Popolazione aborigena della Nuova Zelanda. La loro lingua appartiene al vasto gruppo delle lingue austronesiane: la Nuova Zelanda, insieme alle Hawaii nell’emisfero settentrionale, fu l’ultima terra colonizzata dagli austronesiani, che vi approdarono circa 1000 anni fa. Ondate successive di migranti provenienti con tutta probabilità dalle Isole della Società sbarcarono successivamente sulle due isole principali della Nuova Zelanda: secondo la mitologia, il mara’e (luogo sacro) di Raiatea fu il punto di partenza della migrazione. I M. dovettero adattarsi a un ambiente in parte dissimile dalle altre isole della Polinesia: la vastità del territorio, i climi più temperati o freddi del Sud, portarono a una diversificazione economica: alcuni M. (per es. quelli delle isole Chatam) divennero cacciatori-raccoglitori, altri si specializzarono nella pesca e nella caccia ai grandi mammiferi marini, mentre soprattutto quelli insediati nell’Isola del Nord svilupparono come gli altri Polinesiani la coltivazione di amidacei quali il taro e l’igname.
La società maori, nell’epoca pre-europea, era divisa in tribù (iwi), e in clan (hapu). Di regola, come in molte altre società polinesiane, la discendenza era cognatica (entrambi i genitori potevano trasmettere l’appartenenza al clan), anche se nei gruppi di parentela dei capi essa poteva assumere la forma patrilineare. Alcuni gruppi maori erano caratterizzati da stratificazioni gerarchiche e la schiavitù non era sconosciuta come nel resto del mondo polinesiano.
In seguito ai viaggi di J. Cook, sul finire del Settecento, cominciò la lenta, ma inesorabile penetrazione dei Bianchi (detti pakeha dai M.). Dapprima balenieri, commercianti, cercatori d’oro, in seguito missionari e coloni cominciarono a stabilirsi sul territorio. I rapporti tra gli Occidentali e i M. furono spesso tesi e diedero vita a episodi di violenza. Con il trattato di Waitangi (1840) i capi maori dell’Isola del Nord riconobbero la sovranità politica agli inglesi, conservando l’autorità sulle terre. Considerato da alcuni un pionieristico tentativo di fondare una società multiculturale, il trattato è stato spesso criticato dai M. che lo condannano come frutto di un inganno perpetrato ai danni dei loro antenati. L’anno successivo la Nuova Zelanda divenne una colonia britannica e i rapporti tra le due popolazioni si inasprirono di nuovo a causa della massiccia penetrazione dei coloni che si impossessarono delle terre imponendosi con violenza e abusi. Nel 1858 le tribù indigene si scelsero un monarca e fondarono il Kingitanga, il movimento reale maori con sede nella regione di Waikato, nella North Island. La sanguinosa guerra scoppiata nel 1860 tra le due parti proseguì fino al 1872 con l’inevitabile sconfitta dei Maori che, ormai decimati, rischiarono l’estinzione.
Rimasto unito intorno alla figura del re, il quale pur non ricoprendo un ruolo costituzionale né giuridico gode di molto prestigio, il popolo maori nel corso del Novecento è stato protagonista di un rafforzamento demografico e di una progressiva alfabetizzazione che lo hanno reso sempre più consapevole della propria identità culturale e dei propri diritti. Da ciò è nato un movimento di rivendicazioni etniche, economiche e territoriali che si è posto risolutamente in contrasto con le autorità del paese arrivando a ottenere: nel 1985, la revisione del trattato di Waitangi in base alla quale diverse tribù, le cui terre erano state ingiustamente confiscate, hanno ricevuto un risarcimento finanziario; nel 1996, un successo elettorale che ha portato in Parlamento un numero di deputati mai raggiunto prima; nel 1997, il riconoscimento da parte del governo neozelandese dei torti della colonizzazione e la presentazione delle formali scuse della regina Elisabetta II. Al censimento del 2001 il gruppo etnico maori risultava costituire il 14% dei 4,1 milioni di abitanti della Nuova Zelanda e il governo ha promosso un programma di integrazione razziale e di protezione delle sue tradizioni culturali.
Le abitazioni dei M. (a pianta quadrangolare, decorate con eleganti motivi policromi) erano raccolte in villaggi fortificati (pa), che contenevano anche edifici destinati ad altre funzioni. Come tutti i Polinesiani, non fabbricavano ceramica né conoscevano la metallurgia. La produzione artistica, di alto livello estetico, comprendeva la scultura su osso, legno o pietra (ornamenti prodieri e poppieri, lavorati a traforo), e gli splendidi tatuaggi a motivi spiraliformi, che adornavano il volto dei capi, dei guerrieri e dei sacerdoti.