Definizione. - Vizio di legittimità degli atti amministrativi discrezionali che determina l’annullamento degli stessi. L’e. di potere è nozione complessa, frutto di un lungo percorso di elaborazione giurisprudenziale e dottrinale, dettata dall’esigenza di consentire al giudice (in particolare, al giudice amministrativo) di effettuare un controllo sulla legittimità delle scelte discrezionali della pubblica amministrazione. La teoria più accreditata lo interpreta come un «vizio della funzione amministrativa». Secondo un’altra interpretazione, si tratterebbe di «violazione dei limiti interni non scritti dalla discrezionalità amministrativa». Entrambe le teorie riconducono il vizio al non corretto esercizio del potere discrezionale da parte della pubblica amministrazione (➔ discrezionalità). Attraverso la figura dell’e. di potere, come negli altri casi di invalidità dell’atto amministrativo, il giudice non effettua un controllo, in sé inammissibile, sul merito delle scelte, bensì sul ‘modo’ in cui queste sono state effettuate. In particolare, il giudice può verificare la conformità dell’atto alle disposizioni di legge o di regolamento (controllo formale di legalità) o la corrispondenza a criteri o principi giuridici generali (controllo sostanziale di legittimità).
Sviluppo del concetto. - L’espressione nacque in Francia, dove in origine indicava l’esorbitare dai propri limiti di uno dei tre poteri fondamentali dello Stato (legislativo, giudiziario, esecutivo) e ogni tipo di invasione nella sfera potestativa altrui. Un primo riferimento si intravede già nella l. cost. del 1791. Successivamente, grazie alla giurisprudenza del Conseil d’État e alla dottrina francese, l’e. di potere acquisì il significato più specifico di détournement de pouvoir, di ‘sviamento di potere’, con riferimento all’esercizio del potere discrezionale della pubblica amministrazione.
In Italia l’espressione comparve per la prima volta nella l. 800/1812, che introdusse il ricorso al Consiglio di Stato contro le sentenze della Corte dei Conti per e. di potere e incompetenza. Successivamente, la l. 3761/1877 ne ridefinì il significato, in termini di «straripamento di potere» o di «difetto di attribuzione», assegnando alle sezioni riunite della Corte di Cassazione la competenza a decidere sui conflitti di giurisdizione e sulla nullità delle sentenze (art. 3). Tra il 1889 e il 1892, grazie soprattutto alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, l’ordinamento italiano acquisì il significato proprio dell’espressione francese, di ‘sviamento di potere’ o ‘falso scopo dell’atto’, per ampliare la sindacabilità da parte del giudice sugli atti della pubblica amministrazione.
Specifiche figure di e. di potere. - Attualmente, la l. 241/90 (art. 21 octies) disciplina i casi di illegittimità dei provvedimenti amministrativi indicando quali ipotesi di annullabilità la violazione di legge, l’e. di potere e l’incompetenza. Più in particolare, si sono individuate alcune figure sintomatiche nell’ambito della giurisprudenza amministrativa. Si ha «sviamento di potere» quando la pubblica amministrazione, nella sua attività concreta, persegue una finalità diversa da quella che le assegna in astratto la legge (l. 241/1990). Una seconda figura è individuata dalla «contraddittorietà tra i motivi e il dispositivo»; essendo la motivazione obbligatoria, poiché contiene i «presupposti di fatto e le ragioni giuridiche» che sono alla base della decisione, l’assenza di motivazione integra una delle ipotesi di violazione di legge (l. 241/1990, art. 3), mentre il contrasto tra la motivazione e il dispositivo determina una violazione dei principi di ragionevolezza e di coerenza dell’agire dell’amministrazione. In altre parole, si ha e. di potere quando i motivi conducono logicamente a un dispositivo diverso da quello poi adottato. Anche la «contraddizione tra provvedimenti» implica la violazione del principio di coerenza, e si riscontra quando situazioni analoghe portino all’adozione di decisioni divergenti, senza adeguata motivazione. Si ha «illogicità» in caso di incongruenza tra la situazione da regolamentare e il provvedimento (per es. nel caso in cui l’amministrazione, di fronte a un aumento oltre i limiti di legge dell’inquinamento ambientale, autorizzi la circolazione di mezzi particolarmente inquinanti). Il «travisamento dei fatti» si verifica laddove l’amministrazione ponga a fondamento dell’atto un’interpretazione dei fatti diversa da quella vera, ovvero basata sull’esistenza di fatti in realtà inesistenti, o sull’inesistenza di fatti in realtà esistenti, o sull’attribuzione ai fatti di un significato illogico o irragionevole. La «disparità di trattamento» ricorre quando l’amministrazione applichi criteri diversi a situazioni identiche, senza che ve ne sia giustificazione. In questo caso si ha una violazione del principio di imparzialità (➔) e di non discriminazione. L’«ingiustizia manifesta» integra un’ipotesi di violazione del principio di proporzionalità, secondo cui l’attività amministrativa non deve andare oltre quanto è opportuno e necessario per il raggiungimento di un determinato fine. Inoltre, nel rispetto dei principi di imparzialità e non discriminazione, l’amministrazione deve considerare le peculiarità dei casi concreti, in modo da non adottare scelte di evidente ingiustizia.
Il «difetto di istruttoria o di ponderazione» presuppone la violazione del principio della completezza dell’azione amministrativa e del giusto processo. L’amministrazione prima di agire deve acquisire tutti gli elementi utili ad accertare un determinato fatto, prendendo in considerazione tutti gli interessi coinvolti nella situazione concreta che sarà oggetto della decisione e conducendo una esaustiva e ponderata istruttoria. La violazione di «circolari», cioè di atti interni, non normativi, a contenuto generale, comporta l’illegittimità dell’atto per il contrasto che si crea fra la volontà della pubblica amministrazione, espressa in forma astratta dalla circolare, e quella manifestata nel caso concreto dal provvedimento (per es., l’autorizzazione all’apertura di una farmacia consentita in violazione di una circolare del ministero sulle distanze minime).
Particolare ipotesi di errore sulle cause di giustificazione (art. 55 c.p.) che si verifica quando, nel commettere uno dei fatti previsti dagli art. 51 (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere), 52 (legittima difesa), 53 (uso legittimo delle armi) e 54 (stato di necessità) del codice penale, si eccedono colposamente (➔ colpa) i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità. Si applica pertanto la disciplina relativa ai delitti colposi se il fatto è previsto dalla legge come tale.
In dottrina si distingue l’e. colposo determinato da una valutazione erronea della situazione di fatto, da quello causato da una condotta negligente, imprudente o imperita nell’attività esecutiva. In entrambi i casi la volontà dell’agente deve essere rivolta a realizzare il fine giustificato dalla scriminante; se l’agente supera volontariamente i limiti posti dalla causa di giustificazione e la sua volontà è diretta a realizzare un fine criminale, l’e. è qualificabile come doloso.
Nelle misure relative alla radiazione cosmica, condizione in cui le particelle di un certo tipo e carica di un dato segno prevalgono sulle particelle analoghe, ma con segno opposto. Per es. per i mesoni μ al livello del mare si osserva un e. positivo, cioè un e. (pari a circa il 20%) dei mesoni μ con carica elettrica positiva su quelli con carica negativa. L’e. positivo è legato al fatto che la radiazione cosmica primaria, dalla quale per interazione con i nuclei degli atomi dell’atmosfera e per decadimento hanno origine i mesoni μ, è composta prevalentemente da protoni.
La rappresentazione a e. di n è una tecnica di rappresentazione dei numeri interi relativi mediante soli numeri positivi, attraverso un’opportuna traslazione; questa rappresentazione è largamente usata soprattutto per l’esponente di numeri in virgola mobile.
In geometria, in un triangolo geodetico e in un triangolo sferico la differenza tra la somma degli angoli interni e l’angolo piatto viene detta rispettivamente e. geodetico ed e. sferico. In particolare in un triangolo sferico area ed e. sferico sono direttamente proporzionali (B. Cavalieri).
Difesa legittima putativa determinata da colpa. Note giuridiche ed antropologiche di Margherita Basile