E. giudiziale Mezzo di prova disciplinato dagli art. 218 e 219 c.p.p., con cui si accerta se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo. Consiste nella osservazione sperimentale di un accadimento attraverso la riproduzione della situazione di fatto e la ripetizione simulata delle sue modalità di svolgimento. Viene disposto dal giudice con ordinanza indicante l’oggetto, il giorno, l’ora e il luogo dell’operazione, nonché l’eventuale nomina di un esperto. Il giudice dà gli opportuni provvedimenti per lo svolgimento delle operazioni, ne dispone la documentazione, anche con apparecchiature cinematografiche, fotografiche e simili, al fine di valorizzare la natura dinamica dell’atto; provvede inoltre alla redazione di un relativo verbale. Per l’e. giudiziale di una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile, si può precedere secondo le forme dell’incidente probatorio ex art. 392 e seg. c.p.p (➔ incidente probatorio).
In filosofia della scienza, l’insieme di procedimenti consistente nel provocare artificialmente, nelle condizioni più favorevoli per essere indagati, fenomeni naturali. E. mentale (Gedanken Experiment) è quello eseguito in una situazione immaginaria e descritto schematicamente, senza riguardo alla possibilità pratica di realizzarlo, per l’interesse teorico che esso riveste. Tipico, in questo senso fu l’e. che condusse Einstein alla formulazione della teoria della relatività ristretta, mettendo in evidenza l’esistenza di due interpretazioni discordanti dei fenomeni suscitati dal moto relativo di un magnete e di una spira conduttrice.
Le finalità attribuite all’e. sono diverse, a seconda della posizione epistemologica sostenuta. Per F. Bacone il risultato di un e. prova la verità di un’ipotesi rispetto ad altre: un’idea presente sino al primo positivismo logico, dove finisce per essere sostituita da quella, più moderata, secondo cui il risultato di un e. può soltanto condurre alla conferma dell’ipotesi in questione e non alla sua verificazione completa. Secondo K. Popper, inoltre, un e. può falsificare una teoria e, tutt’al più, ‘corroborarla’ temporaneamente, ma mai verificarla conclusivamente. Una critica di tali teorie sull’e. proviene da P.-M. Duhem e, più recentemente, anche da W.V.O. Quine, i quali hanno messo in luce come sia l’intero sistema teorico, e non una singola ipotesi, ad affrontare l’e. nella sua globalità: dato il risultato di un e., perciò, è impossibile dire quale ipotesi del sistema esso confermi o infirmi.