Delitto commesso da chi distrugge, disperde, deteriora o rende inservibili, in tutto o in parte, cose mobili o immobili altrui.
È punito a querela della persona offesa con la reclusione o con la multa. La pena è aumentata, la perseguibilità è d’ufficio e l’elemento soggettivo è esclusivamente il dolo, se il fatto è commesso nelle seguenti forme: con violenza alla persona o con minaccia; da parte di datori di lavoro in occasione di serrate o da lavoratori in occasione di sciopero; su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto o su cose di interesse storico o artistico o sopra opere destinate all’irrigazione ecc. (art. 635 c.p.). Particolare forma di d. è quella riguardante i sistemi informatici e telematici (ex art. 635 bis c.p.). A differenza degli altri delitti contro il patrimonio, nel d. non rileva il vantaggio o il profitto che ottiene chi lo compie, bensì il pregiudizio della situazione patrimoniale del proprietario delle cose danneggiate.
Negli elementi delle macchine, per la variabilità delle sollecitazioni esterne nel tempo, ha luogo il fenomeno della fatica dei materiali: si indica con d. l’effetto, sulla resistenza del pezzo, dell’applicazione di un numero di cicli n minore del numero N che porta alla rottura. In altri termini l’applicazione di un certo numero di cicli n provoca una riduzione della vita residua dell’elemento conseguente al d. provocato da essi. In maniera quantitativa si può esprimere il d. come pari a n/N, mentre la vita residua è ovviamente uguale a (N−n)/ N. Nel caso di d. unitario si ha la rottura. La definizione di d. è molto importante per poter valutare la resistenza di un elemento di macchina sottoposto a varie serie di cicli n1, n2, n3, ..., nn, caratterizzati da sollecitazioni diverse, cui corrispondono i numeri limite di cicli N1, N2, N3, ..., Nn a rottura.
Se si fa l’ipotesi di accumulazione lineare del d. (teoria di Palmgren-Miner) si ha rottura quando