decadènza Nella divisione retorico-scolastica della letteratura latina, periodo della d. (e quindi scrittori, poeti, lingua della d., ecc.), quello compreso all'incirca fra il 3° e il 4° sec. d. C. In diritto, secondo la principale accezione, perdita di un diritto, per non averlo esercitato entro il tempo dovuto.
Istituto giuridico, per il quale, decorso un determinato periodo di tempo, non può più essere esercitata una pretesa, volta alla produzione, alla modificazione o all'annullamento di uno stato o rapporto giuridico. Controversa è la possibilità di individuare criteri distintivi sostanziali dall'istituto della prescrizione che, come la d., produce effetti giuridici estintivi o preclusivi nei riguardi della situazione preesistente. Parte della dottrina esclude l'esistenza di differenze ontologiche tra i due istituti, mentre, secondo altri autori, funzione specifica della d. sarebbe quella di limitare entro termini particolarmente brevi lo stato di incertezza delle situazioni giuridiche preesistenti, senza riferimento alle circostanze soggettive e oggettive dalle quali sia dipeso l'inutile decorso del termine. La d. è fissata nei suoi termini perentoriamente dalla legge (d. legale) o convenzionalmente dalle parti (d. negoziale) quando si tratti di diritti disponibili, l'esercizio dei quali non sia reso eccessivamente difficile dal termine stabilito. Non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice debba rilevare le cause dell'improponibilità dell'azione. Nel diritto pubblico, oltre l'istituto giuridico connesso al decorso del tempo, il termine designa, con riferimento alle concessioni, la risoluzione del rapporto a causa di un comportamento del soggetto privato contrario ai doveri derivanti dal rapporto di concessione. Il termine si riferisce anche alla perdita o cessazione della titolarità di un potere, di una carica, di un ufficio a seguito del sopravvenire di talune cause che ne impediscono il regolare esercizio: per es., nel diritto pubblico, d. dei consiglieri comunali, provinciali e regionali per incompatibilità; nel diritto privato, d. dell'amministratore e del sindaco della società per azioni dichiarata fallita.