 34 milioni di euro per l’anno 2002, pari al 2,7% del prodotto interno lordo.
In Italia, l’esigenza di una regolamentazione in materia di c. stradale è stata precocemente avvertita. Già con la l. 2248/1865, venivano regolamentati la velocità e il comportamento da tenere da parte dei veicoli a trazione animale, e con l’espandersi inarrestabile del fenomeno automobilistico furono introdotte (r.d. 1740/1933) nuove misure. Fu quindi istituita la Milizia della strada, originario presidio preposto alla vigilanza e al controllo delle regole circolatorie e di tutela e manutenzione delle strade, facente capo per l’impiego tecnico e amministrativo al Ministero dei Lavori pubblici. Nel 1947, nel quadro della riorganizzazione di specifici servizi, la polizia stradale acquistò autonoma dignità operativa, quale specialità della polizia di Stato, dipendente dal Ministero dell’Interno.
Il flusso di moneta, che continuamente si scambia con beni e servizi. Non tutti i mezzi di pagamento disponibili rientrano in questo concetto di c. in quanto soltanto una parte di essi circola effettivamente in un dato periodo, per finanziare il flusso delle transazioni, mentre una parte costituisce presso le banche, gli enti pubblici e i privati le cosiddette giacenze o scorte. Per valutare la c. dal punto di vista dinamico bisogna conoscere quale sia la velocità di circolazione della moneta, che indica quante volte ogni unità di moneta circola per finanziare un dato flusso di transazioni in un sistema economico ed è generalmente riferita alle transazioni finali, cioè al flusso del reddito monetario (velocità di c. rispetto al reddito). Nella teoria macroeconomica, la velocità di c. della moneta può essere supposta costante o variabile; dipende dalle abitudini prevalenti di pagamento e, nella seconda ipotesi, anche dall’inflazione attesa e dall’andamento del saggio dell’interesse (➔ moneta).
Nell’uso corrente, il termine c. monetaria indica anche il complesso dei mezzi di pagamento disponibili in un dato momento in un paese. È sinonimo, quindi, di stock di moneta e includerà, secondo il regime monetario, monete metalliche di varia natura, biglietti di banca e di Stato, assegni. Nei sistemi a base aurea, in regime di convertibilità, l’insieme dei biglietti convertibili in oro e degli assegni forma la c. fiduciaria o rappresentativa, poiché tali mezzi di pagamento circolano solo per la fiducia che ispirano al pubblico. La c. dei biglietti di banca o di Stato inconvertibili è anche chiamata c. cartacea; la c. degli assegni è sempre c. fiduciaria.
Movimenti, su grande scala, di masse di aria tra zone di maggiore e minore pressione atmosferica. Per rappresentare la c. atmosferica, si ricorre a uno schema della velocità media dei venti nell’intera atmosfera terrestre ottenuto mediando nel tempo, su intervalli lunghi (un mese o più), i dati delle relative osservazioni meteorologiche. Scompaiono, in tal modo, tutte le perturbazioni del campo medio delle velocità dell’aria imputabili a particolarità topografiche e geografiche. Nella fig. 2 è riportato, in forma semplificata, lo schema dei venti al suolo e in quota relativo a condizioni stagionali medie nell’emisfero Nord. La c. atmosferica è determinata dalla distribuzione media, su grande scala, della pressione atmosferica. Procedendo, al livello del mare, dall’equatore verso i poli, si incontra una successione di zone di alta e di bassa pressione (centri di azione dell’atmosfera), in quest’ordine schematico:
a) una zona di bassa pressione equatoriale, tra circa 10° lat. S e circa 10° lat. N;
b) una zona di alta pressione nelle fasce subtropicali, tra 30° e 40° di latitudine;
c) una zona di bassa pressione nelle fasce subpolari, tra 60° e 70° di latitudine;
d) una zona di alta pressione sulle calotte polari.
Ad alta quota, invece, la pressione diminuisce regolarmente dall’equatore verso i poli. Conseguentemente, la c. generale si presenta schematicamente costituita dai seguenti sistemi di venti: il sistema equatoriale (A in fig.), generato dalle masse d’aria ascendenti nella zona equatoriale e discendenti poi nella fascia subtropicale, costituito da venti al suolo spiranti da est (alisei) e da venti in quota spiranti prevalentemente da ovest (antialisei); il sistema temperato (B in fig.), costituito da venti spiranti da ovest e generato da masse d’aria discendenti nelle fasce subtropicali e ascendenti nelle fasce subpolari; il sistema polare (C in fig.), costituito da venti al suolo spiranti da est e da venti in quota spiranti da ovest, generato da masse d’aria ascendenti nelle fasce subpolari e discendenti sui poli. Questi sistemi sono separati, al suolo, da zone di calma o di venti deboli e irregolari in corrispondenza delle zone di alta pressione: le calme equatoriali, le calme tropicali, intorno ai 35° di latitudine e le calme polari intorno ai 65° di latitudine. Per quanto riguarda le alte quote, sono da ricordare anche la corrente (➔) a getto subtropicale, sistema di venti occidentali che spirano, con alta velocità, a latitudine di circa 30°, circa al livello della tropopausa, e la corrente a getto subpolare, anch’essa occidentale, ma meno regolare e meno intensa della precedente, che scorre al livello della tropopausa e a latitudine variabile tra 50° e 80°.