Avvenimento futuro e incerto, dall’avveramento del quale viene fatta dipendere l’efficacia del negozio giuridico ovvero la risoluzione del rapporto con questo costituito. È un elemento accidentale del negozio giuridico; si identifica, oltre che per la proiezione nel futuro dell’avvenimento contemplato (non si ha infatti c. se questo sia considerato come passato o attuale), particolarmente per il carattere d’incertezza che deve sussistere sulla possibilità del suo verificarsi. Per la sua validità occorre, inoltre, che l’evento contemplato sia possibile e lecito. Non può essere apposta a tutti i negozi. Quando non possa essere apposta o, in genere, non sia valida, il negozio di regola è nullo, salvo che la legge non disponga che la clausola relativa si debba considerare come non apposta (per es., nel testamento).
Si hanno varie specie di c.; in base alla sua funzione, si distingue la c. sospensiva, che sospende il verificarsi degli effetti tipici del negozio in attesa e sino al momento in cui si verifica l’evento condizionante, dalla c. risolutiva, il cui verificarsi, invece, risolve gli effetti del negozio già prodottisi, ripristinando la situazione anteriore. In base al meccanismo attraverso cui deve essere prodotto l’evento condizionante, si distingue la c. casuale, il cui verificarsi è previsto come fortuito, dalla c. potestativa, dipendente dalla volontà di uno dei soggetti, e dalla c. mista, in cui agiscono sia il caso sia la volontà di uno dei soggetti. In base al carattere, positivo o negativo, dell’evento, che può essere prospettato come un fatto concreto o come il non verificarsi dello stesso, le c. si distinguono in affermative o negative.
Per quanto riguarda la regolamentazione generale della c., si distinguono due fasi del fenomeno: quella durante la quale continua l’incertezza circa il verificarsi dell’evento condizionante (pendenza), in cui per i soggetti del rapporto si instaura una posizione di aspettativa con riferimento agli effetti che potranno derivare dall’avveramento della c., con la conseguente possibilità di esperimento di atti conservativi a tal fine; e quella conseguente all’avveramento, o al mancato avveramento, dell’evento previsto che può avvenire in qualsiasi momento, salvo che non sia stato preventivamente fissato un termine. Verificatosi l’evento, gli effetti della c. (nascita o risoluzione degli effetti tipici del negozio a seconda che si tratti di c. sospensiva o risolutiva) si producono automaticamente e retroagiscono di solito al momento della conclusione del negozio ( retroattività della c.). Non verificatosi l’evento, se si tratta di c. sospensiva il negozio resta definitivamente senza effetto, mentre se si tratta di c. risolutiva gli effetti iniziali, già prodottisi, restano definitivamente confermati (art. 1353 e seg. c.c.). Di regola gli effetti dell’avveramento della c. retroagiscono al momento della conclusione del negozio, a meno che per volontà delle parti, in forza di legge o in considerazione della natura del rapporto, non debbano retroagire a un momento diverso o debbano aver inizio dal momento dell’avveramento stesso. Quest’ultima regola, quando si tratti di c. risolutiva, si applica ai rapporti a esecuzione continuata o periodica, in modo che non vengano toccate le prestazioni effettuate in precedenza.
La prova dell’avveramento deve essere data da chi lo afferma e può essere data con tutti i mezzi. Avveramento reale si ha quando si verifichi esattamente l’evento dedotto in condizione. La particolare qualifica attribuita a questa, che è l’ipotesi normale, vale a distinguerla dall’ipotesi di finzione di avveramento che si verifica nei casi in cui, secondo la legge, la c. si considera avverata, per quanto in realtà l’evento previsto non si sia verificato. Si presuppone, a tal fine, che il mancato avveramento della c. sia dovuto a fatto imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento e l’applicazione della medesima disciplina conseguente al verificarsi dell’avvenimento dedotto in c. assume il significato di sanzione per il comportamento scorretto della parte. Secondo un discutibile indirizzo giurisprudenziale sarebbe possibile dedurre in c. sia l’adempimento sia l’inadempimento di un’obbligazione contrattuale, anche essenziale nell’economia del contratto. C. generali di contratto Clausole predisposte unilateralmente e destinate a regolare una serie indefinita di rapporti. Di regola predisposte da un imprenditore, sono efficaci nei confronti dell’altro contraente, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza (art. 1341 c.c.). Non vanno confuse né con i contratti normativi (➔ contratto), né con i contratti per adesione (art. 1332 c.c.), che sono tali esclusivamente per il modo di perfezionamento. Prima dell’introduzione della disciplina delle clausole vessatorie (➔ clausola), le clausole onerose inserite nelle c. generali di contratto richiedevano, per la loro efficacia, la specifica approvazione per iscritto da parte del contraente debole. Tale disciplina si applica, ora, esclusivamente ai contratti conclusi tra professionisti o tra consumatori, contratti nei quali non vi è, per definizione, una parte economicamente forte e una parte economicamente debole. Non sono soggette ad approvazione specifica le clausole onerose inserite in un atto pubblico e quelle che sono state oggetto di specifica contrattazione. La tecnica legislativa è, a dir poco, non impeccabile.
C. di procedibilità Atti ai quali la legge subordina l’esercizio dell’azione penale in relazione a determinati reati per i quali non è riconosciuto il principio generale della procedibilità d’ufficio. Posto, infatti, l’esercizio d’ufficio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, la legge prevede ipotesi in cui per la mancanza di particolare gravità dei fatti, per la natura del reato o per la specifica qualifica rivestita dal suo autore, la perseguibilità dell’illecito dipende da un’ulteriore manifestazione di volontà proveniente da altri soggetti, pubblici o privati. In mancanza di tali c. possono compiersi soltanto gli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova (art. 346 c.p.p.). Ai sensi del codice di procedura penale, sono condizioni di procedibilità la querela, l’istanza, la richiesta di procedimento e l’autorizzazione a procedere.
Querela. - Atto con cui la persona offesa (Vittima del reato), fuori dai casi per cui si debba procedere d’ufficio o dietro richiesta, manifesta la volontà che si persegua penalmente il fatto di reato di cui è vittima. Consta di due parti: la descrizione del reato e la richiesta che si proceda giudizialmente in ordine allo stesso. Per i minori degli anni 14 e per gli interdetti a causa di infermità di mente, il diritto di querela è esercitato dal genitore o dal tutore. I minori che hanno compiuto gli anni 14 e gli inabilitati possono esercitare il predetto diritto, e in loro vece, nonostante ogni contraria dichiarazione di volontà espressa o tacita del minore o dell’inabilitato, possono agire anche i loro genitori. Il reato commesso in danno di più persone è punibile anche se la querela è proposta da una soltanto di esse e si estende a tutti coloro che hanno partecipato all’illecito. Qualora il delitto punibile a querela della persona offesa sia commesso in danno del presidente della Repubblica, alla querela è sostituita la richiesta del Ministro di Giustizia.
Il diritto di querela deve essere esercitato, di regola, entro 3 mesi dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato; nel caso di delitti contro la libertà sessuale il termine è invece di 6 mesi. La persona offesa può rinunciare al diritto di querela in modo espresso o tacito. La rinuncia è un atto irrevocabile con cui la persona offesa manifesta la volontà che non si proceda penalmente per il reato subito. Una volta proposta, la querela può essere revocata mediante la remissione, atto irrevocabile e incondizionato con cui la persona offesa chiede che non si proceda penalmente per il reato prima contestato. La remissione non produce effetti, se non viene accettata dal querelato espressamente o tacitamente. In riferimento ai reati in materia sessuale, la querela proposta è irrevocabile. Salvo sia stato già esercitato, il diritto di querela si estingue con la morte della persona offesa
Istanza di procedimento. - Atto con cui la persona offesa manifesta la volontà che si proceda per un reato commesso all’estero, ma che per l’ordinamento giuridico italiano è perseguibile d’ufficio (art. 341 c.p.p.).
Richiesta di procedimento. - Atto previsto e disciplinato dall'art. 342 c.p.p con cui il ministro della Giustizia manifesta la volontà che si proceda per un reato commesso all’estero (art. 7-11 c.p.).
Autorizzazione a procedere. - Atto discrezionale e irrevocabile emanato da un organo dello Stato (art. 343 c.p.p.) . Essa può essere richiesta in ragione di una speciale qualità o situazione del soggetto attivo o per motivi di opportunità politica, intesa come possibilità di subordinare l’azione penale a una valutazione dell’autorità di governo.*
Si intende generalmente per c. ciò che rende possibile qualcosa. In questo senso I. Kant parla delle forme a priori della conoscenza, spazio, tempo e concetti puri dell’intelletto, come delle c. dell’esperienza, essendo l’esperienza possibile solo in virtù di esse.
Più specificamente, la nozione di c. è stata utilizzata da J.S. Mill nella sua teoria della causalità. Osservando che la sequenza invariabile di successione tra causa ed effetto raramente sussiste tra un solo antecedente e un conseguente, intercorrendo più spesso tra un insieme complesso di antecedenti e un conseguente, Mill denominava c. i singoli stati ed eventi di quell’insieme, mentre notava la diffusa tendenza del linguaggio comune a chiamare ‘causa’ soltanto uno di essi, di solito l’evento antecedente prossimo al conseguente. La reale causa di un fenomeno deve essere invece identificata per Mill con la somma totale di tutte le c. che concorrono al suo verificarsi e dalle quali segue invariabilmente l’effetto. Articolando e problematizzando la riflessione milliana, anche la filosofia contemporanea ha utilizzato la nozione di c. nell’analisi della causalità, identificando la causa di un evento E con le c. necessarie di E, cioè le c. senza le quali E non si sarebbe verificato
Nell’ambito del significato generale di limitazione imposta a una o più grandezze o enti, il termine c. può acquistare significati più specifici, specialmente se accompagnato da una particolare qualificazione. C. necessaria (per il sussistere di una data proposizione): proprietà che deve essere posseduta da tutti gli enti che verificano la proposizione in questione; c. sufficiente (per il sussistere di una data proposizione): proprietà tale che tutti gli enti che la possiedono verificano la proposizione in questione. Una c. necessaria può non essere sufficiente e viceversa. Una c. necessaria e sufficiente, per il sussistere di una data proposizione, è perciò una proprietà tale che tutti e soli gli enti che la possiedono verificano la proposizione in questione.
Per le c. iniziali e le c. ai limiti di un’equazione differenziale, e per le c. al contorno di equazioni alle derivate parziali ➔ equazione.
Approfondimenti:
Sulla condizione di adempimento nella sentenza ex art. 2932 c.c. di Romolo Donzelli