stampa Tecnica che permette di riprodurre da una matrice – sia essa fisica, come nella s. tipografica, o elettronica, come nella s. digitale – molte copie uguali di testi, disegni o immagini. La s. si può definire il primo mezzo di comunicazione di massa e ha contribuito in modo determinante alla diffusione della conoscenza e dei fatti culturali e alla circolazione delle idee.
Sotto il profilo penale sussistono nel nostro ordinamento una varietà di fattispecie incriminatrici contenute in parte nel codice penale, in parte nella l. 47/1948, e non da ultimo in diverse leggi speciali. A titolo esemplificativo, l’art. 57 c.p., fatta salva la responsabilità dell’autore e le ipotesi di concorso nel reato, punisce il direttore o il vicedirettore responsabile che abbia omesso di esercitare sul contenuto del periodico il controllo necessario a impedire la commissione di reati con il mezzo della pubblicazione. Nel caso di s. non periodica, tale disposizione si applica all’editore, se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore se l’editore non è indicato o non imputabile.
Il reato più comune commesso con il mezzo della s. è certamente la diffamazione (➔), fattispecie prevista dall’art. 595 c.p. che punisce colui il quale, comunicando con più persone, offenda la reputazione di chi non è presente. L’elemento oggettivo del reato è integrato dalla comunicazione offensiva rivolta a un numero indeterminato di destinatari, mentre il profilo soggettivo consiste nel dolo generico. Il reato è aggravato, se l’offesa è arrecata a mezzo della s. o con altro mezzo di pubblicità o in atto pubblico. In questo caso l’elemento della pluralità dei destinatari è in re ipsa per il fatto stresso della pubblicazione e della diffusione del mezzo usato. Il fatto è giustificato, secondo giurisprudenza consolidata, se la comunicazione è socialmente utile, vera e improntata a serena obiettività. Il reato di diffamazione si perfeziona nel momento e nel luogo in cui la comunicazione offensiva viene percepita e compresa da parte di almeno due persone, e in particolare, nell’ipotesi della diffamazione a mezzo della s., con la distribuzione al pubblico del testo stampato, in quanto, sulla base della comune esperienza, si può a ragione ritenere che tale momento coincida con quella percezione e comprensione dell’offesa da parte del pubblico che altrimenti non sarebbe agevole provare.
Ulteriore fattispecie che può coinvolgere la s. è l’aggiotaggio (➔; delitto previsto, con le opportune differenze, dagli art. 501 c.p., 2637 c.c. e 185 d. legisl. 58/1998) nella misura in cui punisce chiunque, al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose, ovvero adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci o dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato.
Gli art. 528 e 529 c.p. si occupano delle pubblicazioni e degli spettacoli osceni. Ai sensi dell’art. 528 c.p. viene punito «chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Sato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini o altri oggetti osceni di qualsiasi specie». L’art. 529 c.p. dà la nozione di ‘osceno’, considerando tale qualunque atto o oggetto che, secondo il comune sentimento, offende il pudore.
Il primo sistema di s. fu quello in rilievo basato sul metodo xilografico, conosciuto dai Cinesi fin dal 4° secolo. Il testo era scritto su un foglio di carta e riportato a decalco su un piano di legno che veniva inciso a rilievo con i caratteri a rovescio e inchiostrato; si otteneva la riproduzione imprimendovi sopra un foglio di carta. Tale metodo fu applicato nel 14° sec. in Europa dai fabbricanti di carte da gioco; il processo si estese in seguito alla realizzazione d’immagini religiose e poi di veri e propri libri (i cosiddetti libri xilografici).
Nel 10° sec., sempre in Cina, ebbe inizio la s. a caratteri mobili, prima in legno e poi in terracotta. In Europa si deve al tedesco J. Gutenberg (1397-1468) l’ideazione del procedimento di s. tipografico a caratteri mobili, con fusione dei caratteri in lega e s. su torchi a leva. Con la nascita della tipografia fecero la loro apparizione anche le macchine da stampa. La macchina di Gutenberg, migliorata nei suoi particolari e costruita interamente in legno, fu di uso costante fino al 1783, quando fu munita di un’incastellatura di ferro e di un piano di rame (F.-A. Didot e R. Brichet). Nel 1807 fu costruita in Inghilterra da A. Stanhope la macchina da s. completamente metallica, con la quale fu possibile raddoppiare la produzione giornaliera. Il tedesco A. Koenig fissò i criteri fondamentali ai quali si ispira la macchina piano-cilindrica (1816); le più importanti innovazioni furono la s. mediante cilindro di pressione e, poco dopo, l’introduzione dei rulli d’inchiostrazione. Il sistema tipografico si affermò rapidamente, favorito anche dall’invenzione delle macchine compositrici: il primo modello di linotype fu realizzato da G. Mergenthaler nel 1886; la macchina monotype fu creata dall’americano T. Lanston nello stesso periodo, ma cominciò a essere praticamente utilizzata soltanto agli inizi del 20° secolo.
Il sistema di s. litografico fu inventato verso il 1796 dal tedesco L. Senefelder, che aveva notato la particolare proprietà delle pietre calcaree di Solenhofen (Monaco) di rifiutare l’inchiostro grasso quando sono bagnate e di riceverlo quando sono asciutte. Il metodo di s. in offset è l’espressione moderna della litografia. Il sistema di s. calcografico ha invece origini molto antiche: già gli orefici fiorentini del Medioevo, dopo aver riempito le proprie incisioni in bassorilievo con un prodotto grasso e nero aderente per fusione, tiravano le prove di controllo. La s. rotocalco, realizzazione moderna della calcografia, è sorta all’inizio del 20° sec. in seguito all’ideazione, da parte di G. Meisenbach, dei sistemi di trama a retino (1882), alla messa a punto, a opera del boemo K. Klietsch (o Klic) del processo a grano di resina (1895) e al successivo sviluppo, per merito di E. Mertens (1897), della tecnica di preparazione con fotocalcografia.
Tra i processi di s. minori, si ricordano il processo fototipico, consistente nel riprodurre immagini fotografiche su pietra litografica ricoperta di gelatina sensibilizzata al bicromato, inventato nel 1855 da L.A. Poitevin e perfezionato dal fotografo J. Albert; il processo di s. all’anilina (o flessografia) che, nato in Germania nel 1890, utilizza inchiostro ad anilina con un solvente alcolico; la serigrafia, cioè la s. attraverso tessuti di seta, ideata dagli Egiziani e grandemente sviluppata dai Giapponesi, fu riproposta con tecnica moderna da S. Simon all’inizio del 20° secolo.
Per l’uso della s. nelle riproduzioni artistiche ➔ incisione.
La tecnologia della s. ha registrato dalla metà degli anni 1970 un’evoluzione profonda. Alla composizione tipografica in piombo si sono sostituite le fotocompositrici con generazione del carattere, attraverso matrici sia ottiche sia elettroniche. Il carattere della matrice viene proiettato sul film, può essere ingrandito, ridotto, inclinato, e il tutto viene comandato da appositi programmi che contengono, oltre al testo da riprodurre, tutti i codici per una corretta composizione. Nella fotoriproduzione, al procedimento con macchine fotografiche e filtri per separare i 4 colori di s. si sono sostituiti i selezionatori elettronici (scanner), che leggono punto per punto l’originale a colori, ne correggono, con opportuni comandi, i difetti, eseguono ingrandimenti, riduzioni e correzioni anche circoscritte a una sola tonalità di colore.
A fianco delle tecniche di s. tradizionali, definibili anche a impatto, si è sviluppata una tecnica di s. a non impatto, a getto d’inchiostro (ink-jet) e laser, e a matrice digitale che sfrutta i principi della elettrofotografia o xerografia, già conosciuti e applicati in tutte le apparecchiature fotocopiatrici. Le macchine sono divenute via via più veloci e grandi.
Nella s. digitale non esiste più la necessità di procedere alla realizzazione di una forma da s. fisica, ma si può giungere a un prodotto stampato direttamente dai dati digitali (testo e immagini) preventivamente codificati all’interno di un calcolatore. L’impiego dei calcolatori consente infatti di unire l’elaborazione dei testi a quella delle illustrazioni, un tempo nettamente distinte tra loro, grazie a sistemi informatici più o meno complessi, collegati fra loro a seconda delle esigenze della lavorazione. A livello industriale sistemi composti da molti computer formano in rete strutture del tipo client server, dove ogni server connesso alla rete è specializzato sia per eseguire specifiche funzioni interne (per es., provvedere all’archiviazione e alla gestione dei dati) sia per i collegamenti con l’esterno, per es., con altri sistemi editoriali. Altri computer sono poi collegati alla rete per eseguire varie lavorazioni quali, per es., disegno delle pagine, immissione ed elaborazione di testi e immagini, verifica dello stato di avanzamento delle pagine. Le pagine del giornale, preparate in modo completo, possono essere controllate sia sui terminali stessi del sistema, sia stampandole in bozze su stampanti laser; quando la verifica è ultimata, le pagine sono utilizzate per produrre le forme di stampa necessarie per il passaggio nelle rotative.
Il materiale più comunemente impiegato come supporto di s. è la carta o altro materiale cartaceo (cartoncino, cartone), di adatte caratteristiche, ma si può effettuare la s. anche su tessuti, metalli, celluloide e materie plastiche, cuoio, vetro, legno ecc. L’elemento di contrasto è l’inchiostro.
Tipi di stampa. Si possono distinguere quattro grandi famiglie di sistemi di s. (fig. 1): s. in rilievo, in cui le parti che ricevono l’inchiostro sono tutte alla medesima altezza sul piano di s., mentre le parti da non stampare sono più basse e incavate; si individuano due processi industriali: la tipografia a s. diretta e la s. all’anilina; s. in incavo (o in bassorilievo), in cui le parti che ricevono l’inchiostro sono incavate rispetto al piano di s.: l’inchiostro si raccoglie nei cavi e si deposita sul supporto a spessore differente secondo la profondità dell’incisione; il processo classico di questo sistema è la calcografia, ancora usato per la s. di francobolli, il processo industriale la s. rotocalco, utilizzata per le riviste illustrate; s. in piano, in cui le parti che ricevono l’inchiostro e quelle che non lo ricevono sono sullo stesso piano; un trattamento speciale rende le prime ricettive all’inchiostro; i processi classici sono la litografia e la fototipia; quello industriale, derivato dalla litografia, è il processo offset, a s. indiretta, largamente impiegato per la stampa di libri e quotidiani; s. permeografica, in cui la forma da s. è costituita da tessuti a maglie fitte lasciate permeabili all’inchiostro nelle zone stampanti e impermeabili nelle zone non stampanti; il processo industriale è la serigrafia, per la s. su vetri, tessuti, materie plastiche e metalli.
Macchine da stampa. Le principali funzioni delle macchine da s. sono: inchiostrazione della forma a ogni impronta, alimentazione della carta, compressione del foglio sulla forma inchiostrata, raccolta dei fogli stampati. A seconda del modo con cui viene esercitata la pressione e delle caratteristiche della forma, si hanno macchine piano contro piano (o platine), se un piano portante un foglio da stampare viene premuto su una forma piana; macchine pianocilindriche, se la pressione è generata dal contatto di un cilindro rotolante su un piano che porta la forma piana; macchine rotative, se la pressione è generata dal contatto di un cilindro (cilindro di pressione) con un altro cilindro (cilindro portaforma) portante la forma curva. A seconda del sistema con il quale la macchina è alimentata di carta si hanno: macchine da foglio, in cui la carta, perfettamente tagliata e squadrata secondo il formato e raccolta in pile, viene portata foglio per foglio agli organi di s.; macchine da bobina, in cui la carta entra nella macchina sotto forma di un nastro continuo e viene tagliata e piegata, dopo la s., dalla macchina stessa.
La s. è un procedimento con cui dal negativo o da un file digitale si ottengono una o più copie positive.
Nel processo tradizionale di s. da pellicola, partendo da un’immagine negativa del soggetto si ricava la corrispondente immagine positiva, che può avere dimensioni sia eguali a quelle del negativo (s. a contatto) sia maggiori (s. in ingrandimento). Il materiale sensibile, su cui si opera in camera oscura alla luce inattinica, generalmente è la carta fotografica, ma si possono egualmente impiegare, se occorre, lastre o pellicole (diapositive). Nella s. a contatto su carta sensibile il negativo viene posto sopra la carta, in modo che le emulsioni dell’uno e dell’altra si trovino affacciate a contatto; quindi si espone alla luce bianca per il tempo necessario e si procede poi al trattamento fotografico che prevede lo sviluppo, il fissaggio, il lavaggio e l’asciugamento. Nella s. in ingrandimento, si adopera un apparecchio più complesso, denominato ingranditore (➔).
Nella fotografia digitale, nella quale l’immagine non è più impressionata, ma tradotta in una serie di bit e memorizzata in formato digitale, la stampa delle foto si è progressivamente trasformata da tecnica riservata ai laboratori di fotografia in un’operazione alla portata di qualunque computer dotato di una stampante adatta. Risultati di qualità professionale si ottengono con le stampanti digitali dirette che traducono i valori visivi di file in tre fasci di luce laser i quali impressionano direttamente la carta fotografica. Queste stampe esattissime e a tono continuo (ossia senza una propria grana) non introducono però migliorie nella durevolezza della stampa a colori, notoriamente sensibile alla luce e al passare del tempo. Le stampanti ink-jet a tamburo IRIS (intense resolution imaging system) sono invece in grado di realizzare raffinatissime stampe in quadricromia a tono continuo grazie alla dimensione micronica delle gocce d’inchiostro.
La s. dei tessuti ebbe origine in India come pittura su stoffa. In Europa in diversi paesi si iniziò a imitare i tessuti decorati di provenienza indiana e saggi di tela stampata si ebbero in Sicilia nel 13° sec.; la prima fabbrica di cui si ha notizia fu installata a Neuchâtel nel 1689. Con l’introduzione della macchina ‘perrotine’, ideata da L.-J. Perrot (1830), e con i coloranti artificiali, l’industria della s. su tessuti si affermò in tutto il mondo.
I procedimenti più diffusi sono la s. a mano, la s. a quadro, la s. a cilindri (o a rullo o rotativa), la s. a spruzzo. Nella s. a mano il modello, costituito da stampi di legno o metallo con il disegno in rilievo, viene spalmato di colore e quindi premuto sul tessuto con l’ausilio di un mazzuolo di legno; operazione lenta e costosa è limitata ad articoli esclusivi di alta moda. La s. a quadro, detta anche alla lionese, è eseguita da una macchina serigrafica, costituita da un bancale sul quale trovano posto uno o più quadri in numero uguale a quello dei colori da riportare sul tessuto. Il quadro, o schermo, è costituito da un tessuto a rete finissima, permeabile ai colori ma impermeabilizzato in corrispondenza alle zone del disegno che non sono da stampare. Con la s. a rullo si riproduce, in modo rapido ed economico, il disegno sul tessuto per mezzo di rulli di rame incisi a incavo (s. rotocalco). La macchina è essenzialmente costituita da un grosso tamburo, detto prettatore, sul quale rotolano tanti cilindretti incisi quanti sono i colori da riprodurre; tra i cilindri incisi e il pressatore passano, tenuti in tensione, il tessuto da stampare e una tela continua sottopezza. Nella s. a spruzzo, detta anche per aerografia, l’inchiostro è distribuito con una pistola ad aria compressa, delimitando il disegno con negativi di cartone o di metallo.
A prescindere dal tipo di procedimento adottato, la s. può essere: diretta, indiretta, per corrosione, per riserva. Nella s. diretta, che è la più frequente, si applica direttamente sul tessuto l’inchiostro e quindi, con una successiva vaporizzazione, lo si fissa sulle fibre; nella s. indiretta, prima si applica il mordente e poi si tinge il tessuto, che risulterà tinto solo nelle zone in cui è stato distribuito il mordente; nella s. per corrosione si tinge in tinta unita il tessuto e lo si stampa con sostanze corrosive, capaci di rimuovere la tintura nei punti stampati; nella s. per riserva, infine, nei punti stampati viene distribuita una sostanza che impedisce la fissazione della tinta che può essere applicata prima o dopo la stampa. Un altro sistema di s. con tecnologia propria dell’industria cartaria si esegue con processo rotocalco su un tipo di carta che abbia scarsa affinità per i colori impiegati; poi, con apposita macchina (fig. 2), la carta stampata a e il tessuto b sono portati a contatto su una calandra c nella quale sono riscaldati sino a 200 °C, cosicché i coloranti si trasferiscono per sublimazione senza sbavature o difetti.