Azione che tende a influire sull’opinione pubblica e i mezzi con cui viene svolta. È un tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti di chi lo mette in atto. La p. utilizza tecniche comunicative che richiedono competenze professionali, nonché l’accesso a mezzi di comunicazione di vario tipo, in particolare ai mass media, e implicano un certo grado di occultamento, manipolazione, selettività rispetto alla verità. I messaggi possono arrivare a implicare diversi gradi di coercizione o di minaccia, possono far leva sulla paura o appellarsi ad aspirazioni positive.
Rientrano nella p. alcune forme di comunicazione pubblica istituzionalizzata come l’attività di pubbliche relazioni di organi governativi, grandi imprese e altre istituzioni, le campagne politiche, le campagne di pubblica informazione. Assai più forte che nell’antichità (che pure non la ignorava), la necessità della p. si è affermata in tempi recenti, in relazione con la sempre maggiore partecipazione delle masse e con il riconoscimento dell’opinione pubblica come forza agente nella storia. La p. moderna tende a rivolgersi in modo particolare non alla ragione, bensì all’inconscio e all’irrazionale; si avvale quindi della psicologia, della sociologia, della psicologia delle masse ecc., per elaborare una tecnica speciale, identica nella sua sostanza a quella della p. commerciale, detta propriamente pubblicità. I mezzi cui ricorre la p. sono tutti quelli atti a provocare emozioni intense, anche se non immediatamente apparenti, ma durature, quali la creazione di slogan ripetuti costantemente dalla radio, televisione, stampa, manifesti ecc., e anche forme di più sottile diffusione, quali la letteratura, il teatro, le arti figurative ecc., che possono più facilmente influenzare i ceti colti.
Caratteristica specifica dei regimi autoritari, o che comunque, affermatisi in opposizione a tradizioni e interessi ben radicati, debbano rapidamente conquistarsi il favore delle masse e delle élite, la p. è però strumento di tutti i governi in occasione di quelle crisi, internazionali e interne, che rendano necessario convogliare in un’unica direzione la volontà del popolo, in special modo nelle guerre. Il largo uso della p. si affermò infatti particolarmente a partire dalla Prima guerra mondiale ed ebbe immenso sviluppo nei decenni successivi, specie in quei paesi, come la Germania o l’Italia, dove si instaurarono regimi autoritari a base demagogica. Tipica dei regimi autoritari è l’organizzazione statale della p. (ministeri della P., della Cultura popolare ecc.). La Seconda guerra mondiale diede luogo a un enorme sviluppo qualitativo e quantitativo della p. (definita anche guerra psicologica), impiegata all’estero con lo scopo di minare in tutti i modi la resistenza dei nemici (‘quinte colonne’), e all’interno degli Stati belligeranti per incrementare l’immane sforzo morale, sociale, economico, cui erano sottoposti dalla guerra totalitaria.
Nei sistemi politici contemporanei la p. si presenta con due caratteristiche costanti: in quanto rapporto di comunicazione di massa, presuppone sempre un soggetto emittente e un altro ricevente, quest’ultimo, di solito, in posizione né attiva, né informata; in quanto strumento di mobilitazione e legittimazione politica, è in relazione diretta con i livelli di ideologizzazione dei regimi politici, è cioè più diffusa nelle democrazie ad alta conflittualità e nei sistemi totalitari.