La Costituzione italiana stabilisce un sistema di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi basato su due tipi di giurisdizione, una giurisdizione ordinaria e una giurisdizione amministrativa (art. 113, 1° co., Cost.).
La ragione di tale ripartizione deriva da un’esigenza avvertita negli ordinamenti di civil law nell’ambito dei quali la pubblica amministrazione, quando agisce in veste autoritativa, si pone in una posizione differente rispetto a quella degli altri soggetti dell’ordinamento, per cui anche la tutela giurisdizionale deve essere attribuita a un giudice diverso da quello ordinario. Pertanto, tali sistemi hanno adottato il modello dualistico di giurisdizione sopra delineato. Diversa è la situazione negli ordinamenti di common law, che, infatti, hanno adottato un modello monistico di giurisdizione, nell’ambito dei quali la pubblica amministrazione non assume una configurazione particolare rispetto agli altri soggetti e, di conseguenza, la tutela giurisdizionale è affidata a un giudice unico.
I criteri di riparto di giurisdizione. - Il criterio di riparto tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa stabilito dalla Carta costituzionale è basato principalmente sulla natura delle situazioni giuridiche soggettive vantate dai privati nei confronti della pubblica amministrazione. Al giudice ordinario spetta la cognizione delle controversie che hanno a oggetto i diritti soggettivi, mentre al giudice amministrativo spetta la cognizione delle controversie riguardanti gli interessi legittimi. Inoltre, in particolari materie, espressamente indicate dalla legge, viene affidata alla giurisdizione amministrativa anche la tutela dei diritti soggettivi (art. 103, 1° co., Cost.).
In generale, quindi, al giudice ordinario sono attribuite le controversie sui diritti soggettivi, escluse quelle relative alle materie espressamente devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; in via eccezionale e in relazione a un numero limitato di materie assoggettate a procedimenti speciali (per es., espulsione di stranieri, trattamenti sanitari obbligatori), il giudice ordinario può incidere sul contenuto dell’atto amministrativo sospendendolo, modificandolo o annullandolo. Inoltre, in seguito alla cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego, è stata devoluta al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, la cognizione delle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, mentre al giudice amministrativo è rimasta la cognizione delle controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti e la giurisdizione esclusiva sui rapporti di lavoro non privatizzato che rimane «in regime di diritto pubblico». Parallelamente, in materia di contrattualistica pubblica, appartengono alla giurisdizione ordinaria le controversie attinenti propriamente alla fase esecutiva del rapporto negoziale mentre sono devolute alla cognizione del giudice amministrativo quelle connesse alla legittimità della procedura ad evidenza pubblica. In questo schema, differentemente da altri ordinamenti europei, il giudice amministrativo potrà conoscere degli effetti del contratto soltanto per stabilirne la sorte nel caso in cui sia stato annullato il provvedimento di aggiudicazione (su tali profili si veda la voce Contratti della pubblica amministrazione).
Inoltre, alla giurisdizione amministrativa è attribuita, in via esclusiva, la cognizione delle controversie su particolari materie indicate dalla legge, indipendentemente dalla situazione giuridica dedotta in giudizio (giurisdizione esclusiva). La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 204 del 2004, ha stabilito che il legislatore ben può ampliare l’area della giurisdizione esclusiva, purché lo faccia con riguardo a materie (in tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità.
Con le riforme della fine degli anni ‘90, è stato anche conferito al giudice amministrativo, nell’esercizio della propria giurisdizione (sia esclusiva sia di legittimità), il potere di condannare l’amministrazione al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e degli altri diritti patrimoniali consequenziali, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica.
Recentemente, infine, è stato avvalorato il nesso tra la giurisdizione amministrativa e l’esercizio del potere pubblico in forma autoritativa. Infatti, l’art. 7 del codice del processo amministrativo stabilisce che sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie concernenti l’esercizio il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio del potere.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, infatti, esulano dalla giurisdizione amministrativa e appartengono alla cognizione del giudice ordinario quelle controversie in cui l’amministrazione abbia agito non attraverso strumenti autoritativi ma secondo moduli di diritto comune.
Nel caso in cui sorgano conflitti tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa, la soluzione deve essere demandata alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, eventualmente nelle forme del regolamento preventivo di giurisdizione, ovvero attraverso il particolare mezzo di impugnazione del ricorso per cassazione.
Gli organi. - Sono organi della giustizia amministrativa, in primo grado, i tribunali amministrativi regionali (TAR) e, in secondo grado, il Consiglio di Stato (art. 100, 103, 1° co., e 125, 2° co., Cost.); nei confronti delle pronunce del TAR della regione Sicilia, funge da giudice in secondo grado il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana.
I tipi di giurisdizione amministrativa. - La giurisdizione amministrativa si articola nelle forme della giurisdizione di legittimità, di merito ed esclusiva.
La giurisdizione di legittimità ha carattere generale e conferisce al giudice il potere di verificare se l’atto amministrativo sia lesivo di interessi legittimi per violazione di legge, incompetenza o eccesso di potere (l. n. 241/1990, artt. 3 e 21 octies). La l. n. 205/2000 ha introdotto alcune importanti novità, modificando l’impianto originario della giurisdizione di legittimità delineato dalla l. n. 1034/1971 (art. 2, 3 e 4), ampliando notevolmente i poteri del giudice con riferimento sia alla disponibilità dei mezzi di prova (l. n. 1034/1971, art. 21) che alla capacità decisionale. In merito a quest’ultimo profilo, il giudice, oltre al potere di annullamento dell’atto lesivo di interessi legittimi, ha il potere di valutazione sulla risarcibilità del danno provocato dall’atto illegittimo della pubblica amministrazione e può, inoltre, condannare l’amministrazione a un obbligo di reintegrazione in forma specifica. Nuovi e rilevanti poteri sono stati conferiti anche dall’art. 34 del codice del processo che prevede il potere del giudice di condannare l’amministrazione all’adozione di tutte le misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio.
La giurisdizione di merito, invece, permette al giudice amministrativo di effettuare una valutazione sull’opportunità o la convenienza dell’atto amministrativo in relazione all’interesse pubblico che deve essere perseguito, attribuendogli ampi poteri di cognizione, di istruzione e di decisione, fino all’eventuale annullamento, riforma o sostituzione dell’atto. Tale forma di giurisdizione ha, però, carattere eccezionale, in quanto può essere esercitata solo nei casi tassativamente previsti dalla legge (art. 134 c.p.a.): tradizionalmente ricondotta alle controversie aventi ad oggetto l’attuazione, da parte dell’amministrazione, delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato, può essere esercitata anche con riferimento agli atti e alle operazioni in ambito elettorale, alle sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione amministrativa, comprese quelle delle Autorità Amministrative Indipendenti e ad altre ipotesi di modesta applicazione pratica. La giurisdizione esclusiva, introdotta nel 1923, consente al giudice amministrativo di conoscere delle controversie, in determinate materie espressamente indicate dalla legge, in cui siano coinvolte posizioni giuridiche aventi la connotazione sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi. Le ipotesi che ricadono nell’ambito della giurisdizione esclusiva sono espressamente indicate dall’art. 133 del codice del processo amministrativo. Come si è detto poco sopra, la Corte costituzionale ha ridimensionato e circoscritto il potere del legislatore di individuare le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva, ribadendone il carattere eccezionale rispetto a quella di legittimità. In particolare, la Corte costituzionale ha precisato che l’art. 103 Cost. stabilisce espressamente che il legislatore può attribuire la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo solo in «particolari materie» e solo quando la pubblica amministrazione «agisce come autorità».
Giurisdizione. Diritto processuale civile