(o architettura biologica o ecoarchitettura) Tendenza dell’architettura a privilegiare la progettazione e la costruzione di edifici che tengano conto di tutti gli aspetti ecologici relativi alla scelta dei materiali da utilizzare e al miglior impiego delle risorse naturali, nella prospettiva del risparmio energetico e della salvaguardia dell’ambiente. È finalizzata anche al riavvicinamento dell’architettura stessa al rispetto della vita umana e al benessere psicofisico dell’individuo come abitante.
I teorici della b., diffusasi in Italia negli anni 1990, tendono a trovare radici culturali, da un lato, nel filone dell’architettura organica nato tra le due guerre mondiali (F.L. Wright negli Stati Uniti, H. Häring, H. Scharoun e A.H.H. Aalto in Europa), che prendeva spunto per le sue ricerche formali dalle leggi degli organismi naturali in contrasto con il rigore della linea razionalista, dall’altro, nelle esperienze delle avanguardie architettoniche degli anni 1960, che si concretizzano per es. nella produzione di nuove forme abitative spontanee, come la comunità Drop City nel Colorado, o nelle città ecologiche progettate da L. Halprin o dall’italiano P. Soleri negli Stati Uniti. Superata la valenza utopistica ed eversiva propria delle istanze ecologiste del 1968, la b. intende orientare il sistema edilizio verso una maggiore sostenibilità ambientale e può comprendere risvolti bioecologici, bioclimatici, olistico-ecologici ecc.