La condizione che rende e fa sentire di essere esente da pericoli, o che dà la possibilità di prevenire, eliminare o rendere meno gravi danni, rischi, difficoltà, evenienze spiacevoli, e simili.
S. alimentare L’insieme delle misure – amministrative, legali, tecniche – e degli apparati di controllo che mirano ad assicurare alla collettività il cosiddetto cibo sicuro (ovvero a minimo o nullo rischio microbiologico, chimico, radioattivo, ossia tossicologicamente accettabile).
Sistema istituzionalizzato di coercizione, diretto contro gli Stati responsabili di minacce alla pace, violazione della pace e atti d’aggressione, delineato dal capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite del 1945.
Tale sistema si fonda sul Consiglio di s. delle Nazioni Unite, al quale la Carta attribuisce la responsabilità principale del mantenimento della pace e della s. internazionali. La Carta prevede che il Consiglio, dopo aver accertato la presenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione, decida le misure da adottare per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale (art. 39). A seconda del caso, esse consistono in misure provvisorie (art. 40), misure che non prevedono l’uso della forza (art. 41) e misure implicanti l’uso della forza (art. 42 e ss.). Tali misure, la cui scelta è rimessa all’apprezzamento del Consiglio di s., sono applicabili a ogni situazione obiettivamente conforme a una o più di quelle indicate dall’art. 39 e anche nei confronti di Stati non membri dell’ONU.
La catena di misure che il Consiglio può adottare inizia con quelle di cui all’art. 40, per il quale, al fine di prevenire l’aggravarsi di una situazione, il Consiglio potrà, prima di fare raccomandazioni o decidere sulle misure ex art. 41, invitare le parti interessate a ottemperare a quelle misure provvisorie che esso consideri necessarie o desiderabili. L’art. 41 riguarda a sua volta le misure quali l’embargo o l’interruzione delle relazioni economiche. Se queste misure risultano o appaiono al Consiglio inadeguate, esso può intraprendere quelle azioni militari con forze aeree, navali e terrestri necessarie per ristabilire la pace e la s. internazionali, previste dall’art. 42 della Carta. Assieme alla legittima difesa, le misure ex art. 42 costituiscono un’eccezione al divieto dell’uso e della minaccia della forza nelle relazioni internazionali stabilito dall’art. 2, par. 4, della Carta.
La mancata istituzione di una forza militare sotto il controllo del Consiglio di sicurezza, prefigurata dalla Carta (art. 43 e seguenti), ha determinato, a partire dall’ultimo decennio del 20° secolo, il ricorso del Consiglio alla prassi delle autorizzazioni all’uso della forza conferite agli Stati membri, agenti sia individualmente che nell’ambito delle organizzazioni internazionali regionali.
Il ruolo delle organizzazioni regionali. - Al sistema di sicurezza collettiva contribuiscono, come rilevato, le organizzazioni internazionali regionali competenti per il mantenimento della pace, quali, ad esempio, l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, l’Unione Europea, l’Unione Africana, etc.; tuttavia, in base al cap. VIII della Carta delle Nazioni Unite, le organizzazioni regionali non possono intraprendere azioni coercitive senza la previa autorizzazione del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Principi generali. - In senso lato, rientrano nella definizione di s. sociale «tutte le attività proprie della politica sociale: dalla tutela dell’occupazione alla tutela del reddito, dalla tutela della salute a quella dell’ambiente e dell’edilizia, dall’istruzione alla giustizia, alla difesa, alla cultura, alla tutela del tempo libero e così via» (M. Cinelli). Nel linguaggio corrente, l’espressione s. sociale costituisce una «formula riassuntiva di esperienze sociali e giuridiche, le quali, pure accomunate dalla generica finalità di tutela della persona umana in relazione a bisogni essenziali alla vita individuale e collettiva – permangono eterogenee e mutevoli» (Cinelli).
L’idea della s. sociale trova, dunque, attuazione mediante interventi che, sulla base dei principi di solidarietà (art. 2 Cost.) e uguaglianza (art. 3 Cost.), garantiscono l’erogazione di beni e servizi a favore dei cittadini che si trovano in condizioni di bisogno (art. 32 e 38 Cost.).Tale complesso sistema comprende sia l’assistenza sia la previdenza sociale. Mediante l’assistenza sociale, lo Stato interviene a favore di ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere. Il trattamento previdenziale è invece riservato strettamente ai lavoratori, che come tali hanno diritto che siano previsti e assicurati i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita nel caso in cui non possano più lavorare in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
La locuzione s. sociale è apparsa per la prima volta nel 1935 in una legge degli USA, il Social security act, che introduceva l’assicurazione per la vecchiaia e quella contro la disoccupazione per alcune categorie di salariati, assumendo un significato simile a quello di previdenza sociale. Qualche anno dopo, nel 1938, una legge adottata dalla Nuova Zelanda istituiva un compiuto sistema di assistenza economica e sanitaria per tutta la popolazione, dando così alla s. sociale un significato di più ampia portata. In Gran Bretagna un piano per la s. sociale costituì la parte qualificante del rapporto Beveridge (1942; ➔ Beveridge of Tugall, William Henry) che ha ispirato tutta la legislazione inglese successiva. In Francia, a partire dal 1946, alcune forme previdenziali e di assicurazione obbligatoria vennero estese a tutta la popolazione.
Disposizioni internazionali ed europee. - In ambito internazionale, la s. sociale, oltre a figurare tra i diritti enumerati nel Patto delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, costituisce l’oggetto di numerose convenzioni adottate dall’Organizzazione internazionale del lavoro, relative, tra l’altro, ai rischi professionali e alla tutela dei lavoratori migranti e di singole categorie di lavoratori.
La Carta sociale europea, adottata dal Consiglio d’Europa nel 1961, affermava il diritto di tutti i lavoratori alla s. sociale, così come la nuova Carta sociale europea del 1996 e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000. Il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale è stato attivato nel 1971 con l’adozione del regolamento (CEE) 1408/71 del Consiglio, che ha consentito di garantire a tutti i lavoratori con cittadinanza degli Stati membri la parità di trattamento e il godimento delle prestazioni della s. sociale, indipendentemente dal luogo della loro occupazione o della loro residenza. Dal 1971 il regolamento è stato oggetto di numerose modifiche intese ad adattarlo all’evolversi delle legislazioni nazionali da un lato e a completarlo grazie ai progressi dovuti alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee dall’altro. Tali modifiche hanno accresciuto la complessità delle regole comunitarie di coordinamento. La necessità di una revisione generale della legislazione in materia è stata riconosciuta in occasione del Consiglio di Edimburgo del 1992, che ha auspicato una semplificazione delle regole. Nel 1998 il Consiglio ha presentato una proposta di regolamento intesa a semplificare le regole comunitarie relative. In attuazione di tale proposta, il regolamento CE 988/2009 CE ha abrogato il regolamento 1408/71 ponendosi l’obiettivo di razionalizzare concetti, regole e procedure relative al coordinamento dei sistemi di s. sociale degli Stati membri. Tra i cambiamenti intervenuti vanno sottolineati: il miglioramento dei diritti degli assicurati mediante l’estensione degli ambiti di applicazione ratione personae e ratione materiae; l’estensione delle disposizioni a tutti i cittadini degli Stati membri soggetti alla legislazione di s. sociale di uno Stato membro e non più soltanto alle persone appartenenti alla popolazione attiva; l’aumento dei settori di s. sociale soggetti al regime di coordinamento, al fine di includervi le legislazioni concernenti il prepensionamento; la modifica di alcune disposizioni concernenti la disoccupazione: il mantenimento per un certo periodo (3 mesi aumentabili fino a un massimo di 6) del diritto alle prestazioni di disoccupazione per il disoccupato che si reca in un altro Stato membro per cercarvi un’occupazione; il rafforzamento del principio generale della parità di trattamento, di speciale importanza per i lavoratori frontalieri, in particolare con l’inserimento di una disposizione che prevede l’assimilazione dei fatti; il rafforzamento del principio di esportazione delle prestazioni; l’introduzione del principio di buona amministrazione.
S. sociale dei lavoratori emigranti. - La normativa internazionale prescrive l’obbligo di assicurare i lavoratori dipendenti secondo la normativa del paese in cui vengono occupati. I regolamenti UE hanno apportato una deroga a tale disciplina generale, in quanto prevedono la possibilità del mantenimento del regime previdenziale del paese di provenienza. Il periodo massimo di mantenimento è di 24 mesi (di cui due periodi successivi di 12 mesi), previa concessione di autorizzazione da parte dell’autorità di s. dello Stato estero ospitante. L’autorizzazione, inoltre, può essere concessa per un periodo di tempo di oltre 5 anni in casi di particolare necessità. La legislazione italiana prevede che la richiesta sia presentata agli istituti competenti tramite appositi formulari. Durante il periodo all’estero continua a gravare sul datore di lavoro l’obbligo del versamento contributivo (anche per la parte del lavoratore) nei confronti degli enti assistenziali e previdenziali italiani. La misura di tali contributi è quella ordinaria, applicata ai lavoratori normalmente operanti in Italia. I periodi di permanenza in paesi appartenenti all’Unione Europea devono essere segnalati all’INAIL, e al medesimo ente va comunicato il rientro del lavoratore.
La l. 398/1987 disciplina a fondo la materia per quanto concerne i lavoratori operanti fuori dell’Unione Europea, in paesi in cui non vigono accordi bilaterali di s. sociale. I datori di lavoro devono assicurare ai propri dipendenti: le assicurazioni per invalidità, vecchiaia e superstiti e contro la tubercolosi; le assicurazioni contro la disoccupazione e la mobilità; le assicurazioni in materia di infortuni, malattie, malattie professionali e maternità; il fondo garanzia del trattamento di fine rapporto e la contribuzione ex ENAOLI (Ente Nazionale per l’Assistenza agli Orfani dei Lavoratori Italiani). Le aliquote contributive applicabili sono quelle normalmente in vigore nei diversi settori, salvo alcune agevolazioni. La base imponibile utilizzabile è quella di tipo convenzionale, annualmente stabilita mediante emanazione di un apposito decreto ministeriale. Inoltre, il datore di lavoro è tenuto ad aprire specifiche posizioni INPS e INAIL.
Ai lavoratori inviati in paesi convenzionati non appartenenti all’Unione Europea si applicano le disposizioni dei paesi della UE, ma con alcune modifiche, di volta in volta individuate nei diversi accordi stipulati con i paesi stranieri.
Nell’ordinamento italiano, il diritto dei lavoratori all’igiene e alla s. sul luogo di lavoro trova espresso fondamento nella Carta costituzionale. In particolare, gli art. 32 e 41 Cost. tutelano la salute non solo in quanto fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, ma anche come limite al libero esercizio dell’iniziativa economica privata. Tale principio ha trovato inoltre riconoscimento normativo nell’art. 2087 c.c., che sancisce il principio della massima s. tecnologicamente fattibile sul luogo di lavoro e il correlato obbligo di ricorrere alla migliore scienza ed esperienza, attribuendo al datore di lavoro una funzione di garanzia in ordine alla realizzazione della tutela della salute e della s. del lavoratore. La genericità dell’obbligo di s. disposto dall’art. 2087 c.c. ha presto evidenziato la necessità di integrare il quadro normativo con disposizioni più specifiche e più tecniche. Così, dietro l’impulso della l. n. 51/1955 – che delegava al governo il compito di intervenire in materia di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro – è stata emanata una serie di provvedimenti di carattere sia generale (d.p.r. n. 547/1955; d.p.r. n. 302/1956; d.p.r. n. 303/1956) sia speciale (d.p.r. n. 164/1956; d.p.r. n. 320/1956; d.p.r. n. 321/1956; d.p.r. n. 322/1956; d.p.r. n. 323/1956). Ma la vera svolta in materia di legislazione antinfortunistica si è avuta con il d. lgs. n. 626/1994 (e successive modificazioni ed integrazioni) che, recependo una serie di direttive comunitarie, ha introdotto la logica dell’anticipazione dei rischi e della prevenzione degli infortuni. L’esigenza di procedere a una ridefinizione organica della materia e di rendere effettiva la normativa prevenzionistica – a fronte dei mutamenti del contesto economico-produttivo e dell’alto numero di incidenti sui luoghi di lavoro – ha portato il legislatore alla emanazione del d. lgs. n. 81/2008, che si configura come un Testo Unico in materia. Esso è composto di 306 articoli, distribuiti in 13 titoli, e di 51 Allegati, e mira a realizzare un sistema di prevenzione attraverso la valutazione, la riduzione e il controllo costante dei fattori di rischio per la salute e la s. dei lavoratori. Il campo di applicazione della normativa è esteso a tutti coloro che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolgono un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici o familiari. La prevenzione si ispira a un modello «compartecipativo», che prevede cioè la partecipazione attiva di diversi soggetti: datore di lavoro, dirigenti, personale preposto alla prevenzione e protezione dai rischi, medici, rappresentanti per la sicurezza, lavoratori. Ai fini dell’effettività della disciplina, grande rilievo viene dato all’informazione e alla formazione dei lavoratori, pur individuando nel datore di lavoro, in colui che esercita, in concreto, i poteri decisionali e di spesa nell’ambito dell’organizzazione aziendale o dell’unità produttiva il principale fattore della s. aziendale. Un’importante novità è rappresentata dall’istituto della delega di funzioni, valida nella misura in cui siano rispettati determinati requisiti formali nonché di professionalità e di autonomia del delegato. Con riferimento alle misure generali di tutela della salute e s. dei lavoratori, è confermato l’impianto previgente, a partire dall’obbligo, non delegabile, di procedere alla valutazione dei rischi e all’elaborazione del relativo documento. Complessivamente appesantito è l’apparato sanzionatorio.
Nel settore informatico il termine s. denota l’insieme delle tecniche e dei dispositivi, sia software sia hardware, mediante i quali si attua la protezione di dati e sistemi informatici. Gli aspetti principali della s. informatica riguardano la difesa delle informazioni dai tentativi di intrusione a scopo di spionaggio o di danneggiamento dell’intero sistema, e la salvaguardia della loro integrità, ovvero la protezione delle informazioni nei confronti di modifiche, accidentali o volontarie, del loro contenuto. Il primo aspetto ha acquisito grande importanza con la diffusione della rete internet e con la conseguente possibilità di far circolare con estrema semplicità le informazioni, rendendole allo stesso tempo un facile bersaglio per pirati informatici, hacker ecc; in questo caso, il sistema di protezione più efficace è costituito dalle procedure di autenticazione, mediante le quali viene consentito l’accesso alle informazioni soltanto a quegli utenti di cui si è preventivamente verificata l’identità. Una corretta archiviazione dei dati, invece, garantisce che questi vengano conservati integri. Esistono diverse tecniche per l’archiviazione delle informazioni, dalla semplice memorizzazione su supporti digitali quali CD, DVD, hard disk ecc. fino alla realizzazione di complesse strutture, denominate database, che richiedono l’utilizzo di software specifici, database management system (➔ DBMS), con i quali è possibile manipolare i dati riducendo al minimo le possibilità che questi vengano persi o modificati.
Negli autoveicoli, il complesso degli elementi costruttivi atti a prevenire incidenti o a limitarne le conseguenze per gli occupanti del veicolo stesso; s. attiva, relativa alle caratteristiche meccaniche di questo; s. passiva, relativa alla protezione degli occupanti e anche degli altri utenti della strada (resistenza differenziata della carrozzeria, imbottitura delle sporgenze dell’interno, cinture di s., eliminazione di elementi sporgenti e contundenti esterni ecc.).
Nella scienza delle costruzioni, coefficiente di s., il rapporto tra il carico di rottura (di snervamento, nel caso di materiali duttili) e il carico massimo ammissibile, detto anche carico di sicurezza. Il coefficiente di s., che dev’essere noto in fase di progetto, dipende dall’applicazione specifica, variando, in particolare, al variare dell’incertezza nel valore del carico: nelle costruzioni meccaniche, per es., può essere anche molto elevato nel caso delle funi metalliche; nelle costruzioni civili è legato a molteplici fattori.
Negli impianti elettrici, interruttore (o relè) di s., dispositivo che interrompe automaticamente il circuito di alimentazione del carico, quando l’intensità di corrente nel circuito o la corrente di guasto a terra superano rispettivamente i valori di progetto o i valori fissati dalle norme.