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Plàuto

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Commediografo latino (Sarsina 250 a. C. circa - forse Roma 184 a. C.). Una tradizione vuole che il cognomen originario fosse Plotus, poi urbanizzato in Plautus; il prenome e il nome sono incerti: probabilmente si chiamò Titus Maccius (la tradizione antica parla di M. Accius; secondo alcuni, soprannome era Maccus, derivatogli dalla omonima maschera della farsa atellana). Della sua vita si sa poco, e in forma romanzesca: sembra che, dapprima servitore in una compagnia di comici, fosse poi, ridotto in estrema povertà, alla macina di un mugnaio. Qui cominciò a comporre commedie che incontrarono il favore del pubblico, che non lo abbandonò più. Ne compose moltissime, e, poco dopo la sua morte, cominciarono le falsificazioni, sì che sotto il suo nome ne circolarono almeno 130; la nascente filologia latina intraprese presto l'opera critica di attribuzione, che culminò con la sistemazione di Varrone, allievo di Elio Stilone anch'egli critico plautino. Varrone distinse le commedie in tre gruppi: 90 sicuramente spurie, 19 di dubbia autenticità, 21 sicuramente di Plauto. Solo queste ultime, che continuarono a essere lette e trascritte, ci sono pervenute. I manoscritti ce le tramandano in un ordine approssimativamente alfabetico: Amphitruo, Asinaria, Aulularia, Captivi, Curculio, Casina, Cistellaria, Epidicus, Bacchides, Mostellaria, Menaechmi, Miles gloriosus, Mercator, Pseudolus, Poenulus, Persa, Rudens, Stichus, Trinummus, Truculentus, Vidularia. L'ultima commedia ci è giunta frammentaria; l'Amphitruo, la Cistellaria e l'Aulularia sono lacunose; e Bacchides è incompleta all'inizio. Incerta è la cronologia delle commedie, delle quali solo Stichus e Pseudolus sono datate con certezza (rispettivamente 200 e 191 a. C.). ▭ Le commedie di P. sono composte secondo il modello della commedia attica nuova di Menandro, Filemone e Difilo, talvolta con il metodo della contaminazione (v.). Menandro fu poco imitato: nell'ispirazione di questo, infatti, vi è qualcosa di non congeniale al poeta latino, che non si sentì attratto dalla sua sensibilità complessa e scarsamente comica. L'originalità formale di P. nei riguardi del modello greco consiste soprattutto nell'abolizione totale del coro (già nella commedia attica nuova ridotto al minimo), tranne l'eccezione dell'intermezzo corale del Rudens; abolizione cui però P. fa corrispondere un uso assai esteso, in luogo dei tradizionali metri della recitazione (trimetri giambici e tetrametri trocaici), di metri di tutte le varietà, compresi metri originariamente lirici. Nella metrica P. è un maestro; egli foggia, seguendo le necessità della lingua latina, i già noti senarî giambici e versi quadrati in varietà di forme, peraltro sottomesse a sottili regole (proprio dallo studio della metrica plautina sono nate le più moderne ricerche sulla metrica antica, ivi compresa quella greca). La mescolanza dei metri si precisa nelle due forme del deverbium (parti recitate senza accompagnamento) e canticum (recitativo accompagnato), alternate con estrema libertà. Prevale l'opinione che P., come il suo predecessore Nevio, abbia tratto questa varietà dal teatro musicale comico etrusco, già diffuso nel mondo latino; questo, a sua volta, si doveva essere formato sulla metrica e musica greca. ▭ Per P., come e più che per gli altri autori latini, si è posto il problema dell'originalità rispetto ai modelli greci. Da questo punto di vista, P. è uno degli scrittori antichi più studiati; la critica plautina, che presenta molte difficoltà e problemi, è stata una delle più fruttuose di scoperte e di risultati. Ma la vera originalità di P. non si può rintracciare se non nel suo temperamento travolgente, nella sua comicità fantasiosa e varia, che pur nella accettazione dei più vieti moduli della farsa popolare, necessarî per ottenere il consenso del pubblico romano (che non era un pubblico raffinato), conserva una sua vitalità inestinguibile. Se i personaggi non sempre sono caratterizzati con arte sottile, il dialogo è sempre efficacissimo, la lingua di eccezionale ricchezza; il latino di P. è il più vivo latino, popolareggiante ma, al tempo stesso, sorvegliatissimo e sempre costruito in modo da ottenere un effetto. Egli rimodellò la commedia nuova con lo spirito della farsa italica; non curò molto la novità dell'intreccio, ma seppe fornire agli schemi aridi e meccanici una vita sempre nuova, appunto grazie alla straordinaria forza espressiva del dialogo, dalla quale prende vita il mondo plebeo esuberante, robusto, di cui egli è poeta inesauribile. ▭ Nel Medioevo la commedia di P. fu scarsamente nota; la sua fortuna risale col Rinascimento quando, insieme a quella di Terenzio, determinò la nascita della commedia moderna.

Vedi anche
Publio Terènzio Afro Poeta comico romano (2º sec. a. C.). Frequentatore dei cenacoli aristocratici che a Roma, nella prima metà del 2º sec., andavano assimilando la cultura greca, fu autore di commedie, nelle quali si allontanò molto dalla forma complessa e movimentata di Plauto, e ritornò a una stretta aderenza al modello ... Menandro Commediografo greco (Atene 344-43 o 342-41 - ivi 293-92 o 291-90 a. C.). Figlio di un ricco cittadino, Diopeite, e nipote del commediografo Alessi. Sebbene la tradizione lo consideri scolaro di Teofrasto e amico di Epicuro, nelle sue commedie non appare epicureo; appartenente alla cerchia che si raccoglieva ... Gneo Nèvio Poeta latino (m. Utica verso il 201 a. C.) della Campania; combattente della prima guerra punica. Autore di palliatae (restano circa 30 titoli), satireggiò, nei modi della commedia attica antica, Quinto Cecilio Metello e Scipione Africano Maggiore, per cui subì il carcere, poi l'esilio a Utica. Scrisse ... Lucio Elio Stilóne Preconino Filologo romano (n. Lanuvio 154 a. C. - m. poco dopo il 90). Di famiglia equestre, fu amico dei personaggi più illustri del suo tempo e maestro di Varrone e di Cicerone; accompagnò Metello Numidico in esilio nel 100. Commentò i Carmi dei Salî e le leggi delle XII Tavole, diede il primo impulso agli studî ...
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  • BIOGRAFIE in Teatro
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  • MILES GLORIOSUS
  • COMMEDIA ATTICA
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  • RINASCIMENTO
Altri risultati per Plàuto
  • Plauto
    Enciclopedia dei ragazzi (2006)
    Marco Cipriani Il principe romano della risata Vissuto tra il 3° e il 2° secolo a.C., il commediografo Plauto è uno dei primi e più importanti autori della letteratura latina. Egli prese a modello le opere di autori greci, adattandole però al diverso carattere del pubblico romano e creando una comicità ...
  • Plauto
    Enciclopedia Dantesca (1970)
    Roberto Mercuri Il comico latino (250 circa - 184 a.C.) è citato in Pg XXII 98 dimmi dov'è Terrenzio nostro antico, / Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai: / dimmi se son dannati, e in qual vico. La terzina si presenta come un canone della poesia comica; D. assai probabilmente è stato suggestionato ...
  • PLAUTO
    Enciclopedia Italiana (1935)
    (Plautus) Giorgio Pasquali Il maggiore dei commediografi latini. Della vita di P., se non teniamo conto, com'è doveroso, di vicende evidentemente leggendarie, sappiamo ben poco. Tutte le notizie tramandate risalgono a Varrone, il quale aveva studiato gli atti delle rappresentazioni (e tutto quello ...
Vocabolario
plautino
plautino agg. [dal lat. Plautinus]. – Appartenente o relativo al commediografo latino Plàuto (c. 250-184 a. C.), alle sue commedie (pervenuteci in numero di 21), al suo stile: il teatro p.; la comicità p.; il dialogo p.; la metrica plautina....
obtorto collo
obtorto collo locuz. avv., lat. (propr. «a collo torto»). – Espressione presente in alcuni autori latini (per es., in Plauto e, nella forma obtorta gula, in Cicerone), usata anche in contesti italiani con il sign. di malvolentieri, contro...
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