Ramo della medicina che mira alla salvaguardia dello stato di salute e al miglioramento delle condizioni somatiche e psichiche, mediante lo studio e il suggerimento delle misure di protezione sanitaria dei singoli individui (i. individuale o i. privata) e delle popolazioni (i. pubblica), con riferimento, per quest’ultima, a tutte quelle condizioni ambientali (lavoro, urbanizzazione, inquinamenti, trasporti) che coinvolgono problemi di natura sanitaria.
Come scienza organica fondata su principi razionali l’i. ha cominciato ad avere rigoglioso sviluppo solo nella seconda metà del 19° sec.; tuttavia norme di i. individuale sono rintracciabili diffusamente nelle più antiche civiltà sotto forma di precetti empirici o religiosi. Tentativi intesi a prevenire e arginare le malattie epidemiche si sono avuti sin dal Medioevo con provvedimenti di quarantena e di polizia sanitaria; tali misure ebbero un orientamento più appropriato dopo le geniali intuizioni di G. Fracastoro, K. Kirchner, G.M. Lancisi sulla natura ‘animata’ dei contagi, ma divennero razionali solo dopo le scoperte di L. Pasteur, R. Koch e degli altri microbiologi, perché è stata appunto la microbiologia a fornire le basi per una razionale prevenzione di numerose malattie infettive (immunoprofilassi attiva e passiva, attuata rispettivamente con vaccini e sieri specifici): carbonchio, colera, difterite, peste, tetano, tifo addominale e tifo esantematico, pertosse, tubercolosi, vaiolo e, in tempi più recenti, poliomielite anteriore acuta, morbillo, parotite, rosolia.
La prevenzione contro le malattie infettive e parassitarie ha registrato successi ma anche delusioni. Tra i grandi obiettivi condotti a termine dopo la vittoria conseguita contro la poliomielite, figura in primo piano l’eradicazione del vaiolo, ufficialmente proclamata dall’OMS nel 1980; fallimentare, invece, è stata la lotta contro la malaria a livello dei paesi in via di sviluppo e contro la schistosomiasi. Deludente (anche per le carenze dei programmi di educazione sanitaria) è stata la prevenzione delle malattie trasmesse per via sessuale, che hanno presentato un imprevisto e progressivo incremento dal 1960 in poi, e in particolare proprio nei paesi dotati di efficiente organizzazione sanitaria: situazione, poi, complicatasi dal 1980 con la comparsa dell’AIDS.
Campi d'azione
Campi propri dell’i. sono: a) il riconoscimento e la rimozione delle condizioni dell’ambiente esterno che influiscono perniciosamente sull’uomo nella vita ordinaria (i. dell’abitazione, i. della scuola, i. del lavoro, i. dei servizi pubblici, i. rurale ecc.); b) la regolamentazione dei metodi di lavorazione e conservazione dei prodotti alimentari; c) la lotta contro le malattie epidemiche, infettive, contagiose e contro quelle che, pur non avendo tali caratteri, rappresentano un problema sociale (aterosclerosi, tumori maligni, malattie mentali); d) i problemi dell’organizzazione sanitaria pubblica e della protezione della salute nelle varie età. Nel corso degli anni, questi differenti capitoli hanno avuto diversa importanza. L’interesse dell’i. si è recentemente concentrato sui problemi posti dall’industrializzazione e dal progresso tecnologico e su gruppi di malattie che per la loro natura in un primo tempo erano sembrate esulare dal suo ambito, come le malattie mentali, le vasculopatie, le malattie a carattere degenerativo, i tumori.
L’i. mentale ha per oggetto le misure atte a promuovere uno sviluppo psichico equilibrato e adeguato e a garantire il mantenimento di quelle condizioni che sottostanno al suo raggiungimento; a prevenire l’insorgenza delle malattie mentali e a curare i danni da esse provocati. La genericità di questa definizione trova la sua giustificazione nella difficoltà di precisare in maniera univoca il concetto di sanità mentale. Infatti, se è facile definire il malato come colui che presenta, di volta in volta, una certa costellazione sintomatologica, non basta l’assenza di tale costellazione, determinata e precisa, a individuare una persona come sana di mente; in realtà, i concetti di sviluppo psicologico, di equilibrio psichico, di sanità e di normalità si definiscono in relazione all’ambiente nel quale sono immersi e del quale sono espressione; anche il sentimento individuale del ‘sentirsi bene’ è in qualche modo collegato a quell’idea del sentirsi bene che in un dato luogo e in un dato momento riceve il consenso della maggioranza della popolazione. L’evidenziarsi di notevoli correlazioni tra condizioni socioculturali e patologia mentale ha portato a un approfondimento della ricerca in questo settore e, in pratica, a un grosso impulso alla prevenzione, guidati dall’idea che, ove sia possibile intervenire al manifestarsi degli stati di disagio iniziali, sia di conseguenza più agevole impedire lo sviluppo di malattie mentali vere e proprie.
Nell’ordinamento italiano, il diritto dei lavoratori all’i. e alla sicurezza sul luogo di lavoro trova espresso fondamento nella Carta costituzionale. In particolare, gli art. 32 e 41 Cost. tutelano la salute non solo in quanto fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, ma anche come limite al libero esercizio dell’iniziativa economica privata. Tale principio ha trovato inoltre riconoscimento normativo nell’art. 2087 c.c., che sancisce il principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile sul luogo di lavoro e il correlato obbligo di ricorrere alla migliore scienza ed esperienza, attribuendo al datore di lavoro una funzione di garanzia in ordine alla realizzazione della tutela della salute e della sicurezza del lavoratore. La genericità dell’obbligo di sicurezza disposto dall’art. 2087 c.c. ha presto evidenziato la necessità di integrare il quadro normativo con disposizioni più specifiche e più tecniche. Così, dietro l’impulso della l. 51/1955 – che delegava al governo il compito di intervenire in materia di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro – è stata emanata una serie di provvedimenti di carattere sia generale (d.p.r. 547/1955; d.p.r. 302/1956; d.p.r. 303/1956) sia speciale (d.p.r. 164/1956; d.p.r. 320/1956; d.p.r. 321/1956; d.p.r. 322/1956; d.p.r. 323/1956). Ma la vera svolta in materia di legislazione antinfortunistica si è avuta con il d. legisl. 626/1994 (e successive modificazioni ed integrazioni) che, recependo una serie di direttive comunitarie, ha introdotto la logica dell’anticipazione dei rischi e della prevenzione degli infortuni.
L’esigenza di procedere a una ridefinizione organica della materia e di rendere effettiva la normativa prevenzionistica – a fronte dei mutamenti del contesto economico-produttivo e dell’alto numero di incidenti sui luoghi di lavoro – ha portato il legislatore alla emanazione del d. legisl. 81/2008, che si configura come un Testo Unico in materia. Esso è composto di 306 articoli, distribuiti in 13 titoli, e di 51 Allegati, e mira a realizzare un sistema di prevenzione attraverso la valutazione, la riduzione e il controllo costante dei fattori di rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Il campo di applicazione della normativa è esteso a tutti coloro che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolgono un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici o familiari. La prevenzione si ispira a un modello «compartecipativo», che prevede cioè la partecipazione attiva di diversi soggetti: datore di lavoro, dirigenti, personale preposto alla prevenzione e protezione dai rischi, medici, rappresentanti per la sicurezza, lavoratori. Ai fini dell’effettività della disciplina, grande rilievo viene dato all’informazione e alla formazione dei lavoratori, pur individuando nel datore di lavoro, in colui che esercita, in concreto, i poteri decisionali e di spesa nell’ambito dell’organizzazione aziendale o dell’unità produttiva il principale fattore della sicurezza aziendale. Un’importante novità è rappresentata dall’istituto della delega di funzioni, valida nella misura in cui siano rispettati determinati requisiti formali nonché di professionalità e di autonomia del delegato. Con riferimento alle misure generali di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, è confermato l’impianto previgente, a partire dall’obbligo, non delegabile, di procedere alla valutazione dei rischi e all’elaborazione del relativo documento. Complessivamente appesantito è l’apparato sanzionatorio.