Matematico (n. Pisa 1175 circa - m. 1235 circa). È da considerarsi, per il suo Liber abbaci (1202; rielaborato nel 1228) e per la sua Practica geometriae (1220) tra i più grandi matematici del Medioevo. Influenzato da Euclide e dagli Arabi e anche da Erone (soprattutto nella Practica geometriae) e da Diofanto, sconosciuto in Occidente, la sua opera rappresenta la prima felice sintesi in Europa dello spirito e dei procedimenti della geometria greca e degli strumenti di calcolo elaborati dalla matematica araba e alessandrina.
Dalla prefazione del Liber abbaci, unica fonte per la biografia del F., si sa che egli fu istruito "nell'abbaco al modo degli Hindi", cioè nella numerazione che oggi chiamiamo arabica, sin dall'infanzia, a Bugia presso Algeri, dove il padre (Guglielmo Bonacci; donde il nome Fibonacci, cioè filius Bonaccii) era impiegato di dogana per conto dei mercanti pisani che ivi facevano capo; più tardi ebbe modo di conoscere sia le opere di Euclide sia i lavori matematici degli Arabi, viaggiando nel bacino del Mediterraneo "per cagion di commercio" prima di stabilirsi definitivamente, verso la fine del secolo, a Pisa, dove ricoprì fra l'altro la carica di revisore dei "libri delle ragioni" del Comune. Nel Liber abbaci (diviso in 15 capitoli) il F. espone la numerazione posizionale indiana (adottata dagli Arabi), fino a quel momento ignorata o quasi in Europa, e tratta di una gamma assai vasta di problemi: dalle operazioni elementari con le cifre arabe a un complesso di operazioni con frazioni (tra cui la scomposizione di una frazione ordinaria in una somma di frazioni semplici tutte diverse e aventi l'unità per numeratore: per es., 11/12=1/2+1/3+1/12); dalla successione numerica 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, ... in cui ogni elemento è uguale alla somma dei due precedenti (ideata dal F. per studiare la discendenza di una coppia di conigli, e detta appunto successione di F.), a questioni varie di algebra e di geometria. Nella parte algebrica il F. utilizza sia gli Elementi di Euclide (per la rappresentazione geometrica delle quantità), sia il Liber embadorum di Abrāhām ben Ḥiyā (Abraham Iudaeus); un abbozzo di simbolismo algebrico (in ciò il F. può considerarsi il precursore di F. Viète) si ritrova nell'uso in forma abbreviata delle parole radix, census e numerus per indicare l'incognita, il suo quadrato e un numero dato. Le soluzioni di vari problemi con equazioni di secondo grado si ritrovano nel Flos Leonardi e nel Liber quadratorum, scritti nati entrambi da dispute matematiche con Giovanni di Palermo, alcune tenute alla presenza di Federico II (1225). Particolare importanza il Liber abbaci riveste nella storia della computisteria e della ragioneria, per la formulazione (cap. 3º) di alcune norme per la tenuta di chiari libri contabili e per i capitoli (7º-12º) dedicati all'applicazione della matematica a problemi di carattere tecnico-commerciale (quale, per es., quello dell'ammortamento di un prestito oneroso); in esso si trovano inoltre acute spiegazioni monetarie e la prima intuizione della teoria di Nicola d'Oresme sul valore intrinseco della moneta in contrapposizione alle teorie dominanti della moneta-segno.