Contratto con il quale una parte (committente) affida a un’altra parte (appaltatore), verso un corrispettivo in denaro, il compimento di un’opera o di un servizio, assieme all’organizzazione dei mezzi necessari e alla gestione.
Secondo gli art. 1655-1677 c.c., l’appaltatore è tenuto alla garanzia per i vizi e le difformità dell’opera dal progetto, a meno che essi non fossero noti al committente o facilmente riconoscibili. Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato. Può anche apportare variazioni al progetto, purché il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto (salvo il compenso dovuto all’appaltatore per i maggiori lavori eseguiti) e – stante la fiducia che deve riporre nell’opera dell’appaltatore – può recedere unilateralmente dal contratto (recesso), purché tenga indenne l’appaltatore dalle spese ricevute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno. In ultimo, ha il diritto di verificare l’opera compiuta prima di ricevere la consegna.
Una particolare forma di responsabilità è prevista a carico dell’appaltatore di edifici o di altri beni immobili destinati a lunga durata, per la rovina totale o parziale dell’opera per vizi di costruzione o del suolo, entro dieci anni dal compimento. La morte dell’appaltatore non scioglie di regola il rapporto, che continua con i suoi eredi, salva la possibilità di recesso del committente in caso gli eredi non diano affidamento per la buona esecuzione dell’opera o del servizio.
La disciplina codicistica è formata in buona parte da norme dispositive, e pertanto derogabili dalle parti: per es., se non sia diversamente stabilito, il diritto dell’appaltatore al corrispettivo sorge dopo che l’opera sia accettata dal committente, la materia necessaria a compiere l’opera deve essere fornita dall’appaltatore, il quale non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio senza l’autorizzazione del committente (art. 1656 c.c.). Il subappalto, negozio assai diffuso nella pratica degli affari, è il contratto con il quale l’appaltatore incarica un terzo (subappaltatore) di eseguire, in tutto o in parte, l’opera o il servizio che egli ha assunto; vi si applica, salvo eccezioni, la stessa disciplina del contratto base.
Contratto a titolo oneroso, caratterizzato dal fatto che il committente o stazione appaltante è un’amministrazione, centrale o periferica, dello Stato, un ente pubblico, anche territoriale, o un organismo di diritto pubblico (cioè qualsiasi soggetto che sia stato istituito per soddisfare bisogni di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; tra gli organismi di diritto pubblico possono essere ricomprese anche le società per azioni derivate dal processo di privatizzazione). Al fine di evitare facili elusioni sono destinatari della normativa in materia di a. pubblici anche quei soggetti che, pur non essendo riconducibili a nessuna delle predette categorie di stazione appaltante, ricevono apposite sovvenzioni da un’amministrazione aggiudicatrice.
Tale contratto, pur avendo natura privatistica e inquadrandosi nell’ambito dell’attività negoziale di diritto privato della pubblica amministrazione, si differenzia dall’a. civilistico in quanto il procedimento di formazione della volontà dell’ente committente è interamente regolato dal diritto pubblico e resta estrinseco al contratto, pur riflettendo i suoi effetti sulla validità e sull’efficacia dello stesso. Inoltre, la stazione appaltante pubblica, a differenza di quella privata, non è libera nella scelta del contraente (si parla, al riguardo, di contratto ‘a evidenza pubblica’), essendo stabilite norme che regolano minutamente le modalità di aggiudicazione.
Per la stipulazione è richiesta la forma scritta ad substantiam. Nella fase di esecuzione alla pubblica amministrazione è poi riconosciuto un sensibile ius variandi, sia in relazione al contenuto concreto dell’opera, della fornitura e della prestazione di servizio appaltate, sia in relazione al relativo prezzo, e vasti poteri di autotutela le sono conferiti per ragioni di pubblico interesse. Le norme fondamentali in materia sono contenute nel d. legisl. 163/2006 (cosiddetto Codice degli a.), con l’emanazione del quale si è inteso (in attuazione delle direttive comunitarie 17 e 18/2004) semplificare e modernizzare la disciplina vigente in materia, anche per consentire il più largo impiego delle nuove tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni e garantire la massima flessibilità degli strumenti giuridici utilizzati.
Si è soliti distinguere tra a. pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. I primi riguardano lo svolgimento di alcune attività (costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere e di impianti) aventi una forte connotazione costruttivo-edificatoria, dalla quale emerge chiaramente che l’intervento deve avere a oggetto un bene immobile. Conformemente all’orientamento comunitario, l’art. 3, co. 7, del Codice degli a. ha però ricompreso nella nozione di a. pubblico di lavori anche la progettazione e la cosiddetta esecuzione con qualsiasi mezzo, circoscritta alla figura del general contractor, a sua volta disciplinata in relazione ai lavori che riguardano infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi, facendo così venir meno le due figure dell’a. ‘integrato’ e di quello ‘concorso’. La nozione di fornitura si riferisce a qualsiasi contratto a titolo oneroso avente per oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria (leasing), la locazione, l’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, conclusi per iscritto tra un fornitore e una pubblica amministrazione, ricomprendendovi, quindi, qualsiasi fattispecie civilistica di contratto avente a oggetto la dazione di un bene verso il corrispettivo di un prezzo, a titolo definitivo o a termine, trasferendo o costituendo sullo stesso un diritto reale o personale di godimento e superando, così, la pretesa sinonimia tra fornitura e contratto di somministrazione. La nozione di servizio ha invece natura sostanzialmente residuale, riferendosi a tutte le prestazioni rese alle amministrazioni pubbliche che non possono altrimenti rientrare nell’ambito degli a. pubblici di lavori e di forniture.
Nella scelta del contraente privato le amministrazioni aggiudicatrici possono utilizzare le procedure del pubblico incanto (definita dal legislatore comunitario procedura aperta), quella della licitazione privata (la cosiddetta procedura ristretta), nonché la trattativa privata (procedura negoziata), fermo restando l’obbligo per la stazione appaltante di indicare nel bando di gara o nel capitolato d’oneri le modalità di ponderazione e valutazione scelti in relazione alla natura dell’appalto.
Alcuni nuovi strumenti, negoziali od organizzativi, sono stati poi introdotti dal Codice degli a.: l’‘accordo quadro’, concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, che serve a determinare le clausole degli a. da aggiudicare in un determinato periodo, con specifico riferimento a prezzi e quantità previste; il ‘sistema dinamico di acquisizione’, consistente in un processo di acquisizione interamente elettronico per acquisiti di uso corrente; l’‘asta elettronica’, che rappresenta un processo per fasi successive basato su un dispositivo elettronico di presentazione di nuovi prezzi; la ‘centrale di committenza’, amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture e/o servizi, aggiudica a. pubblici e conclude accordi quadro, in relazione a lavori, forniture e servizi destinati ad altre amministrazioni aggiudicatrici o ad altri enti aggiudicatori; il ‘dialogo competitivo’, che consiste, nel caso di a. particolarmente complessi, in un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura, per meglio elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le necessità dell’amministrazione e non determinabili con precisione a priori.
Al settore degli a. è poi preposta un’apposita Autorità di vigilanza con competenza generale e non più limitata ai lavori pubblici, che dovrà garantire la correttezza e la trasparenza delle procedure di scelta dei contraenti e di economica ed efficiente esecuzione dei contratti, affiancata da un Osservatorio dei contratti pubblici. Specifiche disposizioni sono dedicate ad accertare l’idoneità professionale e la qualificazione dei contraenti privati, nonché ad assicurare la qualità della prestazione resa all’amministrazione. In particolare, la capacità tecnica dell’impresa può essere dimostrata attraverso dichiarazioni attestanti alcuni profili curriculari dell’impresa medesima (i servizi e le forniture effettuate nell’ultimo triennio, la attrezzature tecniche possedute, l’esito dei controlli effettuati dalla stazione appaltante o, ancora, il rilascio di apposite certificazioni ambientali). La capacità economica e finanziaria dei soggetti esecutori di lavori pubblici deve essere provata secondo il sistema di qualificazione disciplinato dal regolamento di attuazione del Codice degli appalti, mentre, per le forniture e i servizi, può essere dimostrata attraverso la presentazione di dichiarazioni bancarie o di estratti relativi ai bilanci dell’impresa, o, ancora, di una dichiarazione concernente il fatturato globale dell’impresa e l’importo relativo a forniture e servizi realizzati nell’ultimo triennio e identici a quelli della gara.
L’ a. di prestazioni di lavoro, in senso ampio, è il contratto stipulato tra un imprenditore e un fornitore di manodopera per la semplice messa a disposizione di energie lavorative. Storicamente la legislazione italiana vi ha scorto una forma distorta di impiego della forza-lavoro, che offre al datore di lavoro la possibilità di eludere le responsabilità sostanziali legate alla titolarità del rapporto. La l. 1369/23 ottobre 1960 sancì (art. 1, co. 1) il divieto per l’imprenditore di affidare in a., in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante l’impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore o intermediario, qualunque fosse la natura dell’opera o del servizio cui le prestazioni si riferivano. In base a questa disciplina, il lavoratore doveva essere considerato come dipendente dell’effettivo utilizzatore ogni volta che il datore di lavoro ‘formale’ si fosse limitato a fornire mere prestazioni di lavoro. In particolare, il divieto valeva per «ogni forma di appalto o subappalto, anche per l’esecuzione di opere e servizi, ove l’appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante quand’anche per il loro uso venga corrisposto un compenso» (art. 1, co. 3). Tale norma è stata abrogata dal d. legisl. 276/10 settembre 2003 che ha contestualmente ridefinito i criteri per distinguere un a. genuino (ex art. 1655 c.c.) da un nudo appalto di manodopera. Il nuovo sistema normativo ruota attorno al principio secondo cui la fornitura di manodopera è riservata ai soggetti esplicitamente autorizzati dall’ente pubblico (➔ agenzia). Per i casi di somministrazione, appalto e distacco illecito gli art. 27 e 18 del d. legisl. 276/2003 stabiliscono un sistema graduale di sanzioni, che parte dalla somministrazione irregolare (art. 27, co. 1), e passando per la somministrazione abusiva (art. 18, co. 1) arriva fino alla somministrazione fraudolenta (art. 28).
Appalti pubblici e antitrust di Arturo Cancrini e Marco D’Alberti
Il project financing di Arturo Cancrini