pubblicità Divulgazione, diffusione tra il pubblico. In particolare, l’insieme di tutti i mezzi e modi usati allo scopo di segnalare l’esistenza e far conoscere le caratteristiche di prodotti, servizi, prestazioni di vario genere predisponendo i messaggi ritenuti più idonei per il tipo di mercato verso cui sono indirizzati
Nel diritto civile, la p. soddisfa l’esigenza di certezza nei rapporti giuridici, esonerando, per i fatti che ne formano oggetto, dall’onere della prova quando si vogliano far valere i singoli diritti derivanti dai fatti stessi. Oltre alla funzione di portare a conoscenza dei terzi certe vicende, la p. ha, infatti, funzione probatoria, fino a querela di falso, della dichiarazione ricevuta dal pubblico ufficiale addetto alla tenuta del pubblico registro.
La p. patrimoniale ha come oggetto i beni immobili e i beni mobili registrati e si attua nelle forme della trascrizione, dell’iscrizione e dell’annotazione, le quali, pur con diversità di effetti giuridici trovano tuttavia il loro momento unificante nel fatto che si riferiscono al compimento di atti traslativi di diritti reali sui beni. La p. patrimoniale si effettua in Italia secondo il sistema personale che si fonda sulla registrazione a favore dell’acquirente e a carico del dante causa, individuati in relazione all’atto posto in essere, cosicché il bene oggetto dell’atto risulta descritto nel registro in relazione al soggetto titolare del relativo diritto. A questo sistema si contrappone quello reale, di origine germanica, che trova attuazione solo nei territori già sottoposti alla sovranità austriaca. La p. è requisito indispensabile per la validità del negozio o per la sua efficacia, per quegli atti per i quali la legge richiede l’inserzione in pubblici registri: successioni, trascrizioni e iscrizioni ipotecarie, separazione degli immobili del defunto da quelli dell’erede, brevetti e marchi, matricole e simili per le navi maggiori e minori, per i galleggianti, per gli aeromobili, per gli alianti, per le automobili. Quando sia prevista l’inserzione della p. nei pubblici registri, la sua funzione può essere costitutiva (per es., iscrizione ipotecaria) ovvero solamente dichiarativa, nel senso che il negozio, valido tra le parti, è altrimenti inopponibile ai terzi o ad alcuni terzi. La p. prescritta dalla legge è legale perché in essa si prescinde dalla conoscenza che i terzi abbiano acquistato degli atti o dei negozi pubblicati. Si parla di p. di fatto nel caso in cui la legge consente che si possa provare che i terzi abbiano avuto conoscenza di un dato atto sebbene esso non sia stato reso noto nelle forme di legge (per es., art. 19 c.c.).
Per quanto riguarda invece la p. relativa alle persone occorre distinguere a seconda che si tratti di persona fisica, nel qual caso la p. si realizza attraverso i registri dello stato civile, nei quali risultano inseriti tutti i fatti e le vicende che concernono la persona, dalla nascita alla morte, o di persona giuridica, nel qual caso la p. si attua attraverso gli appositi registri.
P. commerciale è ogni forma di comunicazione volta a promuovere la vendita di beni o la prestazione di servizi da parte di un operatore economico (art. 2, lett. a, d. legisl. 145/2007). Il Codice del consumo la fa rientrare nella più ampia nozione di «pratica commerciale» e aggiunge che tale pratica è ingannevole se contiene informazioni non rispondenti al vero o idonee a indurre in errore, ed è scorretta se contraria alla diligenza professionale.
Il divieto generale di p. ingannevole è stato introdotto nel 1992 con il d. legisl. 74/1992 di attuazione della direttiva CE 540/1984. Attualmente, abrogato il citato decreto, la materia rientra nella disciplina dettata dagli art. 18-27 del d. legisl. 206/2005 (Codice del consumo), come modificato dal d. legisl. 146/2007, relativo alla tutela dei consumatori nei confronti delle pratiche commerciali sleali e/o aggressive, e in quella prevista dal d. legisl. 145/2007 per la tutela dei professionisti nei confronti della p. ingannevole e della p. comparativa scorretta. Infine, ove ne ricorrano i presupposti, la p. ingannevole può integrare anche un’ipotesi di concorrenza sleale nei rapporti fra professionisti, ex art. 2598 c.c. Il potere di inibire gli atti di p. ingannevole è attribuito all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può avvalersi della Guardia di Finanza. Il provvedimento inibitorio è impugnabile innanzi agli organi di giustizia amministrativa, mentre la sua inosservanza è punibile con sanzioni amministrative pecuniarie. Nei casi di reiterata inosservanza l’Autorità può disporre la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore a 30 giorni. L’Autorità può anche disporre che il professionista fornisca prove circa l’esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità. Se la prova è omessa o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto sono considerati inesatti. Incombe in ogni caso sul professionista l’onere di provare con allegazioni di fatto che egli non poteva ragionevolmente prevedere l’impatto della pratica commerciale scorretta sui consumatori. Una disciplina della p. ingannevole è prevista anche dal Codice di autodisciplina pubblicitaria, corpo di norme private emanate dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, la cui prima edizione risale al 1966. Tali norme sono vincolanti solo nei confronti di chi le abbia accettate. Più in generale, le associazioni e le organizzazioni imprenditoriali o professionali possono adottare, in relazione a una o più pratiche commerciali, appositi codici di condotta, in cui sia indicato il soggetto responsabile o l’organismo incaricato della loro applicazione (cosiddetto giurì), soggetto o organismo a cui le parti possano ricorrere prima di avviare la procedura davanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il ricorso agli organismi di autodisciplina non pregiudica in ogni caso il diritto di adire l’Autorità. Sull’Autorità e sulle associazioni od organizzazioni imprenditoriali e professionali incombe, infine, l’onere di informare il ministero dello Sviluppo economico circa le decisioni adottate. Sulla base delle comunicazioni ricevute, il ministero provvede affinché siano disponibili le informazioni generali sulle procedure relative ai meccanismi di reclamo (estremi delle autorità, organizzazioni o associazioni presso le quali si possono ottenere ulteriori informazioni o assistenza; dati sulle decisioni significative in materia, comprese quelle adottate dagli organismi di composizione extragiudiziale).
La p. è una tecnica di comunicazione intenzionale, persuasoria, di massa, finalizzata, attraverso una serie di strumenti e strategie, alla commercializzazione di prodotti e servizi; può anche essere veicolo di comunicazioni di interesse sociale o mirare a ottenere l’adesione a un sistema ideologico (propaganda politica e religiosa).
Originariamente, la p. svolgeva un ruolo soltanto informativo, cioè quello di far conoscere l’esistenza di un prodotto (esempi in questo senso si possono anche trovare nell’antichità: annunci scritti di Pompei e Ostia, o quelli di banditori e araldi nel Medioevo). La scoperta della stampa ne permise una più larga diffusione: il primo annuncio stampato fu esposto nel 1480 in Inghilterra per promuovere la vendita di un libro; il primo annuncio su giornale apparve in Germania nel 1525. Intorno alla metà del Settecento comparve in Francia quello che doveva diventare il più celebre giornale di p. commerciale: La petite affiche dell’abate J.-L. Aubert. Le origini del cartellone illustrato risalgono al 1830. La gran parte degli artisti inizialmente disdegnò la p. e solo alcuni di essi vi si applicarono, producendo isolati esempi di suggestivi manifesti. In seguito anche i maggiori, sull’esempio di H. de Toulouse-Lautrec, si dedicarono ovunque a questa nuova forma di espressione artistica. In Italia i primi cartelloni artistici apparvero nel 1902.
È stato lo sviluppo della produzione industriale a determinare una trasformazione della p., che fu portata a richiamare l’attenzione del pubblico su un determinato prodotto, mettendone in luce le caratteristiche che lo differenziavano dai prodotti concorrenti. Contemporaneamente sono cresciuti i mezzi per diffondere e far affermare un marchio o un messaggio: la stampa a colori, la fotografia, le inserzioni su giornali e riviste, le facilitazioni postali, le insegne luminose, i film, la radio e la televisione, e, più recentemente, la rete telematica.
Il primo passo del fare p. a un bene di consumo e alla marca di produzione è stabilire il piano di marketing (➔), che consiste nello studio del loro posizionamento (brand position e brand image), cioè nell’analisi delle caratteristiche del prodotto e della marca, in modo da individuare una fascia di probabili consumatori (target group), decidere la strategia creativa (copy strategy), da cui dipende la possibilità di imporre il prodotto su vasta scala, i criteri di distribuzione (trade) e i canali pubblicitari, e le eventuali attività di sostegno, come la promozione, sponsorizzazione, il direct marketing, i rapporti con la stampa specializzata (ufficio stampa); tutto questo costituisce una campagna pubblicitaria, della quale è necessario stimare anche l’entità dei costi di produzione e i livelli di profitto.
La promozione è una forma di p. rivolta sia alla distribuzione (trade promotion) sia al consumatore (consumer promotion), al fine di incentivare l’accesso di una marca o di un prodotto nei canali distributivi, con sconti sull’acquisto, omaggi, confezioni di prova, condizioni speciali per il consumatore al dettaglio. La sponsorizzazione è una forma di comunicazione pubblicitaria che promuove la conoscenza di una marca o l’acquisto di un prodotto attraverso eventi o manifestazioni che godono a loro volta di una grande affluenza di pubblico e dell’attenzione dei media; la sponsorizzazione avviene con un contributo economico da parte dello sponsor, per la realizzazione totale o parziale dell’evento, oppure con l’offerta di servizi, in cambio di un ritorno d’immagine. Il direct marketing consiste nella vendita e distribuzione del prodotto al consumatore, tramite contatto diretto, o per via postale, o con la distribuzione di cataloghi, dépliant, coupon, o, in misura sempre crescente, attraverso le reti telematiche. L’ufficio stampa esplica attività di comunicazione, diretta o mediata, per conto di imprese e aziende, manifestazioni (cinema, teatro, musica, sport, convegni, iniziative culturali), personaggi, enti pubblici e privati, allo scopo di promuovere l’attività o l’immagine del cliente, attraverso articoli, recensioni, interviste, servizi radiotelevisivi.
Nell’agenzia di p. la parte operativa viene svolta dall’account, addetto ai clienti, al coordinamento della ricerca, al controllo dei vari reparti e responsabile dello sviluppo della strategia di comunicazione e degli investimenti del budget. Il settore dei creativi si occupa della realizzazione artistica del messaggio pubblicitario. Ne fanno parte i copywriters, autori delle forme e dei contenuti della p. (idee, testi, story board degli spot ecc.), e gli art directors, che coordinano il lavoro di grafici, illustratori e fotografi per i lay-outs (bozzetti definitivi per la stampa), oltre a quello dei realizzatori di filmati e a quello degli art buyers, procacciatori di tutto ciò che serve per lo styling (costumi, arredamento, oggetti di scena per fotografie e filmati). La campagna è quindi pianificata, per quanto riguarda i canali da raggiungere, dal settore media planning e, per l’acquisto degli spazi, dal media buying.
A seconda dei mezzi attraverso cui la p. viene diffusa si distinguono p. affissionale, murale, giornalistica (o a mezzo stampa), luminosa, radiofonica, televisiva, cinematografica. A queste forme si aggiungono la p. redazionale, inserita a pagamento in giornali e riviste, ma in forma di articolo informativo, di notizia obiettiva; la p. economica o piccola p., insieme di brevi annunci a carattere di domanda-offerta di beni e servizi, pubblicati in apposite pagine di giornali e riviste; la p. dinamica, affissa sui mezzi di trasporto urbani; la p. on line, costituita prevalentemente dal banner, striscione elettronico contenente un’immagine o un’animazione, e dai collegamenti (link) ai siti degli inserzionisti suggeriti da portali e motori di ricerca.
La p. ha attratto l’attenzione degli economisti soltanto in epoca recente, dato che l’attività pubblicitaria presuppone da parte di chi vi ricorre (impresa o gruppo di imprese) un certo potere di mercato. L’impresa operante in un sistema di concorrenza perfetta non avrebbe infatti convenienza alcuna a ricorrervi sia per la sproporzione esistente tra gli investimenti necessari per una campagna pubblicitaria e gli effetti utili ricavabili, sia perché i risultati della p. andrebbero a vantaggio anche di tutte le imprese venditrici dello stesso prodotto, dato che la partecipazione minima di ogni impresa all’offerta globale e l’omogeneità del prodotto offerto dalle varie imprese concorrenti sono tra i presupposti della perfezione di un mercato; né grande importanza può annettere alla p. l’impresa in condizioni di monopolio, essendo per definizione il suo prodotto insostituibile o scarsamente sostituibile. È naturale quindi che la teoria economica abbia cominciato a considerare la p. soltanto quando, di fronte alle due ipotesi classiche di concorrenza e monopolio, si sono venute moltiplicando le situazioni intermedie di concorrenza imperfetta o monopolistica; il primo a occuparsene espressamente è stato E.H. Chamberlin, l’economista che ha visto nella progressiva differenziazione dei prodotti la causa determinante della crescente imperfezione dei mercati. Ogni impresa, differenziando o creando nei consumatori un’immagine del proprio prodotto, può conquistare cioè un certo potere di mercato, ma rimane nello stesso tempo esposta alle azioni delle altre imprese che offrono prodotti similari; per massimizzare il suo profitto deve quindi considerare tre variabili: prodotto, prezzo e spese di pubblicità. La concorrenza tra le imprese, oltre che nel modo tradizionale (variazioni di prezzo), può manifestarsi in forme nuove (modifica del prodotto e attività pubblicitaria), indicate globalmente con l’espressione inglese no-price competition.
Degli effetti della p. sulla domanda e sul ricavo totale si sono occupati, tra gli altri, S. Lombardini, R. Dorfman e P. O. Steiner; naturalmente va distinta anche da questo punto di vista la p. informativa, che mira a diffondere la conoscenza di un prodotto immesso sul mercato, in forme similari, da varie imprese concorrenti e può far aumentare la domanda anche per queste ultime producendo un effetto netto ai fini dello sviluppo economico, e la p. competitiva, combattiva o emulativa, che tende invece a richiamare l’attenzione sulle caratteristiche peculiari del prodotto per farlo preferire a prodotti concorrenti e non ha quindi ripercussioni sulla domanda effettiva, la produzione e l’occupazione, mantenendo la spesa globale inalterata (va ricordato anche che i risultati della p. crescono più rapidamente delle spese in essa investite: sono realizzabili cioè nella p. economie di scala). Nella realtà le due forme di p. sono in genere mescolate e il loro effetto è tanto maggiore quanto più il mercato è non informato. Secondo A. Marshall e A.C. Pigou, la p. combattiva ha effetti negativi sul benessere economico, in quanto tendente a rafforzare il potere monopolistico di alcune imprese; Chamberlin e F.H. Knight, invece, sottolineando la correlazione tra p. e creazione di nuovi prodotti destinati a soddisfare meglio i bisogni dei consumatori, sostengono che abbia effetti positivi; altri economisti, pur non condividendo l’ottimismo di questi ultimi, ritengono che la p. possa generare economie esterne (T. Scitowsky).