In diritto, trasgressione di un precetto normativo. V. degli obblighi di assistenza familiare Delitto (art. 570 c.p.) commesso da chi si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti la potestà di genitore o la qualità di coniuge (➔ famiglia). Tale fattispecie prevede tre forme di manifestazione: a) abbandonare il domicilio domestico o serbare una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie per sottrarsi agli obblighi indicati dalla norma; b) malversare o dilapidare i beni del figlio minore o del coniuge; c) far mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore o inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato per sua colpa. In tutti i casi l’elemento soggettivo è integrato dal dolo generico consistente nelle coscienza e volontà di sottrarsi agli obblighi di assistenza familiare mediante una delle condotte previste dalla norma. V. di domicilio Delitto di chi s’introduce nell’abitazione altrui, anche clandestinamente o con inganno, contro il volere espresso o tacito di chi ha il diritto di escluderlo. L’inviolabilità del domicilio, posta dalla Costituzione fra i diritti del cittadino, è tutelata dagli art. 614, 615 e 615 bis c.p., che puniscono chiunque si introduca o si trattenga nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero clandestinamente o con inganno ovvero con riprese visive o sonore si procuri indebitamente immagini o notizie attinenti alla vita privata nei predetti luoghi. La inviolabilità del domicilio non può però essere illimitata, e lo stesso art. 14 Cost. lascia salva la legislazione speciale nell’interesse della sanità e incolumità pubbliche ovvero per fini economici e fiscali, e prevede che nel domicilio possano aver luogo ispezioni, perquisizioni o sequestri nei casi e nei modi stabiliti dalla legge. V. in materia tributaria Mancato rispetto da parte del contribuente di norme tributarie formali (contenenti obblighi strumentali) e sostanziali (disposizioni impositive). Determina l’irrogazione di risposte sanzionatorie, che possono essere di tipo penale o amministrativo, a seconda che la v. rilevi quale fattispecie di reato o di illecito amministrativo. Le fattispecie di reato sono disciplinate dal d. legisl. 74/2000, che prevede anche le relative sanzioni, consistenti in multa o reclusione (per le ipotesi di delitti), ovvero in arresto o ammenda (per le ipotesi di contravvenzioni), e in pene accessorie. Le sanzioni penali sono irrogate dal giudice penale sulla base dei principi e dei procedimenti previsti dal codice penale e dal codice di procedura penale. Le sanzioni amministrative sono invece disciplinate dai d. legisl. 471, 472 e 473 del 1997, consistono nell’obbligo di pagamento di una somma di denaro e in sanzioni accessorie, sono irrogate dall’amministrazione finanziaria e possono essere contestate dal contribuente con impugnazione davanti alle Commissioni tributarie. La sanzione penale e quella amministrativa non possono essere cumulate, in quanto è previsto il principio di specialità.
Il sistema sanzionatorio attuale è il risultato di un’evoluzione storica iniziata con la l. 4/1929, che ha disciplinato per la prima volta le v. in materia finanziaria, e proseguita con le riforme degli anni 1970 e con quelle del 1997 e del 2000. Particolare rilievo hanno assunto questi ultimi interventi legislativi. Da tempo si discuteva, infatti, su quale modello di riferimento adottare in materia di sanzioni amministrative tributarie: se quello personalistico affittivo o quello risarcitorio. La scelta del primo modello comporta il recepimento dei principi del diritto penale, a partire dalla personalità della v.; la scelta del secondo implica, invece, la possibilità di acquisire i principi legati all’applicazione dell’art. 2043 c.c., tarati sul risarcimento del danneggiato piuttosto che sulla punizione (e rieducazione) del soggetto trasgressore, e di imputare gli illeciti anche a società o enti collettivi. La riforma del 1997 ha sancito dunque il passaggio da un’impostazione che aveva inizialmente recepito il modello risarcitorio (l. 4/1929), a un sistema sanzionatorio improntato al diritto punitivo, che prevede la personalità della v. e della sanzione, l’irretroattività della legge sanzionatoria, la non trasmissibilità agli eredi delle sanzioni amministrative. Tuttavia, la difficoltà di attuare una disciplina ove le società e gli enti non hanno una responsabilità sanzionatoria ha condotto all’introduzione di una nuova normativa (d.l. 269/2003), in base alla quale le sanzioni relative al rapporto fiscale proprio di società ed enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica. Tale disciplina, introducendo un elemento legato al modello risarcitorio in un sistema improntato al modello personalistico affittivo, ha peraltro creato problemi interpretativi e questioni di coerenza del sistema.