Pseudonimo del filosofo e storico della scienza ungherese Imre Lipschitz (Budapest 1922 - Londra 1974). Seguì studî di matematica, fisica e filosofia, laureandosi nel 1944; ebbe un incarico ufficiale presso il ministero dell'Educazione (1947), ma fu imprigionato a causa di tendenze deviazionistiche; rilasciato (1953), si trasferì in Inghilterra, dove insegnò a Cambridge e poi alla London school of economics, nella quale conobbe, tra gli altri, K. Popper. Influenzato dal razionalismo critico e dal falsificazionismo popperiano, L. ne tentò un'applicazione sul piano storico, segnatamente alla storia della matematica (Proofs and refutations, 1963-64; trad. it. 1979). In polemica con le tesi epistemologiche di Th. Kuhn, L. ha inoltre cercato di articolare più adeguatamente le teorie di Popper in funzione di una concezione della crescita e dello sviluppo della conoscenza scientifica non passibile delle accuse di irrazionalismo e relativismo rivolte appunto a Kuhn. Si è occupato inoltre di logica induttiva. Ha curato, con A. Musgrave, il vol. Criticism and the growth of knowledge (1970; trad. it. 1976); una raccolta dei suoi scritti è stata pubblicata postuma (1978) col titolo Philosophical papers (vol. I, The methodology of scientific research programmes; vol. II, Mathematics, science and epistemology; trad. it. di entrambi i voll., 1985).